La sua confessione mi lascia senza parole.
<Beh, penso che dovresti uscire dalla tua catacomba e stare un po' con gli altri.>
<E se volessi stare da solo con te?>
Da solo.
Con te.
Affermazioni così in contrasto tra loro mi hanno sempre fatto pensare a qualche strana fusione altamente alchemica tra due persone, come se una di esse considerasse l'altra parte integrante di se stessa.
<Sono stufa di queste stronzate.> do un calcio alla pila di cd e questi si spargono per tutto l'abitacolo. Mi volto per andarmene, ma qualcosa mi blocca.
Non posso lasciarlo solo. Mi chino per raccogliere i dischi, tirandomi prima su le maniche.
Guarda insistentemente i miei polsi, come era sua consuetudine fare da quando l'avevo conosciuto; voleva accertarsi che stessi bene.
Nota le ferite fresche.
<Chi cazzo te le ha date?>
<Di cosa parli?>
Si abbassa anche lui, raggiungendo la mia altezza e mi regge le braccia.
<Sono vecchie>
<A me non puoi mentire, ti ricordo che sono un esperto in questo genere di cose. Perché lo fai ancora?>
<Ti racconterò tutto, a patto che tu venga dagli altri con me.>
Accetta.In sala tutti si voltano, come se Adam fosse il miraggio di una fonte dopo giorni e giorni nel deserto.
Saluta tutti, persino Laney e i satiriaci, che non risparmiano battutine riguardanti me ed Adam.
Noto che quest'ultimo è particolarmente legato ad un altro ragazzo, alto, magrolino e trasandato. Porta l'apparecchio ortodontico e un cardigan esageratamente grande, color verde oliva. Solo dopo ricordo che si tratta di Oscar, affetto da disposofobia.
Il classico stereotipo di accumulatore seriale di cui tutto il casino non è altro che la trasposizione fisica della sua mente contorta.
Arriva Karen e finalmente comincia la seduta di gruppo.
Noto che solo Amanda non è presente; probabilmente avrà avuto la terapia.
<Ben tornato Adam! Sei stato via per molto tempo!> esordisce la volontaria.
<Non sono andato da nessuna parte> risponde lui prontamente.
<Oh, bene> è evidentemente sorpresa dalla risposta del ragazzo, ma si riprende velocemente.
<Oggi parleremo delle vostre paure. Chi vuole cominciare?>
Nessuno batte ciglio.
<Fanculo, comincio io.> annuncia con sfrontatezza Rich.
<Io ho una paura fottuta dei ragni e degli insetti in generale. Non so che effetto facciano a voi, ma a me sanno di tutto ciò che c'è di più putrido nel mondo. Strisciano negli angoli più oscuri e nascosti delle città, per poi simpaticamente spuntare nei posti più imprevedibili.> un brivido mi attraversa la spina dorsale solo a pensarci.
<Io ho paura del buio, di tutto ciò che non è chiaro alla luce del sole.> interviene Oscar.
<Poi si sa, l'assenza di luce conduce nella mente umana i pensieri più terribili e bestiali.> conclude.
<È per questo che dormi con la luce accesa, signorina?> se la ride Madison.
Oscar alza gli occhi al cielo.
<Sempre se riesci a trovare l'interruttore con tutta quella roba che accumuli!> gli dà corda Joe.
Furbamente, il ragazzo da poca importanza alle frecciatine dei due individui disturbati.<Io ho paura di affrontare la vita e le situazioni di tutti i giorni perché fondamentalmente sono un inguaribile insicuro.> parla Adam.
<E un pessimista del cazzo> continuo io al suo posto, ricevendo uno sguardo fulminante da Karen.
<Fa parte del mio carattere> si giustifica.
Rido della sua diagnosi.
<So che non sei affetta da distimia, ma potresti almeno tentare di capire la mia situazione...>
<"Definire è limitare."> cito "Il ritratto di Dorian Gray".
<E questo cosa significa?>
<Significa> spiego < che tu, Adam, non sei la tua malattia. Ti limiti a vederti come tale, e in questo modo circoscrivi la tua vita di tutti i giorni e le tue azioni quotidiane, ma non capisci; il tuo disturbo lo possiedi, ma non è la tua identità, non è ciò che ti rende un essere vivente in tutto e per tutto. Per come la vedi tu, potrei cercare la definizione della parola "distimia" nel dizionario e trovarne tra i sinonimi il tuo nome. Devi trovare un modo per non delimitarti, un filo da seguire.>
Silenzio.
<Ma "I fili si spezzano e potresti smarrirti nel labirinto".> conclude Rich con un'altra citazione dello stesso libro, facendomi sorridere.