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Passarono due settimane da quella sera.

Due intere settimane in cui non ebbi più alcun contatto con Newt. Nemmeno un messaggio, una chiamata, una parola, uno sguardo da parte sua, niente di niente.

In quelle due settimane lo vidi poco a scuola e quando capitava lui era sempre di fretta o indaffarato a fare altro.

Lo osservai talmente tante volte da lontano, con la speranza che lui si girasse nella mia direzione, che mi sorridesse e che venisse a parlarmi.

In realtà, mi sarebbe bastato un suo sorriso per essere felice, un sorriso sincero e pieno di gioia capace di spazzare via le mie incertezze e la mia insicurezza.

Visto che non ebbi occasione di parlare con lui, in quei quattordici giorni passai la maggior parte del mio tempo a pensare a quelle serata, a lui che giocava animatamente alla Play, a lui che sbraitava dicendomi che ero una palla al piede, a lui sdraiato sul mio divano, alla sua risata, alla coperta calda che mi ero ritrovato addosso una volta sveglio.

Avevo provato a chiamarlo, ma ogni volta il telefono non faceva altro che suonare a vuoto e alla fine ogni santa volta partiva quella segreteria che io avevo maledetto in ogni lingua del mondo.

In quelle due settimane non avevo fatto altro che parlare di lui con Teresa e Minho, i quali non ne potevano davvero più dopo solo un giorno e che mi avevano dato innumerevoli consigli e suggerimenti, ma nulla aveva funzionato.

In quei diciassette anni avevo visto tante persone entrare e uscire dalla mia vita, come succede a tutti, ma non avevo mai sentito una profonda nostalgia per nessuno, forse perché le persone che davvero contavano erano rimaste accanto a me. Eppure, in quelle due settimane compresi cosa volesse dire sentire la mancanza di qualcuno, sentire la mancanza dei suoi occhi, del suo sorriso, della sua risata, di ogni parte di lui. Non conoscevo molto di Newt, ma quel poco che avevo assaporato di lui mi aveva lasciato con la voglia di conoscere ancora e ancora e mi mancava.

Mi mancava terribilmente.

- ...e allora i miei mi hanno vietato di organizzare di nuovo altre feste a casa! - disse Minho con un tono scocciato mentre io e lui avanzavamo per i corridoi di scuola. - Ti rendi conto? Non è forse un'ingiustizia?

In realtà avevo sentito solo quell'ultima parte del suo discorso, però decisi di non farglielo notare perché sembrava già abbastanza irritato di suo. - Assolutamente sì. I genitori non capiscono nulla.

- Esatto, è quello che dico anche io! Andiamo, mia madre non se ne faceva niente di quelle statuette cinesi e poi erano inquietanti, quindi è un bene che qualcuno se le sia fregate anche se non ho proprio idea di cosa se ne possa fare la gente - Minho sbuffò. - E mio padre che si è lamentato dello stato della casa dopo la festa...eppure il tuo bel danno l'avevo pulito bene! E così addio festa a tema paradiso e inferno.

- Paradiso e inferno? - mi voltai verso di lui cercando di non ripensare a quella serata e all'immane figuraccia che avevo fatto con Newt. - Che razza di tema è?

- E' un tema geniale, Thomas. Tu non capisci il genio che c'è in me, ma posso assicurarti che è una grande idea per una festa. Immagina, da una parte tutti i figoni vestiti di nero dell'inferno e dall'altra le bellezze angeliche vestite di bianco del paradiso. Pensa a Newt con un giubbotto di pelle nera, magari anche i pantaloni di pelle nera che mettono in mostra per bene il suo...

- Okay. Okay, è una genialata! - quell'immagine già stava prendendo forma nella mia mente, ma io cercai in tutti i modi di scacciare quel pensiero e di rimanere serio. - Ammetto che l'idea è allettante, ma comunque è inutile farsi troppe fantasie visto che tanto questa festa non si farà mai.

Distraction || Newtmas [In revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora