Osservai con attenzione il liquido scuro all'interno della bottiglia attraverso il suo vetro colorato, mi scolai l'ultimo goccio rimasto e dopo la feci rotolare per terra, ascoltando come ipnotizzato quello strano rumore che produceva il vetro sul pavimento freddo. Il rumore cessò, sentii un tonfo perché evidentemente la bottiglia era finita contro una parete, poi un tintinnio di vetri che si scontravano.
Sospirai e i miei occhi si posarono su quelle sette bottiglie di birra che giacevano caoticamente sul pavimento poco lontane da me.
Appoggiai la nuca contro la parete e puntai lo sguardo in alto, scrutando i poster che avevo appeso alle pareti della mia camera in tempi meno infelici.
Fermai subito il flusso dei miei pensieri.
Sapevo bene che non potevo soffermarmi sulle mie emozioni, non potevo proprio pensare a ciò che era accaduto, non potevo iniziare a rimpiangere le mie azioni altrimenti sarebbe stata la fine. Se avessi iniziato a pensare a come mi sentivo, sarei caduto nel baratro infinito delle emozioni umane che provocano solo dolore e questo non potevo permettermelo. Non potevo permettere che accadesse.
Riportai alla mente le parole di mio padre, quel fottuto stronzo che però aveva ragione su un paio di cosette sul mio conto e che in passato aveva detto qualcosa di giusto. Ripensai a quella volta, quando avevo cinque anni, ero scoppiato a piangere perché mi ero sbucciato un ginocchio cadendo dalla bicicletta, lui mi aveva medicato, mi aveva asciugato le lacrime e aveva detto: - Non devi mai piangere, Newt. Non puoi mostrare così apertamente la tua debolezza. Quando il dolore ti sembra insostenibile, quando pensi di non farcela, pensa alla cosa più razionale che ti viene in mente. Ragiona, Newt, e ignora le tue emozioni. Se ti lasci sopraffare da queste, sarai spacciato.
E aveva ragione.
Avevo permesso alle mie emozioni di sopraffarmi, così avevo provato quel dolore e fu orribile. Non volevo più sentire un dolore del genere.
Fissai le sette bottiglie davanti a me.
Sette pensai.
Sette. Il quarto numero primo.
Sette. Gli anni di differenza tra me e Kyle.
Sette. I peccati capitali.
Sette. I re di Roma.
Sette. I sigilli la cui rottura annuncerà la fine del mondo.
Sette. Sette. Quattordici.
Sette. Diciassette. Gli anni di Thomas.
Sgranai gli occhi quando la consapevolezza di aver fallito mi piombò addosso, schiacciandomi sotto il suo enorme peso. Mi maledissi per essere stato così stupido. Non potevo credere di esserci cascato così facilmente e ormai non potevo più scacciare quel pensiero, nemmeno desiderandolo con tutto me stesso. I ricordi tornarono e con loro tutte quelle emozioni che mi avevano lacerato fin nel profondo. Il senso di colpa iniziò ad opprimermi il petto, la paura tornò a far tremare i miei muscoli e la mia razionalità stava pian piano svanendo, lasciando il posto al dolore, alla disperazione e al rammarico. Non potevo davvero sopportarlo.
Avevo finito le bottiglie di birra a mia disposizione, tutto ciò che mi era rimasto erano quelle cacchio di cose vuote buttate sul pavimento e io non avevo più niente che potesse diventare una distrazione. Mi allungai per afferrare la bottiglia vuota più vicina a me e l'afferrai per il collo prima di scaraventarla contro una parete con tutta la forza che avevo in corpo. Urlai per la frustrazione, o forse non era nemmeno quella, non lo sapevo nemmeno io. Infiniti pezzi di vetro volarono in tutte le direzioni, alcuni si conficcarono nella mia pelle, facendomi gridare di nuovo.
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Distraction || Newtmas [In revisione]
FanfictionThomas si risveglia una domenica mattina con un profondo senso di nausea e un mal di testa lancinante, senza alcuna memoria riguardo alla sera precedente. Nella sua testa vi è solo il vago ricordo di una festa, una festa scatenata a casa del suo mi...