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Il lunedì mattina fu quasi un miracolo alzarmi dal letto. Spostai la coperta leggera che mi nascondeva il corpo e poi strisciai fuori dalla mia camera per poter andare in cucina a fare colazione. La testa scoppiava e pulsava come domenica mattina, quando ero tornata a casa dopo la festa. I miei genitori sarebbero tornati a casa quel pomeriggio e io avrei nascosto ogni prova riguardante la mia serata a casa di Alison.

Mi preparai una tazza di tè fumante, presi un'aspirina e poi feci una doccia calda. L'aqcua che scivolava sul mio corpo nudo aveva il potere di rilassarmi; nella mia testa, intanto, si susseguivano frame della festa ma, neanche impegnandomi, riuscivo a collegare tutte quelle immagini. Ricordavo il momento in cui entravo nel bar di Ian, l'ansia e l'agitazione che mi facevano bloccare davanti alla porta, la felicità nel sentirgli dire che anche lui provava le stesse cose che sentivo io, Jennifer e David alla festa, Samuel che entrava nella camera da letto dove ci eravamo rifugiati, l'inizio del gioco. Tutto, da quel momento in poi, era buio. Sforzai la mia mente ma fu invano.

Sbuffai uscendo dalla doccia e poi raggiunsi, avvolta in un accappatoio lilla, la mia camera. Dall'armadio presi un maglioncino color panna e un paio di jeans lunghi; dal comodino, l'intimo e un paio di calze nere. Mi vestii in fretta e poi tornai in bagno per asciugarmi i capelli: avevo circa mezz'ora prima del suono della prima campanella.

Quando i capelli neri furono perfettamente asciutti, li intrecciai e mi dedicai a coprire le occhiaie: un po' di fondotinta, correttore qua e là, un filo di eyeliner ed ero pronta per uscire. Indossai un paio di vans rosse, presi un cappellino nero, zaino in spalla e cellulare in mano: ora potevo andare a scuola.

Arrivai giusto in tempo per sentire il suono della campanella e notai come un branco di studenti camminava in direzione dell'ingresso della Lincoln High. Tutti così assonnati, tutti con la voglia sotto le scarpe di una nuova settimana scolastica. Il lunedì era sempre così.

Qualcuno mi toccò la spalla e poi mi salutò: «Buongiorno!» era una voce allegra, quella della mia migliore amica. Mi voltai e la abbracciai. I capelli biondi li aveva lasciati sciolti e le ricadevano su tutta la schiena, un paio di leggins neri le fasciavano perfettamente le gambe e la maglietta col logo della scuola rendeva il look sportivo.

«Come fai ad essere così attiva di lunedì mattina?» le chiesi sorridendole. Jennifer aveva questo particolare talento di essere sempre piena di forza il lunedì. Volevo capire come facesse ma lei scuoteva il capo e alzava le spalle.

Insieme entrammo a scuola e raggiungemmo la classe della prima ora, fortunatamente il lunedì avevamo molte lezioni in comune. La prima, quella di ginnastica, era quasi letale. Il coach Beast, che ci insegnava (anche se "insegnare" è una parola grossa) educazione fisica, ci ordinò di cambiarci e di raggiungerlo sulla pista da corsa che circondava il campo da football.

«Fate tre giri! Muoversi, muoversi!» sbraitava ogni volta e noi correvamo. Io e Jennifer chiaccheravamo, nel frattempo; l'argomento principale era, ovviamente, la festa a cui avevamo partecipato sabato sera.

«Non mi ricordo niente, vuoto totale.» ammise Jennifer a bassa voce. Sfortunatamente, l'ora di ginnastica la dovevamo condividere con Alison e lei non aveva la minima idea che eravamo andate a casa sua sabato. Per questo bisbigliavamo e quando lei correva vicino a noi cambiavamo argomento.

«Ian?» mi chiese di punto in bianco Jennifer dandomi una veloce occhiata.

«Non mi ha scritto stamattina. Starà dormendo.» risposi velocemente. Avevamo già il fiatone ma, per fortuna, ci mancavano pochi metri alla fine del terzo giro.

«Bé, sono contenta per voi in ogni caso. Si vedeva che eravate fatti l'uno per l'altra.» affermò Jennifer fermandosi e piegandosi per riprendere fiato.

Qualcosa di nuovo (#Wattys2016) || COMPLETATA ✅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora