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Le prime due settimane di maggio erano passate, portandosi via anche quei maledetti finals per cui avevo trascurato i miei amici più cari. Però, e questo dovevo ammetterlo, quelle ore passate, no incollate sui libri, avevano dato i loro frutti: quando la Lincoln High aveva pubblicato sul suo sito la Top 100*, mi ero ritrovata ad esultare come un idiota davanti a tutta la scuola. Non ero la prima sulla graduatoria ma, almeno, ero arrivata ad essere la seconda classificata.

«La mia bambina è seconda nella Top 100 della sua scuola?!» aveva esclamato mio padre al telefono, quando l'avevo chiamato per annunciargli la notizia.

«Stasera si deve festeggiare! Prenoto subito al nostro solito ristorante, quello che piace tanto a te e alla mamma!» aveva allora esclamato, concludendo la chiamata.

Mia mamma si era comportata nello stesso modo e, dopo aver urlato al mondo «La mia bambina è un genio!» era scoppiata in lacrime. L'avevo chiamata subito dopo mio padre e, adesso, stava mettendo in imbarazzo sia me che lei stessa davanti ai colleghi in ufficio.

«Sono così fiera di te Keyla, prima l'ammissione al college e ora questo!» aveva detto tra le lacrime di gioia.

Ebbene si, ero stata ammessa al Washington College e, come se la ruota della fortuna stesse finalmente girando nel verso giusto - investendomi in pieno -, il rettore dell'istituto si era persino complimentato per i miei voti, aggiungendo che avrei avuto una borsa di studio. Si, la mia vita dopo il liceo sarebbe stata fantastica; inoltre anche Aaron, Jennifer e David erano stati accettati nello stesso college e, sebbene i tre non avessero avuto quella fortuna che era capitata a me, stavamo già decidendo se alloggiare nei dormitori o di prendere un appartamento per noi quattro, per dividere le spese e per passare sempre il tempo libero insieme.

Ora l'unica cosa che avevo in mente era il prom, il penultimo ostacolo da superare prima di concludere la mia vita da liceale. Di certo la mia testa era occupata dal ballo per via di tutte quelle proposte che vedevi per i corridoi, cose molto carine e teatrali. Quando io e Samuel avevamo iniziato quella cosa, perché non sapevo se definirla in altro modo, avevo pensato che anche lui si sarebbe sbizzarrito per chiedermi di essere il suo partner per il prom; poi però era saltata fuori la questione di Alison e del bambino, allontanandoci definitivamente.

Per quanto riguardava me e Samuel, io non avevo più in tenzione di rivolgergli la parola. Quel giorno, quando mi aveva riportata a casa nel bel mezzo di una giornata scolastica, e dopo aver scoperto della mia ammissione, non ci eravamo rivolti la parola molte volte. Era capitato di uscire in gruppo, dato che Jennifer e David stavano insieme, e anche se non erano le nostre solite chiaccherate, avevamo parlato - cioè, lui era quello che parlava di più tra noi e io rispondevo a monosillabi. Ma, comunque, nulla di più e nulla di meno.

Ora mi ritrovavo in macchina con David, Jennifer - seduti nei posti davanti -, Alison e Samuel - seduti dietro con me e, sfortunatamente, io ero vicino alla ragazza incinta. Riflettevo su chi potesse essere peggio, Samuel o Alison, e guardavo fuori dal finestrino: era sera e la luna era alta nel cielo, così silenziosa e maestosa.

Fin da piccola mi ero immaginata che quel satellite, in una sua vita precedente, era una donna bellissima dalla pelle chiara e i capelli biondi. Me la immaginavo come una dea in carne ed ossa e, dopo aver letto alcuni testi sulla mitologia greca, pensavo che alla povera Luna fosse toccata la stessa sorte di Medusa, ma al contrario di quest'utlima lei era stata trasformata in ciò che era ora.

«Mi sto ancora chiedendo perché io e Samuel dobbiamo partecipare a questa serata.» si spazientì Alison, sbuffando sonoramente e prendendo una mano di Samuel. «Io non conosco questo Adam e di certo non mi interessa conoscere il suo ragazzo.»

Qualcosa di nuovo (#Wattys2016) || COMPLETATA ✅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora