8. Trouble

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Una volta entrati nella stanza d'ospedale, trovammo un uomo di spalle che indossava un camice bianco. Si girò, il cipiglio che aveva non prometteva niente di buono, «Devo ammettere che non ho mai avuto un paziente così irresponsabile. La prego di stendersi, Miss», indicò con la cartella clinica il lettino. Il polso mi faceva un male cane, ma cercai di darlo a vedere il meno possibile, così mi avviai lentamente reggendo il tutore.

Le lenzuola erano ancora a terra, non riuscendo a prenderle, mi sedetti lentamente sul letto e, dopo che Jayson ebbe sistemato il cuscino, poggiai la schiena su di esso. Guardai il dottore più seriamente che potevo e lui ricambiò il mio sguardo in modo duro.

«Miss Wood, la ferita che si è procurata non è da prendere alla leggera. Il suo avambraccio dovrebbe restare immobile affinché i tendini possano guarire. Io sono il dottor Evans, mi sono occupato del suo polso, circa dieci minuti fa sono passato ma lei non c'era e oltretutto la flebo era staccata», il dottore passò di fretta dinanzi a Jayson che fece un passo indietro, prese l'ago della flebo e dopo avermi preso la mano, lo infilò delicatamente in essa. Non dissi nulla per tutto quel tempo, quell'uomo mi ricordava moltissimo mio padre, aveva lo stesso tono di voce, gli stessi atteggiamenti, probabilmente anche la stessa età. Quando mi afferrò la mano, mi venne una fitta al cuore: mi accorsi che mio padre mi mancava.

Dopo avermi posto l'ago, lasciò la mano, rimase accanto a me e mi disse «Sembra molto stanca... vuol dire che sarò breve. Volevo informala che avrebbe dovuto mantenere il tutore per trentacinque giorni, ma visto il grande sforzo che ha fatto subire al polso, potrà toglierlo tra quarantacinque. Sarà dimessa tra due giorni, dopo averle fatto altri accertamenti. La prego di fare più attenzione d' ora in poi». Si voltò verso Jayson, «Dovrebbe tenerla d'occhio anche lei, dopotutto è il suo responsabile», e poco prima di uscire aggiunse «Farò portare delle lenzuola pulite».

«E' un tipo un po' scontroso» disse Jayson guardando verso la porta.

«Uhm... sì» replicai abbassando lo sguardo, dopo quello che era successo sul terrazzo, non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi.

Ci fu un momento di silenzio davvero imbarazzante, quando Jayson mi chiese «Siccome dovrai rimanere fino a giovedì, vuoi che vada a prenderti qualcosa di comodo?»

Il suo sguardo era davvero gentile, sentii il volto bruciare e gli dissi «Sarebbe magnifico, grazie».

Dopo avergli spiegato che la mia borsa degli abiti si trovava sotto il letto del monolocale, mi disse che sarebbe ritornato presto e uscì.

Appena la porta si chiuse, mi sotterrai tra le coperte lasciandomi travolgere dalle emozioni.

Cos'era successo poco prima? Mi sentii così strana fra le sue braccia, non avevo mai provato nulla di simile. E poi perché lui aveva agito così? Probabilmente perché era solo preoccupato per me, ma il suo abbraccio mi sembrò così sincero, così vero, che mi colse totalmente alla sprovvista. Avevo sempre pensato fosse un ragazzo freddo e severo... ma mi sbagliavo, aveva un buon cuore e s' interessava degli altri.

Dovevo essere un peso molto grande per lui, altrimenti non se ne sarebbe andato quando scoppiai a piangere, vero?

"Non potrei mai piacergli" pensai chiudendo gli occhi.

I miei pensieri si spostarono sulla mia famiglia. Dovevo ammettere di avere nostalgia di casa, soprattutto adesso. Jayson aveva ragione, non potevo lasciarli allo scuro di tutto. L'effetto che sentii quando il dottore mi toccò mi lasciò profondamente colpita: mio padre, il mio rigido e freddo padre, mi mancava così tanto che anche solo vedere qualcuno che gli assomigliava lontanamente mi faceva rattristare. Com'è ironica la vita, nonostante fossi scappata a causa sua, gli volevo ancora molto bene.

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