34. I Stand

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Anche se era felice che suo fratello fosse ancora vivo, Torrian non riusciva a guardarlo come tale. C'erano circostanze in cui rimanevano soli per discutere di vari progetti o per controllare l'andamento del lavoro, ma erano entrambi molto distaccati, Jayson a causa del suo carattere, Torrian perché non si sentiva a suo agio.

Un paio di giorni dopo che Maya e Jayson andarono da Nigel, Torrian cercò di capire perché si sentisse in quel modo. "Non è per l'eredità, anzi sono felice che ottenga la metà dei profitti, quindi..." pensò scuotendo la testa, mentre era seduto dietro la sua scrivania, "ah, ma chi voglio prendere in giro? E' a causa di Maya. Come farò a mandarla via dalla mia testa?"

Si mise una mano sugli occhi, quelli erano pensieri insani, Maya aveva deciso di seguire il suo cuore e lui non aveva il diritto di fermarla. Lasciò ricadere la testa sullo schienale e sbuffando decise che doveva distrarsi, altrimenti sarebbe impazzito.

Andò di fronte una libreria che conteneva alcuni documenti e li scorse tutti con un dito, fermandosi davanti ad una cartella che riguardava le finanze. La prese senza chiudere lo sportello, «Che strano, manca la seconda» mormorò passando in rassegna tutti gli scaffali, ma senza risultati.

Aveva bisogno di alcuni documenti che si trovavano nella seconda cartella e si disse che poteva trovarsi solo nell'ufficio del padre, nessuno poteva mettere mani nella sua libreria oltre che lui e Nigel.

Passò di fronte la scrivania della segretaria chiedendo se dentro l'ufficio ci fosse il presidente, e dopo che gli diede una risposta negativa, entrò dirigendosi direttamente verso i libri schierati sugli scaffali.

Appena trovò il secondo volume, si mise in punta di piedi per prenderlo, ma con il gomito urtò distrattamente un libro che fuoriusciva facendolo cadere.

Chinandosi per metterlo a posto, notò un foglio bianco poco distante e lo afferrò, leggendone il contenuto.

***

Jayson aggrottò la fronte, «Dove lo hai trovato?» chiese rileggendo ancora il documento.

«Era nell'ufficio di mio padre».

«Che cosa pensi che significhi?»

Torrian si poggiò contro il muro dell'edificio, guardando verso la strada che a quell'altezza sembrava una riga grigia, «Sul documento c'è scritto che una volta diventato presidente dell'azienda, otterrò tutti gl'introiti. Non c'è neanche un accenno al tuo nome... per caso ricordi quello che ti ha detto mio padre sull'eredità?»

Il fratello gli diede le spalle e si fece travolgere da una brezza fresca, rara in quel periodo estivo. Per fortuna sulla scala d'emergenza dell'edificio c'era un po' d'ombra, «Non mi ha detto granché» rispose voltandosi verso Torrian, «E' stato abbastanza evasivo, a dirti la verità. Mi ha solo assicurato che saremmo diventati entrambi presidenti dell'azienda, che avremmo suddiviso i profitti e che questo era già stato programmato cinque anni fa, quando ho ripreso gli studi».

«Non hai visto la data in cui è stato steso?»

«Se non sbaglio, nel gennaio del duemilaundici».

Torrian fece un cenno con la testa, «Che data è riportata lì sopra?»

Jayson lesse «Marzo duemilaquindici» quasi meccanicamente, poi alzò di scatto lo sguardo, «Com'è possibile?»

***

«Perché devo venire con te da Nigel?» chiesi mentre camminavamo mano nella mano.

«Perché voglio che tu resti con me, te l'ho già detto».

Mi bloccai. «Ma è una cosa che riguarda te e Torrian, io non c'entro nulla».

Jayson mi trascinò senza dire una parola, finché entrammo in un piccolo palazzo di mattoni rossi. Scendemmo qualche scalino e percorrendo un piccolo corridoio iniziai a sentire sempre di più un odore particolare, che al momento mi sembrava familiare.

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