18. Everglow

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Il ritorno a casa fu straziante. Volevo dire qualcosa, ma lo sguardo severo di mio padre mi pietrificò, al punto che in auto riuscii solo a chiudermi a riccio e una volta tornati a casa, a entrare silenziosamente in camera mia.

Mi ero appena cambiata, quando mia madre entrò e chiudendo delicatamente la porta rimase a guardarmi con occhi tristi, «Tesoro mi dispiace».

Non riuscii a guardarla, «Che strano, Torrian ha detto la stessa cosa circa un'ora fa».

La mamma mi si avvicinò, sedendosi accanto a me, sul letto, «Lo so che non è una cosa facile... ma cerca di prenderla in modo positivo, Torrian è un bravo ragazzo...»

«Come puoi parlare di una cosa del genere con così tanta facilità?» chiesi alzandomi dal letto, l'amarezza iniziava ad avvelenarmi, «Torrian è un bravo ragazzo... ma fammi il favore, non è nient'altro che uno sporco calcolatore come suo padre e tuo marito» dissi puntandole un dito contro.

«Non parlare di tuo padre in questo modo... sai che tutto questo è per il tuo bene».

Alzai le mani, esasperata, «Per il mio bene! Che scusa!» quasi gridai, «Se avesse voluto il mio bene, non avrebbe manovrato la mia vita fino ad ora, non avrebbe deciso di farmi diventare direttrice senza il mio consenso, non avrebbe scelto il mio futuro marito come se fosse una cosa da nulla!»

Mia madre stava per dire qualcosa, ma io la precedetti «Sai una cosa? In questo momento mi fa tutto schifo. Sono schifata da questa situazione, sono schifata dall'azienda, da papà, da Torrian, anche da te, che non riuscirai mai ad emergere e farti valere su quell'egoista di tuo marito».

«Che diritto hai di essere schifata?»

Mi voltai di scatto trovandomi mio padre di fronte, collerico, «L'unica cosa che riesci a far bene è il ruolo della ragazzina viziata, sei disobbediente, immatura e non fai altro che combinare guai», guardò prima mia madre e poi me, «Eppure pensi di avere il diritto di sentirti schifata... al mondo che è là fuori, Maya, non gli importerà nulla di come ti senti, sarà pronto a divorarti in qualunque momento se non dimostrerai di essere superiore agli altri!»

Le lacrime iniziarono a salirmi agli occhi, così con voce spezzata dissi «Ragazzina viziata? Immatura? Non sei cambiato per niente, per quanto io mi possa sforzare di compiacerti, sarò sempre un fallimento per te», mi voltai afferrando il mio cellulare e la borsa, «Sai cosa ti dico? Trova qualcun altro che sia più adatto a dirigere l'azienda, non una ragazzina viziata come me».

La voce di mio padre risuonava dietro di me mentre me ne andavo ordinando di tornare indietro, ma non avevo alcuna intenzione di voltarmi, almeno finché, una volta aperto il grande portone di casa gli gridai «Questa volta decido io!» e uscii.

***

Dick alzò un sopracciglio, "che sia astemia? E' già in questo stato dopo aver bevuto solo un bicchiere di birra".

«Ora ho capito cosa non va in me!» esclamò Maya alzando un dito, rossa in volto, «Penso troppo. Se avessi accettato la decisione di mio padre senza discutere, probabilmente sarebbe andato tuuutto per il meglio».

Circa mezz'ora prima, quando Maya era arrivata nel pub, Dick la accolse sorpreso, non immaginava che sarebbe più tornata in quel luogo.

Aveva una strana espressione in volto, come se avesse appena terminato un pianto fragoroso, e dopo averlo salutato con un sorriso stanco, si sedette al bancone e chiese «Un bicchiere di birra, per favore».

Glielo porse senza fare troppe domande, sobbalzando quando lei la bevve tutta d'un sorso, «Maya va tutto bene?»

Per un istante lo guardò, ma poi si concentrò altrove, «Sono solo venuta per salutarti».

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