Cinque

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- Dove cazzo si è cacciato?
La voce grave del ragazzo le penetrò nelle ossa, facendola rabbrividire.
Si era bloccata ancora prima di arrivare alla porta, temeva di scoprire a chi appartenesse quel timbro.
- Ad avvisare le quinte della festa di Halloween.
La risposta arrivò da una voce esile, di una donna.
- Cazzo Em, quante volte ti ho detto di non lasciarlo solo?! Cristo, capiscimi quando parlo!
Un tonfo si elevò nell'aria, facendo sussultare Bianca e un pesante senso di angoscia iniziò ad impossessarsi di lei: lo stesso che aveva provato dopo aver avuto quell'incontro con... Ed ecco che l'individuo a cui stava pensando si palesò sulla soglia, con i muscoli facciali contratti in un'espressione truce.
Appena la vide fece una smorfia di disgusto talmente evidente che costrinse la ragazza a spostarsi per rendere la sua uscita ancora più semplice; lui la soprassò senza dire nulla per poi scomparire salendo le scale.
Jason Owen era un ragazzo davvero strano, incuteva reale terrore quando ti guardava con quello sguardo carico d'odio, riuscendo a trapassarti l'anima e lei non aveva avuto scampo. Un brivido le attraversò il corpo proprio mentre una ragazza dai capelli dorati usciva dall'aula con gli occhi lucidi; si bloccò quando incontrò il corpo di Bianca e rimase impalata ad osservarla per qualche secondo, spaesata dalla sua presenza per poi sparire anche lei sulle scale.
La ragazza, rimasta sola, si avviò alla stanza con cautela, per evitare altre sorprese.
Vi entrò guardandosi attorno, ma era completamente vuota; sbuffando si rigirò per tornare in classe, iniziò a salire le scale pensando a ciò che aveva sentito poc'anzi.
Jason cercava qualcuno ed era molto arrabbiato con la ragazza per aver lasciato questo individuo solo mentre si aggirava per la scuola a comunicare della festa in programma. Derek era andato a comunicare loro della festa.
Jason cercava suo fratello, ma perché era così arrabbiato?
Quando si rese conto di essere arrivata di fronte alla sua aula, tornò alla realtà ed entrò trovando tutti seduti e il professore che la guardò di traverso.
- La scusi, era andata a tagliarsi le vene in bagno.
Una voce femminile si elevò nella stanza, causando le risate generali della classe.
Bianca sorrise, pensando a quanto in realtà esistevano persone che lo facevano davvero, rischiando la vita per il male che si portavano dentro grazie a persone insulse come lei. Così sorrise poiché la sua tesi fu confermata: era circondata da persone stupide.
- Scusi, ero andata a cercarla - rispose al professore, non curandosi degli altri.
Si avvicinò al suo banco, sedendosi, mentre il professore cercava di ammutolire quelle risate che ancora aleggiavano nell'aria.
- Ragazzi, fate silenzio! - urlò, ottenendo la calma. - Come ti chiami? - riprese poi, rivolto alla nuova arrivata.
- Bianca... Bianca Stella - rispose, alzando gli occhi verso di lui; questo annuì trafficando con il registro per poi tornare a parlare di qualcosa di cui Bianca si era persa l'inizio.




Tornata a casa poté finalmente rilassarsi con la sua playlist preferita; si mise alla scrivania aprendo il libro di storia per dare una ripassata alla Rivoluzione Russa, ma c'era qualcosa che le tartassava il cervello: non poteva fare a meno di chiedersi come mai Jason Owen fosse così arrabbiato nel non trovare il fratello e soprattutto perché Derek Owen le aveva detto quelle parole così dolci quanto inutili e inopportune.
Sentiva che c'era qualcosa che non andava e nonostante sapesse che non erano fatti suoi, non riusciva a non pensarci.


Mancava pochissimo alla festa indetta dalla scuola e Bianca si era già preparata per quella serata; sarebbe andata come suo solito alla festa del paese, approfittando che i suoi compagni di scuola sarebbero, appunto, andati a quella scolastica.
Da un lato era sollevata che non ci sarebbero stati certi individui, dall'altra avrebbe comunque voluto scrutare i loro comportamenti, studiarli e godersi lo show che solo certe menti deteriorate potevano regalarle.


Il trentuno mattina, a scuola, tutti erano in fermento per la festa che si sarebbe svolta quella sera, sapendo che il primo novembre si stava a casa per Ognissanti, tutti stavano già pianificando la loro sbronza notturna.
- Bianca! - squittì la voce di Giada al suo fianco e alcune risatine alle loro spalle arrivarono alle orecchie di Bianca, che storse il naso.
- Cosa vuoi? - chiese acida questa, ricordando ciò che aveva detto solo la settimana prima.
- Volevo solo sapere come stavi, mi spiace per quello che ho detto l'altra volta, sai che non lo penso.
Credeva che fingendo di interessarsi a lei con un finto tono dispiaciuto potesse ingraziarsela?
Ancora non concepivano la sua intelligenza.
Un sorrisino più falso di lei, si dipinse sul volto di Giada, ma Bianca rimase calma e tranquilla, indifferente alle sue scuse, come alle sue accuse.
Le persone stupide non la scalfivano di un centimetro.
- Non ti preoccupare cara, torna pure a concentrati sullo studio, ti servirà tutto l'aiuto possibile per arrivare all'esame di stato.
Bianca sorrise, lievemente beffarda, per poi tornare a concentrarsi sulla lezione di letteratura.
Giada non ribatté e tornò a seguire la lezione senza fiatare e senza rivolgerle uno sguardo. Colpita e affondata.



Il giorno procedeva normalmente, stranamente tranquillo e a Bianca quella situazione parve molto strana, soprattutto quando si accorse che all'intervallo i corridoi erano quasi vuoti. In realtà c'erano tutti gli alunni di prima, seconda e terza, ma dalle quarte in poi non si vedeva più nessuno.
Uscì nel piccolo cortile antistante alla scuola e li vide, tutti raggruppati di fronte al cancello di entrata con delle bombolette in mano; in fondo avrebbe dovuto aspettarselo, i ragazzi di quarta e quinta erano dei veri teppistelli che si divertivamo a fare scherzi di pessimo gusto appena ne avevano l'occasione.
E quale migliore occasione, se non proprio durante la festa del dolcetto o scherzetto?
Si appartò in un angolo, pronta a vederli scattare con le loro bombolette, imbrattando gli altri ragazzi e l'edificio; sorrise quando osservò i loro corpi correre verso la scuola, accompagnati da urla di esaltazione.
Pensò a come riuscivano a divertirsi con così poco.
Li invidiava? Forse, ma sapeva di essere nettamente più intelligente e non le serviva di certo fare quelle sciocchezze per divertirsi.
Improvvisamente si chiese quando mai si era davvero divertita, quando era stata l'ultima volta che aveva davvero riso di cuore per qualcosa, ma non trovava risposta, era come se la sua vita fosse solo un ammasso di giorni grigi senza risate.
Senza amici.
Senza amore.
L'amore...
Cosa ci stava dietro a questa parola così utilizzata?
Chi davvero poteva capirne il singificato?
Chi davvero aveva avuto l'onore di sperimentare quel sentimento così universale e discusso sulla faccia della terra?
Lei no di sicuro.
Si chiese se l'amore fosse davvero la soluzione a tutto, se trovare l'amore fosse la vera cura per tutti i mali; forse era quello che poteva portare la pace nel mondo? Forse era quello che poteva risolvere e sovrastare tutto il dolore che le persone provavano?
Dolore...
Dolore di cosa poi?
Quell'ammasso di adolescenti che dolore poteva mai provare?
Non avevano mai vissuto nel vero dolore, come lei d'altronde.
Anzi, era cresciuta in una famiglia agiata, che non le aveva mai fatto mancare nulla, eppure qualcosa le mancava...
L'amore.
Ma non lo cercava, non lo aveva mai ritenuto necessario. Lei viveva con la sua musica ed era convinta che il suo futuro sarebbe stato ricco di esperienze se avesse continuato a studiare e prendere bei voti; credeva che avrebbe trovato la strada libera, senza ostacoli, pronta ad accoglierla, ma spesso e volentieri si scordava che non esisteva solo la carriera nella vita, forse non voleva neanche preoccuparsi di altre cose, voleva solo trovare un lavoro e sistemarsi, magari anche andare via dall'Italia.
Solo quando si sentì sballottata in mezzo alla folla si riscosse dai suoi pensieri, tornando alla realtà e osservando, con grande sgomento, il disastro che avevano creato quei delinquenti; cercò di rimettersi dritta, ma perse l'equilibrio e ogni tentativo di rimettersi eretta venne spazzato via quando percepì di stare cadendo.
Il contatto con l'asfalto le fece sfregiare una mano, che subito si guardò, notando del sangue. Imprecò mentalmente, mentre tentava di alzarsi, ma appena voltò il viso per accertarsi che non ci fosse nessuno, una mano le si presentò davanti; alzò lo sguardo, seguendo i lineamenti del ragazzo, fino a scorgere il sorriso di Derek.
Ancora lui.
Afferrò la sua mano, semplicemente per non sembrare ancora più antipatica di quel che era, quando si ritrovò di nuovo per terra.
- Che cazzo fai, lasciala lì e muoviti!
Bianca scorse la figura del fratello che tirava Derek verso di sè, questo le lanciò uno sguardo triste, come se volesse scusarsi, per poi scomparire insieme al fratello all'interno dell'edificio.
Brontolando per il secondo atterraggio, si rialzò, notando solo quando fu in piedi di essere osservata; si guardò un po' intorno e fece una smorfia nel vedere che c'era un gruppo di ragazze che la stava fissando, ridendo.
Le ignorò come al solito ed entrò a scuola, dato che l'intervallo si era concluso.
Sentì subito la mano bruciare e si ricordò che si era leggermente sbucciata; si diresse verso il bagno e mise la mano sotto il getto gelido dell'acqua, pulendosi dal sangue e dalla sporcizia che si era insinuata nella ferita. Dopo qualche minuto chiuse tutto e si asciugò la mano con della carta igienica.
- Ma che ti salta in mente?
Una voce maschile proveniente dal bagno accanto al suo.
Scrollò le spalle, passandosi l'altra mano sulla fronte e si diede un'ultima occhiata al minuscolo specchio presente nel bagno delle ragazze.
- Volevo solo aiutarla - intervenne una seconda voce.
- Beh, non farlo mai più, lo sai che le ragazze devi lasciarle stare, soprattutto quelle come lei.
L'altro ragazzo aveva una voce profonda e molto, molto arrabbiata.
- Non ho fatto nulla di male, Jason.
Sentire quel nome bloccò il respiro della ragazza.
Uscì di corsa dal bagno, ma nello stesso istante, come se il destino volesse giocarle un brutto scherzo, si scontrò proprio contro Derek. Si guardarono negli occhi per un secondo, ma lei si allontanò subito.
- Scusa - disse frettolosamente, per poi avviarsi verso la classe.
Si guardò la mano per un secondo, vedendo una goccia di sangue scivolarle lungo il palmo e non poté fare a meno di chiedersi: stavano parlando di lei?

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