Dieci

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La casa era silenziosa, come sempre al suo rientro.
Le ore a scuola erano passate lentamente; nonostante l'interruzione della conversazione con Jason, aveva appreso che quindi lui non era a conoscenza della proposta assurda che le era stata fatta dal fratello.
Avrebbe potuto mentirle, certo, ma qualcosa le diceva che non era così; il suo sguardo realmente confuso, le pupille che si erano ristrette per una frazione di secondo, quelle cose le aveva notate ed erano chiari segni di smarrimento.
Posò lo zaino in salotto e si diresse in camera, dove accese subito la musica.
L'immagine di Alessia che baciava prima Jason e poi Derek fece capolino nella sua mente, portandola ad immaginare che relazione potessero mai avere.
Erano forse scopamici? Che senso avrebbe mai avuto baciarli entrambi?
La cosa che la disturbava, però, era un'altra: perché nessuno dei due aveva regito male vedendo la ragazza baciare l'altro?
Continuava a farsi domande, per lo più futili, superflue per la sua solita routine, eppure sentiva che la sua quotidianità stava cambiando, lentamente, per colpa loro.



Novembre volgeva regolare, stava per iniziare la seconda settimana del mese e Bianca non aveva più avuto il dispiacere di incontrare nessuno dei tre individui; spesso vedeva Jason di sfuggita nei corridoi camminare con la sua solita posa da duro per poi volatilizzarsi per le scale.
Per qualche giorno non lo vide neanche per i corridoi, ma non se ne preoccupò, non ne aveva motivo e neanche interesse.
Invece era lì, nei suoi pensieri, che la veniva a trovare nella sua solitudine, nel caos dell'intervallo, nel silenzio della sua mente.
Lui era lì, presente, con i suoi occhi scuri e le sue labbra carnose.
Si chiese perché aveva in mente le sue labbra, non era normale figurarsi le labbra di qualcuno, soprattutto quelle di un ragazzo.
Le interessava forse? No, certo che no.
Allora cos'era? Cos'era che la spingeva a pensare alla sua figura? Alle sensazioni che le incuteva quando lo vedeva o le parlava?
Era un ragazzo cattivo, come lo definiva la società, eppure durante quello scambio così intimo di battute aveva notato qualcosa, qualcosa di diverso da tutte le sensazioni negative che emavana, era qualcosa in netto contrasto con tutto ciò che si poteva affibiare a quel ragazzo.
Erano quelle minuscole macchioline dorate nei suoi occhi, era una piccola luce, una luce che per qualche strano motivo voleva tenere nascosta.
Il suono della campanella la fece tornare alla realtà e in classe, anche se i suoi pensieri non avevano intenzione di arrestarsi. Irrimediabilmente non riusciva a non vederselo di fronte, mentre la minacciava e poi le sorrideva quasi come se nulla fosse successo.
La incuriosiva. Sì, era attratta da lui.
Non fisicamente, non in modo alchimico, era attrazione mentale. Voleva sapere cosa c'era dietro a tutto quello.
Ne era affascinata e spaventata allo stesso tempo, non aveva mai provato interesse per le persone, di alcun tipo, aveva la sua musica e quella le bastava. In quel momento, però, ogni fibra del suo corpo la indirizzava verso di lui.
Eppure lui non c'era. Non l'aveva visto neanche di sfuggita, cosa che capitava raramente.
Una strana sensazione fece capolino nel suo stomaco, facendoglielo chiudere.
Era preoccupata, forse? Impossibile.
Allora cosa c'era che non andava?
Sedendosi al suo banco, accanto a Giada, la normalità sembrò investirla per un secondo, tornando con i piedi per terra. Gli alunni dell'altra classe non erano più venuti e lei si sentiva solo sollevata dal fatto di non vedere più quella ragazza.
Le era bastata l'ultima volta.
- Sei proprio una stronza.
Quel commento la fece voltare verso la sua compagna di banco con il naso ancora ammaccato.
- A cosa devo il piacere di tale complimento da parte tua? - ribatté Bianca, accennando un sorriso.
- Non mi hai neanche aiutata - sentenziò l'altra, storcendo le labbra in una smorfia.
- Beh, diciamo che non sei una santa.
Sorrise, pensando a quel giorno e alle parole di Alessia.
Alla fine, forse, lo voleva anche lei.
- Perché tu sì?!
Giada alzò la voce, irritata.
- No, ma io non mi spaccio per qualcosa che non sono.
Il suo tono era tranquillo e Giada stava per ribattere sicuramente, ma la professoressa interruppe lo scambio verbale tra le due, iniziando la lezione.
Bianca non se ne perse un solo passaggio, dimenticandosi di Jason, Derek e Alessia, almeno per il momento.



Erano esattamente tre giorni che non si faceva vivo a scuola, mentre vedeva spesso suo fratello con Alessia. Ridevano e scherzavano, eppure prima, quando li vedeva, non aveva mai notato la presenza della ragazza.
Mise le cuffie scrutando le persone attorno a lei, curiosa e desiderosa di cogliere altri aspetti nuovi che magari prima aveva tralasciato.
Perché le persone, a dispetto di tutto, sono piene di sorprese, hanno sempre qualche tratto inimmaginabile che li distingue, qualcosa di nascosto o talmente evidente che viene palesemente trascurato.
Lei amava scoprire tutti i tratti, tutte quelle piccolezze che rendono ogni individuo unico e inimitabile, anche se loro non se ne rendono mai conto.
Nessuno capisce il valore che ha, nessuno riesce a capacitarsi del fatto che siamo unici, ognuno con i propri difetti, con le proprie paure, sofferenze, diversità.
Sì, perché siamo tutti diversi, anche se abbiamo la brutta abitudine ad omologarci, siamo diversi e crediamo che questa diversità sia un male, un difetto da cambiare.
No, non è così e lei lo sapeva. Lei era quella che chiamavano diversa, malata, asociale ed era proprio quello che la rendeva ciò che era.
Bianca.
Senza nascondersi dietro a qualche moda del momento, senza seguire i fighi della scuola per essere considerati qualcuno, senza essere falsa, senza comportarsi come la società pretendeva.
Era semplicemente se stessa e se ciò implicava essere emarginata e lasciata in disparte da gente come quella, lo avrebbe accettato e anche apprezzato.
Era ciò che la rendeva speciale.



I suoi pensieri vennero interrotti, stavolta, dallo spalancarsi della porta d'ingresso, dando l'accesso ad un Jason del tutto privo di gioia in volto.
Aveva i muscoli tesi e non solo.
Un grosso livido era ben visibile sull'occhio sinistro.
Tutto lo guardarono spaventati, mentre si spostavamo per lasciarlo passare, ma Bianca no, non aveva paura del suo viso tetro, dei suoi occhi scuri, dei suoi modi bruschi.
Voleva sapere, sapere cosa fosse successo.
Per la prima volta nella sua breve vita era interessata a qualcuno ed era, malgrado lo stomaco sottosopra, una bella sensazione.



Non sapeva cosa fare.
Seguirlo e chiedergli cosa gli fosse accaduto? Non funzionava così, non per lei.
Non era semplice avvicinarsi a qualcuno, nonostante provasse quello strano desiderio, era un passo troppo grande da fare.
Davvero credeva che bastasse solo uno stupido desiderio per cambiare la sua persona? Il volere sapere più su di lui, il voler capire cosa ci stesse dietro, non implicava che ci sarebbe riuscita.
Tornò in classe con un'amarezza in bocca, spiacevole e fastidiosa, provando a focalizzarsi sullo studio, anche se era stranamente difficile.
Terminate le lezioni, aspettò come suo solito che la calca di persone uscisse dall'edificio, prima di seguire la loro direzione.
Voleva godersi la scuola vuota, calma, tranquilla.
Anche lei avrebbe voluto sentirsi così, spegnere il cervello per un po' e sentirsi in pace.
L'aspetto più negativo di stare sempre da sola era che poteva avere molto più tempo per sé, per le sue riflessioni e i suoi ragionamenti. Il cervello era una macchina inarrestabile e anche volendo non avrebbe smesso di funzionare, ma almeno, se avesse condiviso le cose più banali con qualcuno, la convivenza con il suo mondo sarebbe stato meno pesante.
Si pentì amaramente di quel pensiero.
Condividere parte di sé con qualcuno? Con qualcuno come loro?
Scosse la testa con frenesia per cancellare quelle orribili immagini dalla sua mente.
Nessuno sarebbe mai stato alla sua altezza.
- Andiamo, cazzo, muoviti!
Un brivido la scosse da capo a piedi, udendo quella voce.
- Facciamo che io vado con tuo fratello e tu stai qui, va bene? Devi calmarti e finché non lo fai non ti conviene tornare a casa, lo sai.
Era una voce femminile, stavolta.
- Lo so, Sia, ma sono nervoso, cazzo! Fa male, lo capisci? Mi ha preso a pugni, lo capisci?!
Il tono greve fece rabbrividire di nuovo la ragazza. Chi gli aveva tirato un pugno?
Seguì l'eco delle loro voci, fino ad arrivare al primo piano della scuola, sul quale c'era la presidenza.
- Lo capisco Jay e sai anche tu che è meglio se sbollisci, se non vuoi che riaccada.
- Sì, lo so, lo so... Va bene, mi calmo e torno a casa dopo, ora tu vai... Grazie.
Bianca camminò ancora verso le due voci, scorgendo due corpi che si stringevano l'uno con l'altro. Percepì i loro saluti e la ragazza si allontanò sulle scale laterali, scomparendo dalla vista di entrambi.
Jason sospirò passandosi una mano sul viso per poi voltarsi nella direzione di Bianca, questa si mosse veloce, cercando di nascondersi alla sua vista; per fortuna era ancora di fianco alle scale e le bastò tornare sulla rampa per uscire dal suo campo visivo.
- È inutile, ti ho vista.

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