Lo specchio rifletteva la sua immagine, quasi distorta dal vapore che aleggiava nell'aria. Aveva ripulito con una mano il vetro, riuscendo a vedere la sua faccia, o almeno quel che ne restava.
Sospirò, passandosi le dita sotto il naso, dove poco prima scendeva un fiume di sangue; i lividi intorno agli occhi e sulle guance erano marcati da un colore violaceo.
Si asciugò il corpo con il tessuto dell'accappatoio per poi vestirsi in fretta.
Jeans attillati e felpa nera.
Si tirò il cappuccio fin sulla fronte, provando a nascondere i capelli ancora bagnati; lo sguardo gli cadde sul tatuaggio che sporgeva dal bordo della felpa.
Ripensò a quel giorno, otto anni prima, quando tutto ebbe inizio; percorse il segno della cicatrice per tutta la sua lunghezza e, infine, il volto sorridente di Bianca gli comparve davanti, portandolo a stringere i pugni.
Non sapeva cosa stava cambiando, cosa stava succedendo nella sua vita, ma era ora di smetterla. Non poteva immischiarla in tutto quello, non poteva farla rischiare.Mancava davvero pochissimo all'inizio di dicembre e l'aria diventava sempre più fredda e pungente.
Bianca uscì di casa con il suo solito cappotto stretto attorno al corpo, con le cuffie nelle orecchie e lo sguardo puntato sull'asfalto.
L'autobus ci mise più del dovuto ad arrivare, ma appena riconobbe il mezzo, vi salì senza indugio, camminando fino al suo solito posto. Le canzoni si susseguirono in fila, ma lei non ci faceva neanche caso; pensava, come sempre.
Pensava a lui, alle sue dita sul proprio corpo; detta così poteva sembrare tutt'altro, ma per lei un contatto del genere poteva essere paragonato ad un contatto molto intimo, dato che non permetteva mai a nessuno di avvicinarsi tanto.
Scese dal pullman ed entrò a scuola con uno strano sorriso sulle labbra.
Chi la osservava si chiedeva come mai la malata potesse sorridere in quel modo, con quella intensità, ma in realtà a nessuno interessava davvero; volevano solo un pettegolezzo di cui parlare per occupare la loro stupidità e il loro minuscolo cervello.
- Ciao.
La ragazza si voltò di scatto, spaventata da quell'improvviso saluto, inusuale per la sua vita. I denti di Jason erano scoperti e leggermente ingialliti, forse per colpa del fumo.
- Hey... - rispose lei, accennando un lieve sorriso.
- Ti va di venire con me... al solito posto?
Il ragazzo sembrava quasi in imbarazzo e titubante a farle quella proposta.
- Perché? - chiese lei, visibilmente stupefatta.
- Dobbiamo parlare-.
- Non stiamo neanche insieme e già dobbiamo parlare? Andiamo bene...
Bianca ghignò, scimmiottando ciò che lui aveva detto a lei, ma, al contrario delle aspettative, Jason mantenne la sua espressione seria e tesa, facendo scomparire il sorriso anche dal volto della ragazza.
- È importante.
Lui deglutì, spostando il viso di poco e fissando un altro punto; fu lì che lei li vide.
Vide tutti quei segni sul suo volto, che prima erano coperti dalla poca luce che emanava il cielo, coperti dalla posizione in cui si trovava, ma in quel momento erano lì, visibili, allo scoperto.
- Va bene... - rispose automaticamente, ma non le importava nulla di cosa aveva da dirle, voleva solo sapere...
Sapere chi diavolo poteva fargli una cosa del genere e soprattutto quel quale motivo.- Quindi? - esordì lei, quando la porta si richiuse alle loro spalle.
Lui si girò nella sua direzione, stringendosi nel proprio cappotto e puntando lo sguardo assente su un punto impreciso alle sue spalle.
- Quindi... Volevo dirti che...
Date le sue esitazioni, lei lo interruppe, avvicinandosi velocemente; sentiva che la paura era diminuita parecchio e il coraggio stava emergendo, non solo per chiedergli chi gli aveva procurato quelle ferite.
- Chi è stato? Chi ti ha fatto questo? Perché?
Le parole si incrinarono verso la fine, ma riuscì a mantenere un tono stabile.
Lui puntò lo sguardo nei suoi occhi, confuso da tutta quella situazione, confuso dai suoi stessi pensieri.
Poi quel gesto, un gesto piccolo, insignificante, ma che per loro, per delle persone come loro, aveva dietro tutto; tutto il coraggio di mettere a nudo le loro barriere.
La mano di Bianca andò ad appoggiarsi sulla sua guancia, segnata da quel colpo secco. Jason rimase immobile sotto al contatto con la sua mano gelida che gli causò un brivido lungo la spina dorsale.
L'aveva toccato, era riuscita a toccare qualcuno in quel modo senza dare di matto, era riuscita a donargli un pezzo di sé, anche se ancora non ne era consapevole.
- Non... Non puoi... Non devi sapere - sussurrò lui dopo qualche secondo, abbassando lo sguardo.
- Perché? Cosa c'è che non va? Perché devi essere così riservato? Perché devi essere così stronzo? Perch... - la interruppe, prendendola per le braccia e allontanandola da lui con foga.
- Basta! Stai zitta! - alzò la voce, respirando velocemente, mentre nei suoi occhi si espandeva una rabbia incontrollata.
- No! Voglio sapere, voglio fare parte di...
Si bloccò, non sapendo neanche lei a cosa si riferisse.
Il suo cervello era come sconnesso ed era tornato proprio in quel momento, facendole capire che ciò che gridava non aveva alcun senso.
- Far parte di cosa, eh? Della mia vita forse? Della mia cazzo di esistenza? Eh?!
A grandi falcate la raggiunse, sovrastando la sua statura e guardandola con disprezzo, anche se in realtà il disprezzo non era rivolto a lei, ma a lui stesso.
La prese, per le braccia e la spinse contro la parete a pochi passi da loro, avvicinando il viso al suo.
Un viso corrotto dalla rabbia altrui, un viso macchiato di un passato oscuro e di segreti dolorosi, un viso che Bianca stava scrutando, centimetro per centimetro, osservando le sue ferite.
- Dimmi cosa ti è successo...
Un sussurro le uscì dalle labbra, colpendo quelle del ragazzo che distavano solo un passo, un soffio, un bacio.
- Non... Posso. - Si guardarono negli occhi, affannati, distrutti da tutto, distrutti da loro stessi. - Devi starmi lontano - concluse, allontanandosi.
Lei rimase immobile, fissando i muscoli tirati del suo viso e la serietà con cui pronunciò quelle parole. Parole che le devastarono l'anima.
- Ok...
Si staccò lentamente dalla parete, tenendo gli occhi puntati sul corpo del ragazzo. Sembrava esausto, devastato, rotto.
Si avvicinò alla porta, appoggiando la mano sulla maniglia, mentre gli dava le spalle; indugiò solo per un secondo, aprendola e avanzando di un passo.
- Cazzo... Aspetta!
Sembrava quasi un fastidio pronunciare quelle parole, ma Bianca si fermò lo stesso, sulla soglia di quel posto.
Il solito posto.
- Aspetta... Senti... Senti io...
Sbuffò e lei si girò verso di lui, lasciando che la porta si chiudesse e desse loro la privacy di cui avevano bisogno.
Per la prima volta non si preoccupò neanche che la campanella stava per suonare, non le importava se sarebbe arrivata due minuti in ritardo, non le importava se tutti l'avrebbero guardata male.
Lui aveva ancora qualcosa da dire e lei era lì per ascoltarlo.
- Vorrei saperne di più - decretò lei, avvicinandosi di nuovo a lui con passo lento, ma deciso.
Jason la guardò, quasi volendo leggere ciò che stava davvero nei suoi pensieri, voleva davvero sapere se stava mentendo o se era la verità.
Però non poteva farla entrare nella sua vita, non poteva esporla a quel rischio; lo stesso rischio che gli aveva causato quella cicatrice.
Strinse i denti e i pugni, mentre la ragazza gli era ormai a pochi passi di distanza.
Si guardarono, si studiarono per qualche secondo.
Poi successe tutto troppo in fretta, nascondendo la razionalità sotto un ammasso di istinti primordiali, sepolti anch'essi sotto una quantità di male.
Bianca sgranò gli occhi a quel contatto; tutto il suo corpo si irrigidì all'istante, ma poi, sentendo quel calore nuovo, quella piacevole sensazione, si lasciò andare, si sciolse, si concesse a lui.
Nessuno dei due lo avrebbe mai immaginato; non avrebbero mai creduto che un abbraccio potesse essere così bello e inaspettato in una sola volta.
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Dentro Me
General Fiction[Completa] Dentro di lei era tutto chiaro, ogni emozione, ogni pensiero; aveva le sue idee e non le avrebbe modificate solo per adattarsi alla massa. La sua vita procedeva con cautela, anche se per tutti era quella diversa, non si curava di ciò che...