Ventisei

319 31 8
                                    

- Cosa vuoi sapere? - le chiese, una volta essersi seduti sul letto della sua stanza. Bianca, prima di rispondere, si guardò intorno, osservando l'ambiente.
Si chiese per quale motivo lui e Derek non condividessero lo stesso spazio.
- Tutto - rispose infine, facendo tornare lo sguardo sul ragazzo.
Il tempo fuori era cupo, triste, quasi a presagire una tempesta e non solo all'esterno.
Jason prese un respiro profondo e si passò una mano nei capelli, lentamente, come per prendere tempo, come per riflettere sulla risposta da darle.
- Proprio tutto tutto? - Lo sguardo di lui incontrò di nuovo quello della ragazza, che annuì decisa. - Ne sei davvero sicura?
- Sì, Jason, voglio sapere - disse, deglutendo subito dopo e lasciando che le parole aleggiassero in quella situazione, appesantendo gli animi di entrambi.
Jason non aveva nessuna intenzione di rivelarle un solo particolare, eppure c'era qualcosa in quella ragazza, qualcosa di realmente diverso da tutte quelle che aveva frequentato, qualcosa che poteva essere comparato solo ad Alessia.
E lui sapeva bene quanto fosse stata importante nella loro vita, nella vita di Derek.
Prese un respiro profondo e si passò un'ultima volta le mani nei capelli, tirandoseli leggermente.
- Derek non è mio fratello.
Tutto si immobilizzò per un secondo.
Bianca smise di respirare, sgranando gli occhi di poco, mentre lui non aveva neanche il coraggio di guardarla in faccia.
- C... Cosa?
- Sì, non è il mio vero fratello... Non siamo nati dalla stessa madre, insomma...
Iniziava a spazientirsi di dover dare così tante spiegazioni.
Con Alessia non ce n'era stato bisogno, lei sapeva già tutto, quasi in contemporanea con Jason.
Bianca non disse nulla, non osò replicare, aspettando che continuasse con la sua spiegazione, ma il silenzio stava diventando fin troppo asfissiante.
- Mi dispiace... - disse allora lei, provando a consolarlo, a capire cosa potesse provare, ma la reazione di Jason non fu una delle migliori.
- No! Tutte balle! Come fa a dispiacerti se non sai nulla?! Come fai a dire questa stronzata se neanche immagini cosa ho passato?! Eh?!
L'aria si stava riempiendo del respiro accelerato del ragazzo, mentre Bianca riuscì solo a spostare lo sguardo e tacere.
Ci vollero diversi minuti prima che Jason potesse riprendere il controllo del suo umore, prendendo un respiro profondo e continuano a parlare.
- È stato adottato... Quando ancora ero piccolo. Avevo circa quattro anni la prima volta che entrò nelle nostre vite... Lo adottarono da un orfanotrofio di Londra quando un'estate tornammo là per le vacanze... E...
La voce si spezzò di colpo, lasciando che quelle parole vagassero nell'aria, rendendola ancora più pesante.
Bianca si stava immaginando un piccolo Jason, all'età di quattro anni, che faceva conoscenza di un piccolo Derek. Riusciva a vederli, sorridenti, mentre giocavano insieme, mentre bisticciavano per avere un giocattolo, mentre si facevano i dispetti.
- È per questo che avete le camere separate? - chiese lei, alzando lo sguardo sulla sua figura.
Jason, che era rimasto a pensare alle parole giuste da dire, si riscosse, alzando di colpo il viso verso di lei e trovando un delizioso sorriso che le solcava le labbra.
- Eh?
Quella domanda lo lasciò davvero spiazzato.
- Avete le camere separate perché è stato adottato all'età di quattro anni?
- Sì...
Jason ancora non riusciva a capire il motivo di quella domanda.
- Poi? Cosa accadde? - si lasciò sfuggire lei, al limite della curiosità.
Lui sospirò e tornò a guardare in basso, prima di riprendere a parlare.
- Stavamo crescendo, insieme, felici... Poi, un giorno, non so neanche io bene come accadde, mi fece male... Per la prima volta, rivelò l'alta sua identità.
E per la prima volta nella sua vita, in quel momento, cercò lo sguardo della sua interlocutrice, cercò un piccolo appiglio a cui aggrapparsi, sperando di trovarci qualcuno di cui potersi fidare; che non fosse spaventato o pronto a scappare come lo fu lui, a suo tempo.
E ci trovò proprio quello che si aspettava, o anche di più: una ragazza disposta ad accettarlo, lui e i suoi demoni.
- Avevo dieci anni, i nostri genitori erano fuori in giardino, mentre noi due stavamo giocando a nascondino... Non ricordo molto bene, so solo che ero entrato in cucina per scappare da lui, ma mi aveva trovato. Urlai, non perché ero spaventato, ma perché mi aveva colto alla sprovvista con la sua presenza. Successe tutto in un attimo: prima tentavo di scappare da lui e l'attimo dopo l'avambraccio grondava di sangue...
L'espressione che Bianca aveva in volto non riusciva per niente ad esprimere ciò che provava dentro.
L'immagine del ragazzo di fronte a lei, ferito in tale modo, non solo le procurò una nausea improvvisa, ma un magone in gola che non aveva mai provato.
La voglia di piangere crebbe in maniera spaventosa e si rese conto che ciò che provava per Jason, se non era amore, ci si avvicinava parecchio.
La situazione stava diventando davvero insopportabile.
Bianca si rese conto che quella storia la stava devastando più del previsto.
Voleva sapere, conoscere ciò che stava dietro alla loro vita, alla sua vita; ma non aveva tenuto conto di una cosa.
Sarebbe stato in grado di sopportare tutto?
Forse la risposta stava venendo a galla e se ne stava rendendo conto mentre rivedeva un piccolo bambino con il braccio squarciato dal fratellino.
- Forse sarebbe meglio smetterla...
Jason sospirò, pentendosi di tutto ciò che era uscito dalle proprie labbra.
Come aveva potuto credere di rivelare una cosa così personale, la ferita più profonda della sua vita?
Al solo pensiero il corpo gli si riempiva di migliaia di brividi.
Il solo rivivere quel giorno, quel giorno in cui la sua vita andò in pezzi, in cui si vide portar via tutta la serenità, in cui capì che nel mondo potevano esserci persone così in equilibrio precario da essere pericolose per gli altri, in cui gli venne strappata l'infanzia.
- No, ti prego, continua...
Entrambi si guardarono, cercando sostegno a vicenda.
Bianca voleva andare davvero fino in fondo, voleva capire il suo dolore, accoglierlo.
Jason voleva liberarsi da tutto il suo malessere, affidarlo nelle mani di qualcuno che potesse farglielo dimenticare almeno in minima parte.
- Mi piantò un coltello da cucina nel braccio, mentre rideva, come se fosse un gioco... Mi misi a piangere quando percepii la lama affilata penetrarmi la carne...
Si rendeva conto che quei dettagli avrebbero potuto farla star male, farle ribrezzo o cos'altro; ma se voleva davvero condividere tutto il suo dolore, doveva parlare in quel modo, come se anche lei lo dovesse provare.
E lei lo sentiva, nel cuore, lacerarsi, spezzarsi ad ogni parola che veniva pronunciata dalle sue labbra.
- I miei genitori accorsero appena sentirono le mie urla... Mio fratello continuava a ridere, come se fosse uno stupido gioco... - Fece un'espressione schifata, al ricordo della semplicità con cui Derek gli segnò l'esistenza. - Mi portarono in ospedale, dicendo che giocando con i coltelli mi ero tagliato... All'inizio i miei erano sconcertati da quell'improvviso scatto, così cercarono di parlargli, ma lui giurava di non aver fatto nulla, di non ricordare...
Prese un respiro profondo, sentendo un nodo in gola che gli impediva di parlare.
Bianca non fiatò, rimanendo in silenzio con le sue parole nella mente.
Vedeva loro due, bambini, allontanarsi lentamente; da gioiosi e scherzosi divenivano freddi, distaccati, neanche più fratelli. Era un'immagine talmente orribile (soprattutto per come si immaginava i loro volti, pallidi e mostruosi) che rabbrividì.
- Non gli credettero, - continuò - pensavano che stesse mentendo per coprirsi le spalle, d'altronde aveva solo dieci anni... Così lo portarono da uno psicologo che disse loro il verdetto, il fatto della doppia personalità.
In realtà io non lo avrei dovuto sapere, ma origliai le loro conversazioni e... Lo scoprii, ecco...
Si zittì, finendo tutto ciò che aveva da dire.
La ragazza era immobile, seduta accanto a lui, che lo guardava in viso, mentre lui non accennava neanche a spostare lo sguardo dal piumone del letto.
- Se vuoi sapere cosa c'entra Alessia in tutto ciò... Beh, posso solo dirti che Derek finì in una specie di centro di riabilitazione e lei si trovava lì... Il resto non spetta a me dirtelo...
Bianca stava per replicare, per la prima volta da quando aveva iniziato il discorso, che le dispiaceva nonostante non capisse cosa si provasse, ma sentiva dentro un vuoto tale da essere paragonato a quando ti strappano una parte di te.
Eppure non fece in tempo ad emettere un solo fiato, in quanto la porta della stanza venne spalancata con una violenza sovrumana, facendo sobbalzare entrambi.

Dentro Me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora