Otto

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Una forza le afferrò il braccio, iniziando a trascinarla lungo il corridoio; subito cercò di dimenarsi da quella morsa, ma appena scorse il profilo minaccioso di Jason, arrestò i movimenti, lasciandosi condurre.
- Stai lontano da mio fratello - la aggredì appena si furono fermati in un angolo nascosto, accanto ai bagni.
- È lui che è venuto da me.
La ragazza assunse un'espressione seria mentre alzava lo sguardo per puntarlo nel suo; se doveva affrontarlo lo avrebbe fatto a testa alta.
- Credi che non lo sappia? Cristo, l'ho capito che ha un debole per te, ma non lasciare che ti si avvicini, ci siamo capiti?
I suoi occhi si ridussero a due fessure, perforandola con quello sguardo intenso.
Non capiva il senso di tutta quella messa in scena, se volevano farle uno scherzo potevamo anche smetterla, stava diventando pesante.
- Se è uno scherzo potete anche smetterla.
Bianca portò le mani sui fianchi, alzando il mento in segno di sfida; nonostante lo temesse, non doveva mostrarlo.
La mano si Jason si mosse talmente velocemente che non riuscì ad evitarlo: si ritrovò contro il muro mentre il ragazzo le stringeva il braccio.
Il suo sguardo era furioso: avrebbe potuto incenerirla se solo ne avesse avuto il potere.
In quel momento si pentì amaramente di aver osato sfidarlo in quel modo.
Aveva paura, per la prima volta aveva realmente paura.
Il suo scappare dalle interazioni umane forse non era un segno di superiorità, ma di debolezza.
- Lasciami - sibilò lei, sentendo la pressione del braccio aumentare a dismisura, ma lui, in tutta risposta, le strinse anche l'altro braccio, spingendola più forte contro la superficie.
- Uno scherzo?! Sai quanto cazzo vorrei che fosse uno scherzo?! - alzò la voce, facendole sentire tutto l'odore di fumo del suo alito.
- Mi fai male...
La presa si fece debole e lei riprese a respirare normalmente, ma il viso di Jason, in un attimo, si avvicinò al suo talmente tanto da sentire il suo respiro caldo contro le sue labbra.
Puntò lo sguardo in quello di lui, sgranando leggermente gli occhi: non aveva mai avuto un contatto così stretto con qualcuno che non fossero i suoi genitori.
- Vedi di tornare nel tuo cazzo di mondo di asociale e non cagare i coglioni.
Detto ciò si allontanò in fretta, tornando nei corridoi e lasciando Bianca a bocca semi aperta, mentre lo seguiva con lo sguardo.




Entrò in classe con il cuore che le esplodeva nel petto, nella sua mente regnavano i suoi occhi scuri che la trafiggevano; come poteva una persona essere così inquietante?
Non riusciva neanche a seguire le lezioni con attenzione, aveva sempre e solo in mente il modo con cui le aveva parlato; perché voleva che lei stesse lontano da Derek se era lui che le aveva proposto la sua amicizia?
Perché, se avesse voluto, non sarebbe potuta essere sua amica?
C'era qualcosa che non andava, se lo sentiva dentro, come un sesto senso che ti mette in allarme.
Doveva stare attenta a quei due ragazzi?
Cosa nascondevano in realtà?
La ricreazione arrivò, svegliandola dai suoi pensieri e si rese conto che non aveva seguito nulla della lezione di italiano e storia.
Uscì dalla classe sbuffando e dirigendosi verso i bagni; mentre camminava vide Jason che parlava animatamente con suo fratello e, appena passò, si girarono entrambi a guardarla, crucciati.
Un brivido le percorse la colonna vertebrale per poi proseguire nel suo percorso: c'era sicuramente sotto qualcosa.




I giorni procedevano lenti, novembre stava diventando sempre più freddo e Bianca ne era solo contenta; aveva iniziato ad indossare felpe e sciarpe, riuscendo a passare ancora più inosservata, eppure le sembrava che qualcuno continuasse a scrutarla di nascosto.
Nessuno dei due fratelli Owen le aveva più rivolto la parola e tutto sembrava essere tornato alla normalità, ma lei sentiva una strana sensazione nello stomaco, come un uragano che le spazzava via la serenità.
Lo sentiva, quello sgradevole sesto senso che la avvisava che qualcosa non andava, sentiva che le dava dei segnali, sentiva che doveva fare attenzione.
Ma attenzione cosa?
Come faceva a stare in guardia da qualcosa che nemmeno lei sapeva?
- Buongiorno ragazzi, oggi avremo dei ragazzi di un'altra classe - comunicò la professoressa quando il silenzio fece da padrone nella stanza.
- Di che classe? - chiese Giada, accanto a Bianca.
- Quinta B - rispose la docente, poco prima che arrivassero i ragazzi. Erano solamente cinque, ma bastavano per ingombrare la stanza.
Quando Bianca vide il viso tetro di Jason, quasi le si fermò il cuore.
Aveva paura di lui? Sì, non sapeva perché, ma lo temeva.
Era riuscito a entrarle dentro con i suoi modi bruschi e questo la spaventava.
- Bene, oggi parleremo della crisi del ventinove - iniziò la professoressa, aprendo gli appunti di inglese sulla lavagna interattiva.
I nuovi arrivati si erano posizionati tra i vari banchi degli assenti o vicino ai loro amici.
Nessuno aveva osato andare accanto a Bianca e Giada e a quest'ultima la cosa non stava bene; di fatti si alzò andando a parlottare con qualcun altro.
Poco dopo al posto di Giada si sedette una ragazza dai capelli lunghi e lisci (sembravano quasi seta) e Bianca non si scompose chiedendole chi fosse, aveva già capito che era dell'altra classe, quindi non fece una piega, ascoltando la lezione.




Dopo tre ore di lezione, finalmente l'intervallo era arrivato, concedendo ai ragazzi un po' di tregua; Bianca prese la sua merenda dallo zaino e si alzò andando verso l'uscita dell'aula.
Scese le scale che la condussero nell'atrio, quando delle voci attirarono la sua attenzione, sembravano grida di una lite e, incuriosita, seguì la direzione di quel lamento fino ad arrivare in un punto isolato della scuola, nei sotterranei.
Non capiva come potesse essere l'unica ad aver udito quelle voci; probabilmente perché era sempre stata attenta ai dettagli che la circondavano.
- Smettila di fare la troia, hai capito? - urlava una voce femminile.
- E tu chi cazzo saresti per dirmi certe cose? Una piccola orfana disagiata?
Quella era sicuramente la voce fastidiosa di Giada, ma chi era l'altra ragazza?
Un tonfo fece sì che Bianca si muovesse velocemente nella loro direzione, scoprendo che la ragazza che poco prima era nel banco accanto al suo, aveva tirato un pugno a Giada, lasciandola a terra.
Quando la ragazza si girò, il suo ghigno soddisfatto incontrò lo stupore di Bianca, palesato dagli occhi sgranati e le labbra socchiuse.
Rimasero a fissarsi per qualche secondo, in cui la ragazza poté scorgere i lineamenti dolci e infantili del suo viso.
Possedeva due grandi occhi di un colore scuro, più scuro di quelli di Jason, e un naso fine, contornato da qualche piccola lentiggine.
Una ragazza che sembrava così fine poteva davvero dare un pugno a qualcuno?
- Vedi di chiudere quella bocca e non dire nulla a nessuno di ciò che hai visto.
La mora, senza che Bianca se ne fosse accorta, le stava davanti e il suo sguardo duro e severo non prometteva niente di buono.
- Perché lo hai fatto? - chiese Bianca, volendo sapere qualcosa in più.
- Dovresti ringraziarmi, se non sbaglio dava il tormento anche a te.
Si guardarono ancora e l'atmosfera si fece tesa.
Cosa voleva dire con anche?
Giada se la prendeva con lei?
Per cosa poi?
Orfana disagiata, pensò Bianca, mentre l'altra ragazza si allontanava tornando verso l'atrio. Forse era quello che aveva scatenato la sua reazione.
Le debolezze delle persone le portano a reagire, anche in modo violento; tutti quei tasti dolenti che fanno parte della vita di ognuno, quando vengono toccati, si scatena una reazione naturale che può portare alla distruzione dell'individuo.
- Cazzo!
Quella voce la riportò alla realtà.
Giada si stava rialzando e del sangue le colava dal naso, quando vide Bianca aggrottò la fronte.
- Che ci fai tu qui? Aiutami no?
La sua vocina acuta le entrò nel cervello con una forza tale da farle venire il voltastomaco. Doveva aiutarla?
L'etica le avrebbe risposto di sì.
Ma lei era la malata, quella diversa e di certo Giada non meritava il suo aiuto.
Bianca prese il tovagliolo in cui era avvolto il suo panino (che non aveva ancora toccato) e glielo porse: quello era il massimo che poteva fare.
Poi se ne andò, lasciandola lì con il suo sangue.
Un sorriso le si dipinse sul volto; non sapeva spiegarselo, ma una strana euforia si stava impadronendo del suo corpo: Giada aveva avuto ciò che si meritava.

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