Sette

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Gli occhi penetranti di Derek erano ancora puntati su di lei, ma questa, al contrario, fissava la durezza di quelli di Jason, che si stavano ammorbidendo, ringraziandola.
Al contempo, però, c'era una punta di incredulità che era la stessa che condivideva anche la ragazza.
Come era riuscita a farlo fermare? A riportarlo alla realtà prima che potesse far del male al ragazzo?
Erano le domande che si ponevano entrambi mentre i loro sguardi erano concatenati l'uno con l'altro.
- Hey, dicevamo?
Bianca spostò gli occhi su Derek che la guardava sorridente, come se l'avvenimento appena accaduto non fosse, per l'appunto, accaduto.
- Andiamo, Derek.
Il tono di Jason era fermo e distaccato, mentre si spostava davanti a lui, mettendosi in mezzo ai due ragazzi.
Bianca era semplicemente basita, non capiva se il susseguirsi di quegli avvenimenti fosse davvero successo o se tutto fosse il frutto della sua immaginazione.
- Dovresti andare ora.
Si sentì prendere la mano e subito una scossa improvvisa le percorse il corpo, partendo proprio da dove il ragazzo l'aveva toccata; spostò lo sguardo prima sulla sua mano, da cui si intravedevano i tatuaggi spuntare dalla manica della felpa, poi ai suoi occhi scuri (quasi preoccupati, avrebbe detto).
Ebbe il tempo di osservare i lineamenti del ragazzo che solo la stessa mattinata inveiva contro il fratello dicendogli di starle lontano, mentre in quel momento le stringeva la mano, quasi supplicandola di scappare.
- No, Jason, lasciala stare.
Senza staccare gli occhi dal ragazzo, si sentì trascinare via; non ebbe neanche la forza di opporsi, l'unica cosa che percepì fu la sua mano che si allontanava da quella di Jason.



Non si era del tutto resa conto del fatto che Derek la stesse portando chissà dove, sfrecciando tra la folla che sembrava non curarsi di loro; le sue gambe sembravano muoversi grazie ad una forza esterna, perché se avesse realmente concepito ciò che stava accadendo, non l'avrebbe seguito di certo in quel modo.
- Mio fratello è un rompi palle a volte.
Tornò alla realtà, udendo quella voce. Guardò il ragazzo di fronte a lei che sfoggiava un sorriso con tanto di denti in mostra e sbatté le palpebre.
Si erano fermati.
A quel punto la certezza di cosa stesse accadendo le piombò addosso, facendola trasalire.
L'aveva trascinata via, perché? Cosa voleva da lei?
Non riuscì a proferire parola: l'immagine di lui che stava per staccare un braccio al fratello le compariva davanti come un fotogramma. Indietreggiò spaventata sotto lo sguardo confuso del ragazzo.
- Senti, mi spiace per ciò che hai visto, ma non gli avrei mai fatto del male... Aveva solo esagerato, mi spiace.
Il suo sorriso si spense, assumendo un'espressione avvilita, ma non bastò a calmare Bianca che era sull'orlo di impazzire.
Era sempre stata calma di fronte a quasi ogni tipo di situazione (fatta eccezione per la questione con i genitori), ma il fatto che qualcuno ce l'avesse con lei, tanto da continuare a provare a parlarle, non riusciva a farla stare tranquilla.
Non si era mai confrontata con nessuno, tranne alle elementari in cui aveva avuto qualche amica con cui parlare, ma una volta appreso il grado di infantilità degli argomenti, aveva preferito di gran lunga la sua stessa compagnia, evidentemente superiore a quella altrui.
In quel momento, quindi, avrebbe solo voluto scappare e mischiarsi tra la folla; caotica com'era non l'avrebbe trovata, eppure era come se gli occhi chiari di Derek la tenessero prigioniera, nonostante fosse libera da ogni contatto umano con lui.
- Hey, stai bene?
Derek continuava a parlarle, vedendola muta e spaventata.
C'era una parte di lei che voleva rispondergli di lasciarla in pace, quella parte cattiva che teneva tutti alla larga, ma le parole le si erano bloccate il gola.
Di colpi di sentì riafferrare con violenza per essere poi trascinata di nuovo.
Sentiva gli occhi bruciare, ma lei non piangeva, non piangeva mai, perché non aveva nessun motivo per farlo.
Piangere era da deboli e anche da insensibili, sotto il suo punto di vista; perché si dovrebbe piangere per futili motivi, quando nel mondo esistono così tante disgrazie ben peggiori? Forse perché le persone sono egoiste e pensano solo a se stesse e quando si interessano agli altri è, appunto, una stupida maschera.
Lei non voleva essere così, voleva essere per lo meno coerente e se non le importava dei problemi altrui, non doveva importarle nemmeno dei propri.
Eppure gli occhi le si stavano inumidendo, contro il suo volere. Non avrebbe mai voluto cedere ad una debolezza tanto grande solo perché un ragazzo la stava trascinando chissà dove; alla fine Derek Owen si era sempre dimostrato gentile con lei, perché avrebbe dovuto farle del male?
Ma la domanda giusta era: perché non avrebbe dovuto fargliene?
Si fermarono ancora e la sua mente tornò alla realtà, appena in tempo per non far uscire quella lacrima che le premeva all'occhio destro.
- Non volevo spaventarti.
Lei lo guardò quasi stralunata, il cuore cominciò a galopparle nel petto e il respiro si stava accorciando.
- Cosa... Cosa vuoi da me?
La sua voce fu più di un sussurro tremolante. Sapeva che non avrebbe dovuto mostrarsi impaurita, ma quella situazione la spaventava a morte; forse perché era una novità.
Chi non ha mai avuto paura di una prima volta?
E per lei era la prima volta che qualcuno le stava così appresso, provando a parlarle e, forse, capirla.
- Vorrei essere tuo amico.
Le guance del ragazzo divennero leggermente paonazze e, nonostante fosse quasi tutto oscurato dalla notte, poteva intravederlo grazie alla poca luce prodotta dell'illuminazione stradale.
Bianca lo squadrò per qualche secondo, accigliandosi, e facendo scomparire tutta la paura che aveva provato fino a poco prima.
Amico.
Che parola assurda.
Voleva essere suo amico, ma sapeva davvero cosa volesse dire essere amico di qualcuno? Prendersene cura quando avrebbe sofferto, stargli accanto nei momenti tristi, difenderlo contro tutto e tutti?
Sapeva davvero che l'amicizia era questo?
Bianca non l'aveva mai sperimentato, ma sapeva che quando si vuole bene a qualcuno, un bene reale, si fa questo ed altro per gli amici.
- Non potremmo mai essere amici.
Le parole le uscirono quasi senza il suo volere. Derek spalancò gli occhi per poi stringere i pugni, tendendo i muscoli del collo. La ragazza avvertì la sua tensione e fece qualche passo indietro, degluendo.
- Bene.
Il timbro del ragazzo era freddo, ghiacciato, come i suoi occhi. La fissò per qualche secondo, in cui lei trattenne il fiato, per poi allontanarsi bruscamente, lasciandola sola.
Lei si girò verso la folla, vedendo che si era già dileguato; ripensò alla proposta del ragazzo e sospirò.
No, non sapeva cosa significasse essere amico di qualcuno.




Aveva passato tutto il primo novembre a pensare a cosa era successo la sera precedente; ancora non si capacitava di come Derek potesse voler essere suo amico.
Perché proprio lei?
E perché voleva esserle amico?
Poteva avere tutti gli amici che voleva con il suo carattere disponibile e gentile.
Iniziò a pensare che fosse tutta una presa in giro e la cosa le dava un senso di rabbia sopra ogni cosa.
Non voleva che le persone le stessero accanto, preferiva che la schernissero, la deridessero, ma che la avvicinassero solo per fare qualche scherzo o per colpa di una stupida scommessa non lo tollerava.



Nel primo pomeriggio, dopo aver fatto un discreto pranzo con dell'insalata e del tonno in scatola, si decise a fare i compiti per la settimana.
Aveva l'abitudine di fare le cose con largo anticipo, forse perché non aveva altro a cui pensare o forse perché nel suo essere vigeva il senso del dovere.
Non riuscva più neanche a capire quali fossero le sue priorità, la sua mente vagava continuamente al giorno prima, alla mossa azzardata di Derek contro Jason, lo sguardo di quest'ultimo che la implorava di dargli una mano e poi la strana proposta di amicizia.
Doveva per forza essere tutto uno scherzo: un brutto scherzo che non tollerava, ma di certo a cui non avrebbe ceduto.
Se c'era una cosa certa era che lei avrebbe sempre vinto, contro le loro menti deboli, avrebbe sovrastato il loro volere.
E lo avrebbe fatto anche con i fratelli Owen.
Niente avrebbe potuto impedirglielo.



Il giorno seguente si svegliò determinata, mise i suoi soliti abiti scuri e prese il suo zaino per poi uscire dall'appartamento e andare alla fermata del pullman.
Una volta arrivata a scuola, vi entrò senza troppi indugi; da un lato era curiosa di vedere cosa avrebbe fatto Derek, dall'altra non aveva la minima voglia di incontrarlo di nuovo.
Si diresse con tutta la calma del mondo verso la sua classe, la scuola era ancora semi deserta, quindi la quiete le trasmise un po' di tranquillità.
Purtroppo, però, durò poco.

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