Capitolo 24 - Quanto si può essere forti?

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La stanza era in penombra, Devonne era sdraiato al fianco di Jensen, disegnando cerchi immaginari sul braccio del più grande, sospirando.

"Sei preoccupato per Amber?" chiese il metallaro, poggiandosi su un fianco e passandogli una mano tra i capelli, tocco che rilassò leggermente il più piccolo.

"Sì, stanotte dormirà qui, almeno starò più tranquillo." disse Devonne, guardandolo in quegli occhi verdissimi.

"Sarà difficile, è un dolore che comunque non passerà definitivamente ma si riesce solo ad accettarlo con il tempo, a riuscire a conviverci." si espresse Jensen, ritornando indietro nei ricordi, non potendo non pensare a Channing.

"Sai, con quello che è successo, ho pensato ai miei genitori..." sussurrò il biondo, non sicuro di averlo detto ad alta voce.

"Ti mancano?" domandò Jensen, facendosi più vicino.

"Non lo so, Jens... Mia madre non era come la dolce Sophie, forse era il suo opposto. Mio padre, be', mio padre ha sempre preteso tanto da me ma non ha mai visto davvero quello che io ero capace di fare... Era un continuo tappare le ali, un continuo "non abbastanza" e non si respirava l'aria di famiglia che c'è qui con voi. Non c'erano litigi, non c'erano conversazioni..." si interruppe un attimo, deglutendo rumorosamente, cercando di cacciar via quei flashbacks, continuò con un leggero tremolio nella voce: "C'era solo indifferenza e quel poco amore rimasto era scivolato via, chissà dove."

"Perché hai deciso di andartene, Devonne?" domandò Jensen, facendo sussultare il più piccolo.

Quella domanda.

Quante volte aveva provato a sviare quella domanda?

Quante volte la risposta aveva spezzato il suo cuore in ennesimi piccoli pezzi?

"Sono scappato perché era diventato tutto troppo: troppo insopportabile, troppo stretto, troppo dolore, troppo...- credo che se fossi rimasto lì, non avrei mai vissuto più davvero, non mi sarei mai più dato una possibilità... Non mi sarebbe più rimasta neanche quel briciolo di speranza, che tanto mi ostinavo a far finta di non avere." terminò Devonne, sorridendo tristemente, mentre sentiva le dita di Jensen, accarezzare quelle piccole cicatrici, quelle piccole ferite che non sarebbero mai andate vie.

"Per quanto dura sia stata non l'hai data vinta a quei pensieri, non l'hai data vinta alle parole fredde e distaccate dei tuoi genitori, non l'hai data vinta al tuo peggior nemico di quel tempo." disse il più grande, stringendolo forte, baciandogli dolcemente una guancia, facendo in modo tale che i loro sguardi si incontrassero di nuovo. Quel ghiaccio che ora non era solo inverno, era tempesta ma era anche vita.

Quella vita che si era assopita e ora aveva ripreso di nuovo il proprio corso.

"Vorrei poterli odiare ma non ci riesco, mi piacerebbe sperare che sentano la mia mancanza così come io in questo momento sento la loro. Invece, chissà se si son chiesti da quando sono andato via, dove io sia, come me la stia passando, cosa stia facendo... Vorrei sentirli "genitori" anche per una sola volta, per un solo istante, mi basterebbe... Mi basterebbe davvero per un'intera vita e per tutti quegli anni che non lo sono stati." confessò Devonne, abbracciando Jensen, nascondendo il capo nell'incavo del collo del metallaro.

Non sentì lacrime inumidire il suo collo ma solo dei caldi sospiri che racchiudevano: tristezza, malinconia, passato.

"Potresti tornare da loro, vederli un'altra volta prima di andare davvero avanti. Lo dovresti fare, Dev... Prima che possa succedere qualsiasi cosa e averne il rimpianto per tutta la vita. Lo dovresti fare per te, perché così smetteresti di essere il tuo stesso nemico." sussurrò Jensen, prima di sentire il capo di Devonne annuire lentamente.

And then I met you... ➼ Tematica Gay.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora