Un grazie alla mia migliore amica, Elena.
Un grazie alla Monique e alla Miki.
Viveva da appena due giorni in quella casa, non aveva parlato più con nessuno dopo la piccola chiacchierata che fece in biblioteca, si era semplicemente limitato a cenare circondato da un silenzio tombale.
Stan era un uomo davvero gentile, cercava di metterlo a suo agio e di farlo inserire tra i ragazzi, ma Devonne non aveva spiccicato parola, semplicemente era rimasto lì ad ascoltare quei loro chiacchiericci, fissandosi le mani.
L'unica volta in cui aveva accennato a parlare, era stato per chiedere a Stan se avesse risolto tutte le questioni burocratiche e se fosse realmente al sicuro da Kirk.
Aveva avuto anche modo di uscire con Van Monroe per comprare qualcosa per il suo armadio.
Durante il pomeriggio insieme, Devonne lo aveva visto sorridere più volte, non aveva smesso di pensare che quel sorriso fosse pieno di tristezza ma che sembrava comunque essere sinceramente contento di aiutarlo, comprandogli tutto ciò che gli servisse.Non lo riusciva a capire Devonne, non riusciva a capire perché lo facesse, trattandosi di un ragazzo completamente sconosciuto.
Stan gli aveva spiegato che faceva tutto ciò per mantenere vivo il sogno della moglie, e il ragazzo si chiese se la donna avesse potuto sapere ciò che quell'uomo era riuscito a fare per tutti loro, nonostante Devonne fosse convinto che se qualcosa finiva, finiva e basta - scosse il capo - dopotutto lui non l'aveva mai conosciuto, come non conosceva cosa significasse amare, qualcuno che poi va via, definitivamente. Non poteva realmente sapere.Oggi sarebbe stato il suo primo giorno di scuola - pensava, sbuffando - mentre afferrava dall'armadio i primi vestiti che gli capitarono a tiro, uno skinny jeans nero e una felpa di un tenue color panna, ben due taglie più grandi della sua.
Prese lo zaino che aveva comprato con Stan, e prendendo alcuni quaderni e un paio di penne, uscì dalla sua camera.
Erano già tutti a fare colazione, Devonne si sedette di fianco a Van Monroe, come succedeva da due giorni.
"Buongiorno Devonne." sorrise caldamente Stan.
"Buongiorno a tutti." rispose Devonne con tono pacato.
Ricevette come risposta solo delle semplici occhiate e qualche sorriso. Ci pensò Stan a far sentire Devonne accettato, ancora una volta.
"Allora Devonne, oggi ti accompagno io a scuola così vedi la strada e magari poi ci vai da solo, che ne dici?" propose l'uomo, sorridendogli.
"Se ha da fare, mi può spiegare la strada, ci arriverò da solo."
"No tranquillo, ho da fare alcune commissioni più tardi, ma adesso ho tutto il tempo per accompagnarti - guardando poi verso i suoi ragazzi - o se vuoi ci sono i ragazzi. Robert, Victor che dite di andare insieme a Devonne stamattina? Così gli mostrate la strada."
Robert e Victor smisero un attimo di mangiare e guardarono Devonne.
"Vuoi venire con noi, Devonne?" domandò Robert, accennando un sorriso.
"Okay, va bene." rispose quest'ultimo, terminando la sua colazione.
"Bene, mi raccomando state tutti attenti. E se uscite dopo scuola e fate un po' più tardi, chiamatemi sul cellulare. Okay?" disse Stan, cercando di essere autoritario, finendo invece con il mostrare un sorriso dolce quando sentì un "okay" da parte dei ragazzi più grandi.
Devonne, Robert e Victor presero i propri cappotti e si incamminarono verso scuola, in totale silenzio, interrotto dalla domanda "Allora, Devonne come ti trovi qui?" di Robert.
"Normale... Stan è davvero un brav'uomo." rispose il biondino, stringendosi nelle spalle.
"Già, lo è sul serio. Non tutti farebbero quello che fa per noi ogni giorno. Sai già in che aula sarai?" domandò Robert, incuriosito.
"No, non saprei. Voi a che anno siete?"
"Siamo all'ultimo anno. Dopo questo, credo che possiamo o trovarci un lavoro o continuare con il college." informò il più grande.
"Come saprai in che aula andare, se non dici neanche la tua età in segreteria?" domandò Victor, non nascondendo il suo disappunto.
Devonne non si scompose, restando pacato e tranquillo, rispose: "Non ho mai studiato in una scuola, ho studiato privatamente e facendo le cose per conto mio, quindi credo che basterà confrontare i programmi didattici, scegliendo quello che più si avvicina a ciò che ho studiato. Non serve sapere necessariamente la mia età, vedi?"
Victor volse lo sguardo altrove, cercando di non mostrare quell'accenno di rabbia.
"Posso domandarti perché non vuoi dirlo? Cioè, okay, è una tua scelta... Solo, non riesc- non riusciamo a capire il perché." disse gentilmente Robert.
"Hai presente quando dici la tua età, le persone come ti trattano? Se per esempio dici di avere trent'anni, le persone tenderanno a comportarsi con te, come se tu per forza di cose debba essere serio, o maturo, e si aspetteranno da te un determinato atteggiamento. Se invece dici di essere un quindicenne, otterrai l'effetto contrario. I più grandi ti considereranno troppo piccolo, e al contrario i più piccoli ti considereranno troppo grande, non trovi? Io credo che sia semplicemente inutile dire la mia età, perché non trattarmi da Devonne e basta? Si deve dare per forza un numero a tutto? Io voglio essere giudicato in base ad altro, non alla mia età."
Robert sorrise: "Beh, forse credo di aver capito."
"Io non proprio." mormorò Victor, sbuffando.
Devonne scosse leggermente le spalle, trattenendosi dal rispondergli, calando in silenzio fino a quando non si trovò davanti ad un edificio bianco.
"Quei ragazzi non vivono con noi, giusto?" domandò Devonne, osservando quella folla di ragazzini nel cortile.
"No, non vivono con noi, però Van Monroe si occupa anche di altri ragazzi che sì hanno una famiglia ma che non possono permettersi molto, alcuni di questi non possono permettersi le tasse scolastiche per esempio, allora Stan offre la possibilità di studiare senza dover pagare alcunché."
"Ho capito." mormorò Devonne, pensando ancora una volta che quell'uomo aveva un gran cuore.
"Bene, noi ora andiamo verso la nostra classe, tu hai bisogno del nostro aiuto o te la cavi?"
"Me la sbrigo da solo, tranquilli." disse il biondo con tono calmo.
"Bene, allora a più tardi. Buona giornata!" salutò Rob velocemente.
"Ciao" disse Victor, senza degnarlo di uno sguardo.
Devonne li salutò con la mano e andò verso l'entrata della scuola, alzandosi il cappello del cappotto,
Con non poca difficoltà, arrivò in segreteria dove gli vennero dati dei documenti da compilare, la segretaria non sembrò esserne sorpresa quando Devonne non scrisse la sua età, anzi semplicemente gli mostrò i fogli con il programma di studio dal terzo anno al quinto. Devonne non ebbe alcun dubbio quando scelse di essere collocato al quarto anno, il programma era molto vicino a ciò che aveva studiato privatamente, salutò cordialmente la segretaria e uscì, tenendo la cartina della scuola ben stretta a sé.
Non fece fatica a trovare l'aula in cui avrebbe seguito la sua prima lezione, iniziò a tentennare, non se la sentiva, non era assolutamente pronto - o era meglio dire - semplicemente non voleva trovarsi davanti a tanti volti sconosciuti e presentarsi per l'ennesima volta.
Rispondere a domande su domande.
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And then I met you... ➼ Tematica Gay.
Storie d'amoreDevonne, un ragazzo che non ama parlare di sé, se non in maniera velata, non si fida di nessuno, ha smesso di farlo da tempo, conta solo su se stesso, cercando di andare avanti come meglio può, ripetendo a se stesso: "sono forte." Ma a volte per ess...