Capitolo 5

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Sono passati quindici minuti e sono fuori dal locale con la terza sigaretta in mano. Nessuno ha avuto il coraggio di venire a dirmi qualcosa. Se ne stanno lì zitti o parlano? Che cosa diranno alle mie spalle?

Sento aprirsi la porta, ma non mi giro.

<<Dici che dovrei candidarmi a un premio Nobel?>> James è al mio fianco e guarda il cielo. Non è più sbronzo, o per lo meno non lo sembra.

<<Ma...>>, dico perplessa.

<<Non mi andava bene che ti usasse come il suo giocattolino, la sua ragazza è una mia amica e non voglio che stia male, perché poi dovrò picchiarlo. Non l'ho fatto per te>>, sottolinea.

Parla in modo così delicato e calmo che quasi non riesco a capacitarmi che sia proprio lui.

<<Mi puoi riaccompagnare al dormitorio>>, gli chiedo sottovoce, sperando che mi abbia sentito.

<<Io cosa? Solo perché sono uscito fuori pensi che ora debba accompagnarti? Mi sa che ti sei bevuta il cervello>>, ride.

Esplodo: <<Senti James, non è stata una bella serata. Tua sorella mi ha mentito. Uno stronzo voleva infilarsi nelle mie mutandine, e un bastardo ora mi tartassa. Se vuoi avere una conversazione con me, mi riporti in dormitorio, se no te ne torni dentro>>, lo fisso e quasi mi danno le lacrime, ma le trattengo. Sono diventata brava in questo.

Non sa cosa rispondere, è spiazzato tanto quanto me, ma in fine annuisce e tira fuori le chiavi della macchina.

Dieci minuti dopo sono davanti al dormitorio. Questa volta è andato piano. Mi ha guardato un paio di volte mentre ero distratta, ma non ha detto nulla.

<<Grazie>>, gli dico secca.

Non mi risponde. Scendo dalla macchina e tiro dritta. Arrivata in camera mi lascio cadere sul letto e penso a Vanessa. Cosa mi dirà quando ritorna? E Chris? E poi perché James è così?

Mi addormento facendomi cento domande

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