Prologo *

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Non ero sveglio da nemmeno un'ora. 

Mi preparai velocemente e nonostante non avessi voglia, uscii di casa per andare in facoltà. Ormai era tardi per andare a lezione, ma cercai di convincermi che sarebbe stato meglio passare una mattinata intera seduto nel giardino o nei corridoi piuttosto che stare a casa a vedere mia madre che si prodigava per tenere tutto in ordine. Odiavo quando veniva a trovarmi.

Ero iscritto all'università . Avevo scelto io di frequentarla ed ero sicuro di voler studiare. 

Sapevo di non avere altri modi per realizzarmi.

Non passavo molto tempo sui libri, avevo la fortuna di imparare molto velocemente. Amavo stare da solo a leggere e spesso provavo a scrivere qualcosa di mio. Non ero un granché come "scrittore". Puntualmente le mie bozze non avevano un finale. Non riuscivo mai a trovarlo. 

Mi piaceva ripetermi che forse non avevo abbastanza esperienza, dato che io alle mie "storie" nella vita reale non davo neppure il tempo di cominciare. 

Avevo troppa paura di soffrire ancora.

Arrivai nel corridoio della facoltà e mi sedetti davanti alla porta dell'aula in cui avrei dovuto seguire la lezione.

Tirai fuori il quaderno in cui avevo iniziato l'ennesima storia senza finale e scrissi qualche riga.

La voce del professore risuonava nei corridoi vuoti. Non riuscivo a concentrarmi ed il senso di colpa, anche se leggero, si faceva sentire.

Sbuffai e afferrai lo zaino, poi scesi velocemente le scale. 

Non appena fui fuori mi accesi una sigaretta e mi diressi in fondo al giardino. Speravo che stare per i fatti miei mi avrebbe aiutato a non pentirmi di essere uscito di casa. 

Iniziava a fare freddo, per quanto potesse farne in una città di mare. 

Ripresi in mano il mio quaderno e provai ad immaginare un finale per quella storia che, ormai da settimane, implorava di essere conclusa. Ebbi qualche idea ma nessuna mi convinceva abbastanza. Era frustrante quasi come avere mia madre a casa e non poter restare lì a poltrire.

Chiusi il quaderno e mi diressi verso il cancello. Non mi restava che vagare per la città fino ad ora di pranzo. Imboccai la salita sulla destra, sicuro che mia madre non sarebbe arrivata fino a lì e mi inoltrai fino alla parte più antica della città. 

In realtà sapevo dove il mio inconscio mi stesse portando, ma credo mi piaccia pensare fosse un caso trovarmi lì in quel momento.

Arrivai al belvedere, mi sedetti sulla solita panchina e osservai quel panorama che conoscevo a memoria, ma che non mi stancava mai.

Passavo ore e ore lì su, seduto a guardare il mare.

Amavo essere circondato dai miei amici, ma di tanto in tanto, sentivo il bisogno di stare da solo a riflettere. Non sempre le persone hanno voglia di ascoltarti, a volte invece siamo noi a non voler raccontare quello che ci succede. 

Lì al belvedere sembrava tutto più semplice. 

Persino scrivere. 

I miei personaggi prendevano vita e in quei momenti le idee sembravano essere più nitide.

Per l'ennesima volta tirai fuori il quaderno e cominciai a riempire il foglio, ma tutto quello che scrivevo, dopo pochi minuti, finiva coperto da linee di inchiostro scuro. Capii che neanche quella mattina sarei riuscito a scrivere quel tanto agognato finale. Feci per chiudere il quaderno e andarmene quando improvvisamente un'ombra catturò la mia attenzione.

Coincidenze - COMPLETA (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora