Chapter fifteen

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Dopo non so quanto tempo in ospedale, seduta su una sedia di plastica dura e la testa appoggiata sulla spalla muscolosa di Harry, riesco a chiudere i miei occhi gonfi di pianto. Non sogno niente, non sento niente, nemmeno l'ingente quantità di rumori che mi circonda ininterrottamente.
Quando riapro leggermente gli occhi, mi sento scuotere con delicatezza per una spalla. Faccio fatica ad aprirli, la luce che entra dalla porta in vetro mi investe in pieno. Li strizzo, girando di poco la testa ancora appoggiata ad Harry. Mi volto verso di lui. Ha il capo posato sul muro alle sue spalle, gli occhi chiusi e le labbra strette duramente tra di loro, come se sta cercando di combattere contro qualcuno nei suoi sogni. Le sue sopracciglia sono leggermente piegate verso il basso, mentre le sue braccia sono incrociate al petto. Sono quasi sicura che non si sia mosso per niente. Mi giro verso destra e noto mio padre abbassato alla mia altezza, gli occhi lucidi e delle borse pronunciate a rendergli il viso stanco. Irene è seduta e riposa, con la testa appoggiata sulla mano sollevata sul bracciolo.
"I dottori hanno finito, Jess" dice con la voce roca e bassa. Sbatto le palpebre e mi sollevo da Harry, appoggiandogli una mano sul petto muscoloso. Al mio tocco lo sento sussultare leggermente. Mentre mi giro verso di lui, mi capitombolano addosso tutte le cose che sono accadute ieri. Harry strizza leggermente le palpebre, poi apre di poco gli occhi, colpendomi con il suo verde acceso. Si lecca le labbra e si stacca piano dal muro, circondandomi con un braccio e baciandomi la testa.
"Buongiorno" mi dice con la voce impastata dal sonno. Stringo le labbra, sperando sia davvero un bel giorno, questa volta.
Mi alzo in piedi, poi mi accovaccio davanti a lui che è rimasto senza forze seduto sulla sedia. Muove le braccia per sgranchirle. "Devo andare da Jessica" gli dico ad un millimetro dalla sue labbra. Harry annuisce, poi mi sporgo verso di lui e gli bacio delicatamente la bocca rosea.
Poi mi allontano, seguendo mio padre. Mi metto al suo fianco, superando un dottore fermo nel bel mezzo del corridoio. Sollevo lo sguardo verso papà, stropicciandomi un occhio con il pugno chiuso. "Cos'hanno detto?" gli chiedo con la voce bassa.
Lui continua a camminare con il capo rivolto verso il pavimento, dirigendosi verso una stanza in fondo al corridoio trafficato.
Papà stringe le labbra, poi mi attira a sè con uno scatto del braccio. "Jennifer ha rischiato la vita stanotte, Jess" dice e scoppia a piangere, appoggiandosi al muro accanto a sè. Rimango immobile, con il petto scosso da singhiozzi repressi e la bocca che mi trema incessantemente. Mia sorella...sarebbe potuta morire.
Non ho la forza di dire niente, se non lasciare che delle calde lacrime solchino di nuovo la pelle arrossata e a chiazze per il pianto incessante che mi accompagna da ieri sera.
"Hai detto che ha rischiato, hai usato il passato, quindi..."
Papà solleva la sguardo. "Si sono adoperati per il necessario."
Guardo a terra, cercando di riprendere fiato.
"Ha avuto un'abbondante emorragia interna dovuta all'urto e all'impatto violento." La voce gli si smorza e tira su con il naso, poi si passa una mano tra i capelli, portandoli indietro.
Mi sento le mani tremare. "Sono riusciti a fare qualcosa?" chiedo, temendo la risposta.
Papà annuisce. "L'hanno operata d'urgenza stanotte, sono riusciti a contenere l'emorraggia e a drenarla."
Faccio un respiro di sollievo. "Per cui adesso sta bene?" chiedo con voce tremolante.
Papà mi fa sì con la testa. "Per quanto però si possa affermare ciò."
"Dov'è la mamma?" esclamo, vedendomi intorno. Non l'ho ancora vista.
Mio padre si stacca dal muro e si avvia nuovamente verso la porta. Io lo seguo come un cagnolino. "L'intervento è durato tantissimo" riprende papà, spiegandomi, "dopodiché tua madre è stata portata nella stanza di Jennifer una volta uscita dalla sala operatoria."
Annuisco e mio padre, giunti di fronte la porta, bussa con le nocche. Poi la apre e mi lascia passare per prima. Mi giro, guardandolo ancora sotto l'arcata della porta. "Vogliono che si entri uno alla volta."
Annuisco, ingoiando a vuoto. Chiudo la porta, piombando in un silenzio tombale. Mi inoltro nella stanza, notando la sedia vuota accanto al letto dove probabilmente mia madre ha trascorso le ultime ore della notte, poi sposto il mio sguardo sul giacinto di mia sorella. Mi avvio verso di lei con le gambe che non sembrano reggere il mio peso. Sposto di poco la sedia e mi lascio cadere sopra pesantemente, guardando finalmente mia sorella che, grazie a Dio o a chiunque l'abbia protetta, respira ancora. Il petto che si alza e si abbassa lentamente mi toglie un peso dal cuore che non avevo sentito di avere. Il suo capo è appoggiato delicatamente al centro di un cuscino grosso e morbido, i capelli le sono chiusi in una cuffietta verde. Gli occhi sono chiusi, uno di essi è leggermente cerchiato di viola e ha un cerotto a contenere una ferita sulla guancia destra. Il filo dei sondini nel naso le scende lungo il collo lungo, poi si sposta sulla sinistra, cadendo dall'altra parte del letto. Il lenzuolo bianco le copre il corpo formoso, le braccia sono appoggiate al lato del suo busto. Ha una flebo infilata nel dorso della mano, e l'incavo del braccio è cosparso di lividi violacei. Le labbra sono esangui e leggermente separate tra loro. Mi morbo il labbro inferiore tra i denti e scoppio a piangere, incrociando le braccia e appoggiandomi sul lato del letto. Per tutta la stanza risuonano solo i miei singhiozzi.
Ho rischiato di perdere mia sorella la notte appena trascorsa. Il pensiero che un giorno potesse accadere non mi aveva mai scalfito minimamente, ma l'evidenza mi ha colpito con una forza tanto brutale da ritrovarmi impreparata di fronte a ciò.
Di certo non ci si aspetterebbe mai che possa accadere qualcosa alle persone che si amano, ma quando succede, nessuno riesce a capacitarsene. Quando sollevo di nuovo lo sguardo, la vedo immobile, nel suo letto, che continua a respirare piano e il computer alle sue spalle che registra i battiti cardiaci. Le prendo delicatamente la mano, chiudendola nelle mie che sicuramente sono freddissime a contatto con la sua pelle accaldata. Il suo addome si alza e si abbassa e non posso fare a meno di pensare alla cicatrice che l'ha salvata e che ora le ricoprirà tutto il ventre.
Non so per quanto tempo rimango così, so solo che la porta alle mie spalle si apre e la mamma entra, appoggiando le sue mani sulle mie spalle esili. "Devi andare" dice con un soffio. A causa delle urla di stanotte, ha perso tutta la voce. Annuisco e lascio la mano di mia sorella, ponendola piano sul materasso, poi mi alzo e abbraccio mia madre, prima che mi spinga di nuovo a lasciare la stanza. Quando esco, vedo Jason nel corridoio che picchietta il piede per terra. Poi un lampo improvviso mi fa ricordare il perché io sarei dovuta venire in ospedale, il perché di tutto questo, come una lenta e inesorabile conseguenza di quanto è successo a Niall.
Mi accosto a Jason, afferrandogli un braccio e scuotendolo. "Portami da lui."
Non ho idea di come io possa apparire, con gli occhi lucidi e arrossati, le labbra screpolate, i capelli sfatti e il viso a chiazze rubiconde, so solo che non mi interessa. Jason annuisce e quasi corre dall'altra parte del corridoio. Saliamo al secondo piano e mi conduce fino ad un stanza. "Abbiamo il risultato degli esami che gli hanno fatto" dice, bussando su una porta azzurra.
Lo guardo, non sapendo cos'altro aspettarmi da questo schifo.
"Hanno tentato di strangolarlo."
Impietrisco.
No, non può essere vero.
Non è concepibile una cosa del genere.
"Ma com'è possibile!?" urlo, sgomenta. Jason stringe la mascella e abbassa le sopracciglia scure.
"Una pattuglia sta esaminando le riprese per capire chi è stato."
"Ma Niall adesso-"
Jason, prima che possa finire di parlare, apre la porta e seduto contro la testiera del letto c'è Niall.
Apro la bocca, fiondandomi dentro. Un'infermiera gli sta porgendo un bicchiere d'acqua.
Fisicamente mi da subito l'impressione di stare bene.
Mi avvicino al letto con cautela. Jason è alle mie spalle e richiude la porta.
Niall gira la testa verso di me, mentre solleva piano il bicchiere sulle labbra. L'infermiera lo riprende svuotato e con un cenno di saluto nella mia direzione esce dalla stanza, lasciando noi tre da soli. Mi avvicino titubante al letto, guardando qualsiasi reazione da parte di Niall.
All'improvviso sorride, nonostante abbia un collare intorno al collo. Mi siedo alla base del letto e lo guardo, lasciando che le mie labbra abbiano un piccolo guizzo nell'angolo.
"Non ho la lebbra, ragazzi" prova a dire Niall, ma la sua voce è inudibile. Avrà avuto senza dubbio un danno alle corde vocali. E' rauca, bassa e sembra impiegargli un notevole sforzo.
"Non devi parlare per forza" dico, sollevando un mano. "Puoi farci capire con i gesti."
Niall ci mostra il pollice.
"Ricordi qualcosa?" chiede Jason, appoggiandosi con le mani alla base del letto. Niall fa di no con l'indice, abbassando gli occhi. Sono leggermente arrossati e le sopracciglia sono abbassate, dispiaciuto. Mi fa male il cuore vederlo così.
A dir la verità, il petto mi duole per ogni cosa ormai.
"Proprio niente?" richiedo, sbattendo le palpebre.
Niall stringe le labbra, smuovendo di nuovo l'indice negativamente. Poi gli vedo scendere una lacrima sulla guancia ed è la goccia che fa traboccare il viso. Con un saltello mi avvicino di più a lui e gli avvolgo le braccia sulle spalle, avvicinandomi al suo petto. "Ti prego, non piangere. Va tutto bene, adesso.." dico, sentendo una lacrima solitaria abbandonare il mio occhio arrossato. "Va tutto bene." Rincaro la dose. "Ti prometto che scoprirò chi è stato, okay?" dico, scostandomi e raccogliendogli la lacrima con il pollice. Il suo sguardo è leggermente annebbiato e il collare gli immobilizza la testa. Ha una flebo infilata nel braccio pallido e dalle vene evidenti.
Jason fa un leggero colpo di tosse.
"Mi hai fatto prendere un bello spavento, Niall" dico, stringendo le labbra.
Il biondo mi guarda, spalancando gli occhi cerulei e indicando con vigore il corridoio fuori dalla porta, mentre con le labbra mima il nome di mia sorella.
Ingoio a vuoto.
"Lei...ha passato momenti peggiori" gli rispondo. Non posso farlo soffrire più del dovuto, considerando che Jennifer era qui nei paraggi per lui. Non che sia stata colpa sua, non mi sento di puntare il fucile contro qualcuno. Nessuno lo merita. A parte la persona che c'è dietro tutto questo. E io aiuterò a trovarla.
Niall chiude per un attimo le palpebre, dopodiché mi alzo in piedi e gli accarezzo la guancia. "Verrò a trovarti, okay?" gli dico, poi gli lascio un bacio sulla guancia, uscendo dalla stanza e lasciandolo nelle mani di Jason.
Non ricorda nulla di quello che gli sia successo. Niente. E questo non fa che peggiorare ulteriormente la situazione.
Quando esco nel corridoio, percorro il percorso al contrario, scendendo al primo piano. Josh è nell'atrio e sta piangendo. Quando mi vede, mi corre incontro e mi stringe a sè, smorzandomi il respiro. Gli appoggio una mano in mezzo alle spalle.
"Sono così arrabbiato" dice tra le lacrime. E' più basso di me, e mi sembra di stare accarezzando un fratello minore, invece di un attore miliardario di più di trent'anni.
"Lo sono anche io" gli rispondo, stringendo i denti. Quando si stacca mi guarda, e i suoi occhi scuri sono più profondi del solito.
"Posso andare da lei?"
Annuisco. "Assicurati però che non ci sia nessun altro, si può entrare solo uno alla volta. Ah, e non provare a svegliarla."
"Ci mancherebbe pure" mi risponde tirando su con il naso. Mi supera e si avvia verso il corridoio. Irene è ancora seduta sulla sua sedia blu e sorseggia una tazza di caffè, con lo sguardo perso per terra. Mi siedo accanto a lei, e noto che il posto di Harry è vuoto. Appoggio una mano sulla spalla di Irene.
"Grazie per essere qui."
Solleva le spalle. "Abbiamo preso il primo aereo disponibile, ma siamo arrivati comunque tardi."
Mi guardo alle spalle e noto diverse pattuglie di polizia controllare l'ingresso e ripararlo dai paparazzi addossati fuori dal cancello. "Le gemelline-"
"Sono con la vicina di casa, non sanno niente di tutto ciò."
Annuisco, comprensiva. Poi Irene mi picchietta una spalla. "Tu stai bene?"
"No" rispondo convinta. Mi sento completamente distrutta e non vedo perché dovrei mentire, dicendo il contrario. Dopotutto quello che è successo, è pure il minimo. Poi mi indica con la mano libera un punto alle mie spalle.
Mi volto e vedo Harry uscire da una porta scorrevole sul fianco. Quando mi scorge, si fionda verso di me, inginocchiandosi e appoggiando le mani sulle mie ginocchia piegate.
"Non sapevo dove fossi."
"Sono stata da mia sorella e poi da Niall" dico con un filo di voce. Harry stringe la mascella e noto i suoi muscoli tesi appena sotto la sua pelle eburnea. Le sue ciglia sono più scure e voluminose, rendendo aggrazziato ogni battito di palpebra.
Annuisce, e noto il suo pomo d'Adamo danzare lungo la sua gola.
Abbasso lo sguardo sulle sue mani grandi intorno alle mie ginocchia. Il calore dei suoi palmi oltrepassa il tessuto dei jeans e mi riscalda la pelle fredda come il ghiaccio. Si mette in piedi, mettendo un po' di forza nelle braccia.
"Ti prendo un caffè, okay?" dice, leccandosi il labbro inferiore.
Annuisco, poi mi lascia un bacio delicato sulla fronte e sparisce dall'altra parte del corridoio. Appena si allontana, sento il freddo impossessarsi nuovamente delle mie membra.
Irene si gira a guardarmi.
"E' davvero bellissimo" afferma, sorridendo con un angolo delle labbra.
E improvvisamente mi viene in mente il fatto che nessuno di loro, Irene, mamma e papà, abbia conosciuto Harry personalmente.
Annuisco, tenendo lo sguardo puntato sulla fine del corridoio dove il mio ragazzo è sparito. "Sì, lo è."
Quando riappare da un altro corridoio, regge tra le mani due tazze di cartone, porgendomene una. "Usciamo un po' fuori? Hai bisogno di prendere aria" dice, indicando la porta.
Mi alzo in piedi, lasciando Irene seduta contro il muro e la tazza ormai vuota chiusa nella sua piccola mano.
Quando varchiamo la soglia dell'ospedale, alcuni poliziotti si girano verso di noi e toccano per abitudine la loro pistola appesa al fianco. Distinguo la figura di alcuni paparazzi fuori il cancello, ma do loro le spalle e mi metto di fronte ad Harry. Solleva il suo bicchiere, leccandosi poi le labbra arrossate.
"Sai" mi dice, mordendosi l'interno della guancia. "Quando ero più piccolo, mia mamma mi ha raccontato una cosa."
Tracanno dal mio bicchiere, con il caffè che mi brucia leggermente le labbra.
"Quando andava al liceo, ha studiato un brano in cui si diceva che le sventure capitano sempre alle persone più buone, perché bisogna mettere in mostra la loro virtù."
Lo guardo, sollevando un sopracciglio, ma Harry continua.
"A volte ci chiediamo perché le cose non succedano alle persone malvagie, quelle che effettivamente meritano tutto il male del mondo."
"Già" rispondo allora, ingoiando e sentendo il sapore del caffè sulla lingua e poi lungo la gola. "A loro va sempre tutto bene. Per esempio, mia sorella è in un fottuto letto d'ospedale e non si sa come starà una volta sveglia, Niall ha un collare intorno al collo con un danno alle corde vocali mentre la persona o più che hanno fatto loro del male chissà dove sono, compiaciuti dall'operato e senza neanche un danno per quello che hanno commesso!"
Harry sembra preso da un tremolio, poi ha un rapido guizzo all'angolo delle labbra, totalmente involontario, che sparisce ancora prima che se ne possa rendere conto.
"Niall si riprenderà senza dubbio e tua sorella starà sicuramente bene" dice, tracannando dal suo bicchiere.
Lo imito, terminando quasi tutto il mio caffè.
"Per colpa sua, di chiunque esso sia-"
"Tua sorella è viva" dice duro, interrompendomi e puntando il suo sguardo verde su di me. "E' l'unica cosa di cui deve importarti qualcosa."
Stringo le labbra. No, ci sono tante altre cose di cui devo occuparmi, e non le lascerò perdere solo perché Harry mi ha detto di farlo. Non esercita, ancora, così tanto potere sulla mia vita.
Finisco il caffè, buttandolo nel cestino accanto a noi. Harry richiude il coperchio e lo getta, riversando un po' di caffè che non aveva finito.
Mi irrigidisco, sentendomi spossata e non sapendo cosa fare.
Poi Harry con una falcata mi viene incontro e mi prende il viso tra le mani, baciandomi sulle labbra.
Chiudo gli occhi per accompagnare il gesto, chiudendo le mie braccia intorno al suo collo. Entrambi i nostri sapori sono macchiati di caffeina. Improvvisamente, stretta a lui, rinchiusa nelle sue labbra morbide, mi sento leggera come una piuma, come se potessi per un attimo dimenticarmi di tutto quello che è successo in meno di ventiquattr'ore. Mi sembra di essere libera, libera di sgomberare la mente e concedermi completamente a lui, l'unico mio refrigerio. Quando fa staccare le nostre labbra con uno schiocco, sento il cuore battere a mille contro il petto, le fronti attaccate e gli occhi persi gli uni negli altri. I suoi sono così luminosi e grandi che mi sento quasi ridurre ad una briciola, come se stesse esercitando tutto il suo fascinoso potere sul mio corpo debole e momentaneamente fragile.
"Promettimi che non farai niente di stupido, Jess. Promettimelo."
Annuisco contro la sua fronte. Mi bacia di nuovo, poi pronuncia una frase che non gli appartiene.
"Tutto quello che accade, qualsiasi cosa capiti nella tua vita, è una prova da superare. Se sarai abbastanza pronta, riuscirai a scavalcare qualsiasi ostacolo ti venga posto davanti. Devi solo confidare in te stessa."
Sorrido. "Nicholas ha capito tutto di Stephanie."
Harry apre il suo viso in un sorriso correlato di fossette dolcissime. Lo bacio, staccandomi dalla sua presa, poi rientriamo in ospedale mano nella mano, le sue dita che si incastrano perfettamente alle mia come a volermi infondere tutta la forza di cui dispone e che mette a mia disposizione per farmi rimettere in piedi.

N/AEhilà! Eccomi qui con l'aggiornamento settimanale :)Credo che dopo gli ultimi due capitoli pesanti sia giusto dare un po' di tregua alla povera Jessica che si ritrova con una sorella che ha rischiato la vita e il miglior amico che non può nemme...

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N/A
Ehilà! Eccomi qui con l'aggiornamento settimanale :)
Credo che dopo gli ultimi due capitoli pesanti sia giusto dare un po' di tregua alla povera Jessica che si ritrova con una sorella che ha rischiato la vita e il miglior amico che non può nemmeno parlare. Dai prossimi capitoli sappiate che entreranno in scena nuovi personaggi che per adesso non si sono ancora manifestati, per cui rimanete sintonizzati su questa fanfiction perché se ne vedranno davvere delle belle (o brutte?).

Vi prego di votare e lasciarmi un commento.

Nel frattempo, vi faccio una domanda a  cui chiedo di rispondere:

Secondo voi, cosa sarà mai successo con Niall e Jennifer?

Mi farebbe molto piacere sapere cosa pensate dell'accaduto.

Alla prossima!🌻

P.s come ho già detto, ho aperto un libro di grafica che trovate sul mio profilo. Avete bisogno di una cover o un banner per efp? xsmiling e kaspercoffee sono qui per voi!

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