Epilogue

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Jake's Pov

Ci sono scelte che le persone devono fare nella propria vita, ognuna delle quali porta delle conseguenze che la persona ha il diritto di sopportare. Ci si fa carico di responsabilità più o meno grandi a seconda di cosa si sceglie, eppure se uno è consapevole, riesce a sostenere quasiasi cosa abbia davanti.
La mia vita è stata costellata di scelte, la maggior parte delle quali non ha avuto un esito positivo. E credo voi tutti conosciate benissimo il perché.
Giunti a questo punto, dovreste benissimo sapere cosa ne è stato della mia vita. Se ne parla in ogni angolo, in ogni bassofondo di qualsiasi città di questo mondo. Il mio caso è forse quello più conosciuto e per cui la gente prova ribrezzo. Eppure, all'interno di queste quattro mura, mi sento protetto dall'odio che la gente mi rivolge contro. In particolar modo da parte dei miei genitori, le persone che mi hanno dato vita e che mi hanno abbandonato proprio quando avrei avuto più bisogno di loro. Si sono ritrovati a ripagare tutti i danni che l'altro essere che abitava la mia mente ha prodotto, hanno dovuto estinguere tutti i debiti accumulati durante la mia breve avventura e hanno dovuto spendere tutti i loro risparmi per risolvere i problemi che ho causato.
Per sbrogliarsi da tutti i pagamenti ci hanno messo quattro mesi, quattro mesi in cui io sono rimasto da solo contro l'universo.
Contro la mia mente di cui, dopo un tempo infinito, sono riuscito a riprendere in mano le redini. La mia presa ancora non è troppo salda, potrebbero scivolarmi dalle dita in qualsiasi momento, ma grazie ad un piccolo sforzo in più, riesco a non farle sfuggire, chiudendo le mani a pugno.
La dottoressa Paltrow in questi mesi ha intensificato i dialoghi con me, pian piano sempre più profondi e contorti per mettere alla prova quanto riuscissi a resistere e quanto in fondo potessi andare. La stanchezza mi ha oppresso, eppure un peso sempre maggiore abbandonava lentamente il mio petto contratto. Ho saputo che qui, al centro, è stata assunta un nuova dottoressa, o meglio, sta studiando per diventarlo. E' molto gentile, cauta e sempre sorridente.
Mi fa piacere vedere qualche sorriso, ogni tanto, e non sempre il mio riflesso spento contro il vetro che mi circonda e mi isola. Si chiama Clare, ha un caschetto marrone ad incorniciarle il viso magro, due occhi marroni e un paio di occhiali sempre dritti e dalle lenti pulite. Le sue labbra sono sottili e, ho notato, le stringe sempre quando mi è vicino, come se avesse timore.
Anche io avrei paura di me, stando a quanto le voci in giro affermino sul mio conto.
Non voglio spaventarla. Mi da l'impressione di essere un uccellino appena uscito dal nido e si ritrova improvvisamente a sorvolare cieli inesplorati, nuovi e carichi di pericoli. D'altronde, non saprei proprio come essere un pericolo per lei, ingabbiato dietro questa parete di vetro.
Viene due volte al giorno nella mia stanza, portandomi da mangiare e controllando i miei movimenti. Mi sono abituato, ormai, ad essere sotto gli occhi di tutti, come un topolino diventato improvvisamente una cavia da sottoporre a nuovi medicinali sperimentali.
Credo che Clare sia più piccola di me, eppure data la sua altezza non si direbbe per niente. Di tanto in tanto, prende una sedia e si siede esattamente di fronte a me, incrociando le dita sotto al mento e sorridendomi, ascoltando qualsiasi cosa io le dica. Grazie a questi sprazzi di conversazioni, riesco a sentirmi normale, riesco a sentirmi Jake.
E' paziente con me, sente ogni cosa io le racconti, persino piccoli ricordi che non credevo di possedere ancora, nascosti appena dietro la mia mente.
Sono ancora in isolamento, non dovrei vedere nessuno, ma i dottori stanno riscontrando dei lievi miglioramenti e non vogliono interrompere il processo, non se questo significhi avere pieno controllo di me, finalmente.
Nicholas non ha più la forza di un tempo.
Le medicine e le sedute lo stanno riducendo, separando lentamente tutti i pezzi che lo compongono. Esattamente come un puzzle. Sta perdendo fattezza ed è press'a poco irriconoscibile.
Eppure sento che al minimo cedimento, i pezzi possano tornare a combaciare perfettamente, annientandomi di nuovo. Ma non devo permetterlo. Non posso lasciare che accada.
Mesi fa, solo stando accanto a Jessica Lawrence ero in me, mentre ora sto riuscendo ad essere me stesso a prescindere dalle persone o altro. E' un grandissimo traguardo, e spero il primo di tanti.
Ah, Jessica.
Beh, lei...
Lei credo stia alla grande. Ho un massimo rispetto nei suoi confronti e nonostante nei meandri del mio cuore siano celati resti di quello che ho provato per lei, sono felice che stia andando avanti con la sua vita. Se lo merita dopo tutta la sofferenza che le ho inferto.
Mi manca, ovviamente, ma è giusto così.
A chi non mancherebbe una come lei? Auguro a tutti di avere almeno una Jessica Lawrence nella propria vita, con la sua vitalità, allegria e fermezza. Sono davvero curioso di sapere cosa stia facendo adesso, come stia, se stia frequentando qualcuno, se stia bene, soprattutto.
Oggi è venerdì, c'è un sole fortissimo che investe il giardino appena dietro la porta alla mia destra, ma io non sono là fuori. Sono seduto sul mio letto, con la luce accesa sopra la testa e il libro chiuso appoggiato sulle mie cosce.
La Paltrow ha ritenuto giusto che io testassi le mie capacità intellettive, dopo le varie sedute che abbiamo condiviso.
Non ho visto un libro per quasi nove mesi.
Non ho letto niente per quasi nove, lunghissimi mesi.
Vi chiedereste come ci sia riuscito, vivendo io solo di lettura per gran parte della mia vita.
Non lo so nemmeno io, come ho fatto. Quando la Paltrow mi ha dato un libro, l'ho guardata con tanto di occhi, con le mani che mi tremavano e gli occhi sgranati. Ho temuto davvero che potessi tornare come prima solo sfogliando le pagine bianche e nuove.
Ma la dottoressa me lo ha lasciato lo stesso. "Sono sicura che ce la farai" mi ha detto, lasciando il libro vicino allo sportello. Dopodiché è uscita e sono rimasto a fissarlo da lontano.
Ora che lo tengo appoggiato sulle cosce, terminato, accarezzo la copertina levigata, tracciando con l'indice il titolo. Quando sento la porta aprirsi, sollevo lo sguardo e incontro quella della dottoressa. Entra nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle e appoggiandosi contro con le braccia incrociate sul camice bianco. Mi sorride.
"Dunque?"
Avevo paura che qualsiasi fosse stato il personaggio del libro potesse prendere possesso di me, potesse ridurmi nuovamente in brandelli e usarmi come un burattino. Ma non c'è riuscito.
Ho vinto io.
Sollevo il libro con una mano, sorridendo alla dottoressa. "Aveva ragione lei. Ce l'ho fatta."

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