CAPITOLO 5

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-Emily.

Finalmente dopo otto ore stancanti di scuola sono arrivata a casa. Vado in cucina per mangiarmi qualcosa e trovo Kathrin intenta a sistemare il piano cottura. Mi siedo a tavola e addento una mela, ancora nessuno delle due ha spiaccicato parola. Forse non parla per paura di dire qualcosa di troppo e subirsi un'altra delle mie sfuriate, stamattina penso di avere proprio esagerato con lei. Anche se ho detto quello che penso, credo sia giusto chiederle scusa. Non voglio che per nessun motivo si allontani da mio padre, figuriamoci se poi dovessi essere io la causa dei loro problemi. Non voglio che mio padre cadi di nuovo in quel baratro d'infelicità dove sono caduta anch'io, lui ha trovato il modo per uscirne, ha trovato una ragione per amare di nuovo.

<Kathrin.> dico in un sussurro, abbassando lo sguardo.

<Dimmi Emily.> avevo paura che non mi avesse sentito.

<Perdonami per stamattina.>

<Tranquilla...> si volta per poi rivolgermi un caloroso sorriso, ma non la lascio finire di parlare.

<No Kathrin, non sto tranquilla. Ho sbagliato a risponderti in quel modo e a mancarti di rispetto, ma è sempre stata mia madre ad intromettersi nelle discussioni mie e di mio padre e vederti prendere le sue difese mi ha fatto ricordare lei e ho reagito male.> è così.

<Emily, non devi sentirti obbligata a chiedermi scusa solo perché te l'ha chiesto Dominic, va bene anche così.> sembra rassegnata al fatto che io e lei non andremo mai d'accordo.

<Non mi ha detto nulla papà, sentivo di chiederti scusa e l'ho fatto.> crede davvero che sia una di quelle figlie che fa tutto quello che le viene chiesto? Se è così si sta sbagliando di grosso!

<Grazie Emily, lo apprezzo.> adesso sembra più serena.

Ma non è finita qui. <Kathrin, voglio dirti una cosa però.> prendo un bel respiro e continuo. <Non sarà facile con me, forse ci saranno altre occasioni che la mia rabbia o il mio dolore prenderanno il sopravvento e parleranno al mio posto, ma sappi che io sono in debito con te. Hai fatto rivivere mio padre, gli hai ridato quella serenità e quella felicità che aveva perso da tanto tempo, oramai, quindi grazie. Grazie di vero cuore.> sono in debito con lei.

Delle lacrime le rigano il volto ma continua a guardarmi negli occhi. È troppo strana la situazione che si è creata, avrei voglia di andare lì e abbracciarla, dirle che andrà tutto bene, che non deve farsi abbattere da delle parole dette per rabbia ma non faccio niente di tutto ciò. Vedo che si asciuga le lacrime con un tovagliolino di carta e abbassa lo sguardo. Il suo disagio si percepisce a chilometri di distanza ma voglio dirle l'ultima cosa. <Ti chiedo solo di essere paziente con me. Non mollare tutto perché è difficile, non abbandonare mio padre perché il mio atteggiamento rende tutto impossibile da gestire, non lasciare che mio padre soffra a causa mia e del mio brutto caratteraccio.>

<Emily, io...> forse è troppo scossa dalle mie parole per formulare qualcosa di sensato da dire, ma va bene così. Ho sempre pensato che i gesti valgono molto più delle parole.

<Sta tranquilla, non devi dire nulla.> mi alzo dalla sedia ma mentre mi avvio verso l'uscita della cucina, vengo fermata dalla sua voce.

<Non mollerò, non lascerò tuo padre, anche lui è stata la mia salvezza.> stringe forte quel pezzo di carta tra le mani e ritorna a guardare per terra.

<Promesso?> le rivolgo un tenero sorriso.

<Promesso Emily.> la guardo per qualche istante e noto che il suo corpo trema. In questo momento è così fragile ma mi limito ad annuire, per poi uscire completamente dalla stanza. Spero vivamente che mantenga la sua promessa.

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