CAPITOLO 11

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-Alexander.

La festa di Jessica è riuscita davvero bene. Sono da solo al bancone dei cocktail ma a quanto pare ancora per poco, dato che vedo Jessica, in lontananza, venire verso di me.

<Ciao amore, ti piace la festa?> mi chiede mentre mi allaccia le braccia al collo e si avvicina a me. <Si, complimenti piccola.> mi avvicino alla sua guancia e le stampo un tenero bacio. La vedo sorridere soddisfatta e rimaniamo un po' a parlare. <È stato carino da parte tua organizzare una festa per la vittoria della squadra> le dico.

<Ero sicura che avresti vinto.> sorride. <Sei sempre un grande tu.> mi sussurra all'orecchio in modo ammiccante.

In lontananza vedo Emily e noto che si guarda intorno spaesata, penso si trova in imbarazzo. Rimango a fissarla per un po' ma appena Jessica si mette davanti a me la perdo di vista. <Scusa tesoro ma devo andare.> le dico, staccandomela di sopra.

Raggiungo Emily e la colgo alla sprovvista. <Beh, non me la sono cavata per niente male oggi.>

Sorride beffarda. <No, lo ammetto. Sei stato davvero bravo alla fine.>

<Cos'è? Ho appena ricevuto un complimento da Emily Jackson?> dico con fare teatrale.

<Si, forse uno solo e piccolino.> ride. Rimaniamo a parlare un po' del più e del meno, gli offro anche qualcosa da bere. Per la prima volta stiamo parlando senza litigare o mandarci frecciatine e devo ammettere che non è poi così male.

<Alex, vieni a brindare con noi.> ci interrompe Austin.

<Scusa, ma devo andare adesso.> mi rivolgo ad Emily e lei fa un cenno di approvazione con la testa. Mi allontano e trovo tutti i ragazzi della squadra con un bicchiere di champagne in mano. Me ne porgono uno e all'unisono alziamo i bicchieri brindando a questa meravigliosa serata. Sono davvero contento che abbiamo vinto, ora ci aspetta solo la finale.

La festa prosegue davvero bene, ci divertiamo tantissimo e la maggior parte della gente qui dentro è letteralmente ubriaca. Sono quasi le tre del mattino e penso sia ora di ritornare a casa, sono distrutto. Mentre poggio il bicchiere sul bancone, sento una voce che mi chiama e mi volto verso la sua direzione.

<Emily, come mai ancora qui?>

<Ecco, vedi...posso venire a casa con te?> sembra quasi in imbarazzo.

<Vorresti uccidermi mentre guido, così ti liberi di me una volta per tutte, vero?> gli chiedo divertito.

<Vorrei farlo ma mi serve un passaggio.>

<Va bene, aspettami fuori che arrivo fra poco.> e così fa.

Saluto i ragazzi, ringraziandoli della bella serata e dopo essermi dato appuntamento con Josh per domani mattina a scuola, lo saluto ed esco anch'io. Vedo Emily appoggiata ad un muretto che guarda lo schermo del suo cellulare sorridendo. È così bella e così in pace con sé stessa in questo momento. Vorrei vederla più spesso così, vorrei che fosse sempre così sorridente. Come mi avvicino, mi nota e si fa seria. Mi affianca, posando il cellulare nella tasca posteriore dei suoi jeans e continua a guardarmi mentre ci avviamo verso la mia moto.

<Alex, posso chiederti un favore? Per quanto riguarda la corsa alla pista, puoi evitare di parlarne a papà di quello che è successo se dovesse capitare?> dice da un momento all'altro.

<Dominic non sa nulla, vero?>

<Beh, no.> da una parte riesco a comprenderlo.

<Tranquilla, non saprà nulla da me.>

Arrivati davanti alla moto prendo un casco per lei e mi guarda in un modo strano mentre l'aiuto a indossarlo, ma decido di non farci tanto caso, così dopo aver finito con lei, indosso il mio e salgo sulla moto. Levo il cavalletto, accendo il motore e aspetto che salga anche lei ma quando parto, le sento strozzare un urlo. <Emily, tieniti a me sennò cadrai.> stranamente mi ascolta e si aggrappa ai miei fianchi, stringendo forte.

Arriviamo a casa verso le tre e mezza. Posteggio la moto, facendo attenzione a non svegliare mia madre e Dominic, che dormono nella stanza sopra al garage.

<Ti va di state ancora un po' fuori? Potremo sederci nella panchina in giardino.>

<È tardi e dovrei andare a letto, Emily.> abbassa lo sguardo e resta in silenzio. Forse ci sarà rimasta male.

<Ti va se saliamo in camera mia?> le propongo.

Annuisce entusiasta ed entriamo in casa. Facciamo attenzione a non fare rumore su per le scale e una volta entrato in camera, prendo dei vestiti puliti e mi dirigo in bagno a cambiarmi. Appena rientro vedo che si è seduta sul letto e tiene in mano una mia foto da piccolo. Alza gli occhi dalla foto e incrocia il mio sguardo.

<Lui è tuo padre?> mi chiede.

<Si, quella foto è stata scattata il giorno prima della sua morte.> strana la vita, vero? Il giorno prima abbracci tuo padre e il giorno dopo non puoi neanche più vederlo. Mi siedo di fronte ad Emily e lei posa la foto al mio fianco continuando a guardarla.

<Posso chiederti come è successo?> la sua voce è flebile. Sa di aver toccato un tasto dolente.

<Stai cercando di conoscermi, Emily?> la sua espressione si fa seria. Si sarà ricordata quando lei stessa si è opposta quando ho cercato di conoscere parte del suo passato. Abbassa lo sguardo sconfitta ma subito dopo mi guarda dritto negli occhi. Il suo sguardo fa quasi paura.

<Si, Alex. Adesso basta muri, basta maschere, basta armature dietro le quali nascondersi. Voglio conoscerti ma non per ciò che mostri a gli altri, ma per ciò che sei realmente.>

Forse potrei fidarmi. Non so per quale assurdo motivo ma sento di poterlo fare.
In fondo ha vissuto tutto lo stesso dolore che mi ha accompagnato e che mi accompagnerà per il resto della mia vita. Il dolore per aver perso qualcuno che non potrai riavere più indietro.

<Quel giorno stavamo accompagnando Jasmine al saggio di danza. Eravamo in macchina e vidi in una vetrina di un negozio un pallone, e cercai in tutti i modi di convincere mia madre a comprarlo. Lei non voleva, mio padre si, diceva sempre che sarei diventato un campione nello sport. Così tornò indietro e si fermò davanti all'entrata del negozio, io mi fiondai fuori dalla portiera e mia madre fece lo stesso. Stavo per aprire la porta quando un camion andò a sbattere contro la nostra auto. Papà morì sul colpo, Jasmine rimase in coma per tre giorni.> faccio una pausa. <Alla fine il suo cuoricino era troppo debole per continuare a battere. Si scoprì che l'autista del camion era ubriaco e tutt'ora si trova in carcere.> mi sento pugnalare dai ricordi.

<Ora capisco...> dice. <Perché non bevi quasi mai, la passione per lo sport, il tuo prenderti cura di tua madre.> Mi abbraccia immediatamente stringendomi a sé con una tale delicatezza che non avevo mai visto prima.

<Ti senti responsabile.> continua. <Non devi Alex, non hai colpe.>
<Grazie Emily, grazie davvero.> la stringo un pò più forte.

<Ma figurati, in fondo non siamo così diversi io e te.> mi rivolge un mezzo sorriso staccandosi delicatamente dalla mia presa.

<Vorresti dire che ci accomuna il dolore di una perdita?>

<Si, a volte il dolore avvicina due persone più di quanto immagini.>

Faccio un cenno d'approvazione con il capo e abbasso lo sguardo. <Si è fatto tardi ed è meglio andare a letto.> lei mi guarda e annuisce. <Buonanotte Emily.>

<Buonanotte Alex.> dice chiudendosi la porta alle spalle.

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