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"Adesso capisco" disse fissandomi "non posso commentare perchè probabilmente potrei essere uno di quei ragazzi" rise.
"Non è molto divertente, comunque lei non sa niente e spero non lo venga mai a sapere" sbuffai.
"È davvero bella, guardala" notai che si era incantato, così mi fermai a guardarlo.

Anche lui era davvero bello. Sicuramente era alto quanto Clay, aveva un colorito olivastro, capelli corti castani e gli occhi marroni, muscoli scolpiti e asciutti che sguizzavano dalla maglietta nera che indossava.

Mi risvegliai dal mio stato di trance e ricordai ciò che aveva detto. Lo aveva detto apposta, non ne dubitavo. E mi fece infuriare, così mi alzai di scatto e andai verso la porta. "Se devi stare qui per dirmi quanto è bella e quanto vorresti fartela puoi anche andare" aprii la porta ed indicai fuori.

Si alzò anche lui e mi raggiunse.
"Posso pur sempre accontentarmi di te se lei adesso sta dormendo" fece un ghigno e senza accorgermene gli tirai uno schiaffo e chiusi la porta.

Mi buttai sul letto, non mi interessava ciò che diceva lui, è solo che dopo un po' fa male sentirsi dire sempre la stessa cosa.
E con quel pensiero mi addormentai.

Apro la porta e vedo la mamma che sta piangendo, ha in braccio Mia. Perchè la mamma sta piangendo?
"Mamma perchè piangi?" le chiedo. Mi guarda con tenerezza, ma a me sembra triste. "Niente tesoro, la mamma é solo un po' triste. Ti voglio bene lo sai vero?" io annuisco. "Adesso va' in camera tua e ricorda che la mamma ti ha sempre voluto bene" mi sorride ma non è felice. "Anche io ti voglio bene mamma" la abbraccio e me ne vado in camera. Mentre ci vado sento la mamma singhiozzare. Chiudo la porta. Quando la riapro i singhiozzi sono cessati.

Mi svegliai di soprassalto. Di nuovo lo stesso incubo. Mi alzai e andai in bagno, aprii l'acqua e mi feci una doccia veloce, mi vestii ed uscii dal bagno. Alex stava ancora dormendo perciò le lasciai un biglietto che sarei andata a fare colazione con Clay e poi sarei andata a lezione.

Mi diressi verso il bar più vicino al campus entrai. Ordinai un cappuccino e presi una pasta, mangiai velocemente ed andai verso un parco un po' isolato.
"Pronto?" la voce di mio padre rispose al telefono.
"Papà, sono io, Lia" avevo una voce triste, colpa del sogno, ma ero felice di sentirlo. "Lia! Tesoro mio! Come stai?" domandò mio padre, anche lui era felice di sentirmi, lo capivo dal tono di voce.

Mio padre era un uomo abbastanza conosciuto nella città in cui viveva, era l'imprenditore di una ditta di costruzioni. Era sempre stato abbastanza bello, ma da quando accadde tutto si era lasciato un po' andare. Da tre anni stava con Amanda e si era ripreso abbastanza.

Parlammo del più e del meno, gli raccontai del college, di Clay e del mio incubo. "Lia devi parlarne con qualcuno, dobbiamo cercare di superlarla. Io ci sto riuscendo grazie ad Amanda, non è brutta cosa sai? Anche Clay la sta superando. Insomma, impariamo a conviverci. Devi solo trovare un modo anche tu capisci?" era diventato più triste, si sentiva nostalgia in ciò che diceva.
"Lo so papà, è solo che non ci riesco" sbuffai un po'.
"Adesso devo andare a lezione, ci sentiamo. Ti voglio bene" lo salutai e chiusi la chiamata.

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