Mauro era mio amico fin dalla prima superiore.
Ricordo ancora il giorno in cui, in mutande, negli spogliatoi del liceo, si era messo davanti allo specchio dicendo "Oh, sono un gran figo!" facendoci ridere a crepapelle. Va detto che era possente quanto un puffo e sfoggiava una forma da Barbapapà. Era simpatico, però. Piaceva a tutti.
Così, quella sera, aveva più volte provato a farmi ridere. Eravamo seduti al solito tavolo in un angolino della nostra cara vecchia birreria, e io sorseggiavo la mia Tennent's super guardando il legno consunto sotto il boccale con una certa insistenza.
"Pensieroso... Preoccupato per il concorso?" desistette dal farmi divertire a tutti i costi, rivolgendosi a me con una serietà che poco gli si addiceva. Alzai lo sguardo su di lui, ma ero distratto, e non riuscii a rispondergli in tempi ragionevolmente brevi. "Voglio dire, sei preoccupato per il tuo dottorato di ricerca con Cicchelli?" insistette.
Io riabbassai lo sguardo, scossi la testa. Poi gli risposi: "So che ce la farò, ed è proprio quello che non mi..."
"Siamo in Italia," mi interruppe Mauro, "niente scrupoli morali dell'ultimo minuto! Lo sappiamo tutti che questo concorso sarà pressoché fittizio e che hanno già scelto te ma, non dimenticarlo, ti hanno scelto perché sei stato un ottimo studente. Il professor Cicchelli non avrebbe alcun interesse a prendere uno che, magari, fa un concorso meraviglioso ma poi non ha voglia di fare un tubo, o non si trova bene con lui. Ti conosce e ti ha scelto perché sa come lavori, questo è quanto. A meno che, anziché collaborare alle sue pubblicazioni, tu non gli abbia offerto il posteriore..."
"Smettila," sorrisi, poi ridacchiai, complice la birra, "mi sento a disagio, continuo a ripetermi esattamente quello che mi hai appena detto, mi dico che se non fossi io sarebbe un altro come me, scelto con lo stesso identico criterio, ma... sono a disagio." spiegai. E sospirai, riprendendo a fissare il cerchio umidiccio lasciato dal mio boccale, ormai vuoto, sul legno chiaro del tavolo rustico.
Mauro non aggiunse altro, visto che ci aveva tentato tutta la sera ed era troppo anche per lui.
Dal canto mio, avevo sempre più voglia di vuotare il sacco. "Usciamo da qui? Sono stanco, vorrei tornarmene a casa." proposi.
Mauro annuì, si mise in piedi e si diresse fuori dal locale.
Lì presi un bel respiro, mi dissi che con lui potevo confidarmi: "Hai... hai presente la battuta sull'avergli dato il posteriore?"
Mauro mi guardò di sottecchi. Per inciso, sono sempre stato un ragazzo piuttosto affascinante, anche se non appariscente come Bruno, e le mie tendenze sono quelle giuste per sedurre il professor Cicchelli o, almeno, per tentarci; così, Mauro continuava a guardarmi tra il perplesso e il preoccupato senza saper commentare. Indeciso se accogliere la mia esternazione in senso letterale o meno.
"Stavo per chiederti se mi prendi per il culo, ma sarebbe un'uscita più che mai fuori luogo," commentò infine.
"Ecco," mi agganciai io, "hai colto. Sento di avergli in qualche modo offerto il posteriore, ma" e sottolineai per bene la congiunzione avversativa "solo in senso metaforico. Ho accettato di... fare una cosa per lui."
"Sarebbe?"
"Mi ha detto che all'università c'è un ragazzo problematico, uno che ha difficoltà a farsi degli amici, che è sempre da solo, per cui lui è molto preoccupato."
Feci una pausa, intento a ricordarmi le esatte parole del professore, cosa che non mi riuscì.
"E quindi?" mi spronò Mauro.
"Quindi mi ha chiesto di farci amicizia e vedere se frequenta i corsi. Specificando che voleva sapere... come sarebbe andata."
E il silenzio calò.
Mi diedi dello stupido per aver immediatamente accettato l'incarico senza battere ciglio, mentre era ovvio che il mio amico aveva trovato qualcosa di strano in quella faccenda fin da subito.
"Ma è... tipo... un suo parente ritardato? Non sono sicuro di aver capito." mi chiese, dopo aver riflettuto per un po'.
Scossi la testa. "Né suo parente, né ritardato." spiegai.
E lui fece di nuovo silenzio.
Non osava dirmelo, ma era ovvio che lo stava pensando: avevo accettato di fare qualcosa a cui nemmeno sapevo dare un senso. E meritavo il disagio che stavo provando.
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Il mondo oltre i confini
Spiritualité"Tutta la saga "Oltre i confini" si basa sul presupposto che la realtà materiale, quella dove viviamo la nostra vita di tutti i giorni, non sia l'unica realtà esistente. Esiste infatti un'altra realtà, quella immateriale, dove dimorano gli spiriti...