Avevo ripreso a spiarlo, ma questa volta per scopi personali.
Avevo passato tutto il pomeriggio a ciondolare nei pressi del suo negozio, e lui non sembrava avermi notato. Io invece avevo avuto modo di aggiungere, alla lista delle stranezze del mio ragazzo ombroso, la passione per la chiromanzia. Glielo avevo visto fare un paio di volte: si concentrava sulla mano del cliente di turno, entrava nel suo mondo misterioso per alcuni secondi, poi spariva nel retrobottega e ne usciva con preparati artigianali che, incredibilmente, regalava. Osservando tutto ciò da dietro la vetrina non avevo modo di godermi lo spettacolo per bene, ma potevo ben immaginare quanto il ruolo di stregone del villaggio gli calzasse a pennello, dato che lo avevo visto in azione su di me.
Ai suoi clienti regalava preparati miracolosi.
A me aveva invece donato un enigma, e sempre più domande si affollavano nella mia mente.
Stavo chiedendomi se fosse il caso di attendere il suo prossimo cliente speciale per poi entrare al momento giusto e poter fare qualche domanda in merito, quando scoppiò un litigio tra lui e quella che intuì essere sua sorella.
Prima di tutto, lei andò a lamentarsi di qualche cosa; dietro la vetrina non potevo sentirli, ma si capiva che si stava infervorando sempre di più. E lui nulla, sosteneva quella rabbia crescente come si fa con una conversazione sul tempo atmosferico. Lo immaginai rispondere sarcastico come a volte aveva fatto con me, mi scappò un sorriso. Poi, però, si alzò da dietro la cassa e se ne uscì in strada, lasciando sua sorella incredula e incapace di reagire a quel cambiamento improvviso. E non fu l'unica.
Bruno invase il marciapiede e mi travolse.
"Mi scusi," disse, poi mi sorrise e mi aggirò per continuare la sua fuga dal posto di lavoro.
Mi scusi, mi ripetei. Eppure mi aveva visto in faccia, e bene. E ci eravamo salutati solo qualche ora prima. Provai a chiamarlo, ma non mi considerò.
Ma è tipo... un suo parente ritardato? Aveva chiesto Mauro. Bruno non era ritardato, anzi, mi era sembrato molto intelligente, però, per essere strano, lo era.
Iniziai a camminare verso l'università, seppur con poca convinzione. Volevo saperne di più, era più forte di me.
Raggiunsi il dipartimento di ricerca dove risiedeva Cicchelli. Lui sapeva, sapeva certo più di quanto mi avesse detto. E forse non mi aveva mentito del tutto: era plausibile che Bruno avesse qualche difficoltà a fare amicizia per via delle sue stranezze, ma questo non poteva essere il solo e unico motivo per cui mi era stato chiesto di spiarlo.
"Dov'è il sorcio?" domandai, sottovoce, a una delle sue collaboratrici.
Lei mi sorrise, indicò l'ufficio di Cicchelli con un movimento del capo. Ringraziai e mi preparai ad affrontarlo.
Bussai alla sua porta.
"Avanti," rispose lui.
Lo trovai curvo sulla scrivania con alcuni documenti tra le mani; li tratteneva con entrambe e ci portava il viso puntuto a pochi centimetri. Un ratto con un pezzo di formaggio da difendere a ogni costo.
Tuttavia, quando mi vide mollò la presa e: "Mi racconti!" spronò.
"Il punto è che non ho nulla da raccontare." mentii io, diplomatico.
"Nulla? Ma almeno lo ha incontrato?"
"Sì, certo. Ci ho scambiato qualche parola, sembra tutto normale."
"E chi ha detto che non lo sia?"
Altra scena muta. Già, chi aveva detto che non lo fosse? "Mi aspettavo... beh, lei ha parlato di un ragazzo problematico," tergiversai.
"Trova che non lo sia? Meglio, meglio ancora."
Ma non sembrava lo pensasse, anzi. Cicchelli si era visibilmente innervosito, ma io dovevo sapere: "Il punto è che inizio a chiedermi perché lo sto facendo," dissi, leggermente intimidito.
Il professore trasse un respiro profondo e sollevò gli occhi al cielo: "Lo fa perché io le ho chiesto di farlo."
"Temo... Temo che Bruno non gradisca troppo la mia compagnia e che prima o poi vorrà sapere perché io gli stia dietro."
Chicchelli si accasciò, teatrale, sulla scrivania. Ogni poro della sua pelle stava esprimendomi fastidio. Dovette fare un altro rumoroso sospiro, prima di rivolgersi ancora a me: "Troppo difficile? Troppo faticoso?" mi domandò.
Io mi feci coraggio: "Ribadisco, vorrei solo capire perché lo sto facendo. Deve ammettere che è di per sé una richiesta un po' particolare, poi mi aspettavo un ragazzo problematico e bisognoso, magari anche suo parente o conoscente, visto che sembra le importi tanto del suo bene, invece, proprio lui mi ha detto di non aver nessuno," protestai. Leggermente più fiero di me.
Cicchelli ripeté la tiritera di sospirare e abbattersi visibilmente, aggiungendo questa volta anche qualche movimento spazientito con la testa. Poi mi guardò dritto negli occhi e confessò: "Io e lui abbiamo avuto una storiella e ora ho paura che mi crei problemi, ecco tutto." Mi guardò, io sostenni lo sguardo per qualche secondo, ma presto i miei occhi scivolarono sulla sua fede nuziale. "Appunto. Senza contare le implicazioni deontologiche, se facesse credere di avere ancora a che fare con me ora che studia qui," aggiunse.
"Sembrava tanto timido e sulle sue, non avevo immaginato. E poi, non avevo idea di queste sue inclinazioni," dissi io, pensando che lui, invece, conosceva di certo le mie; probabilmente, proprio per questo si era rivolto a me.
"Timido o no, lei non dovrebbe aver problemi a far credere al ragazzo che lo sta seguendo a scopo... ludico-ricreativo." confermò il professore.
"Quindi, quel che vuole davvero è che io riferisca se sento dire a Bruno qualche cosa di spiacevole nei suoi riguardi?"
Cicchelli annuì. Poi si rimise curvo sui suoi fogli e non mi salutò.
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Il mondo oltre i confini
Spiritual"Tutta la saga "Oltre i confini" si basa sul presupposto che la realtà materiale, quella dove viviamo la nostra vita di tutti i giorni, non sia l'unica realtà esistente. Esiste infatti un'altra realtà, quella immateriale, dove dimorano gli spiriti...