Il coltello #5

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Avevo intenzione di tornare alla carica il giorno seguente, ma Bruno si fece attendere, non presentandosi a lezione per l'intera settimana.

"Bruno," lo chiamai, quando una mattina riuscii a scovarlo seduto tra le ultime file, "come stai? Non ti vedevo da un po'..."

"Quale parte di lasciami perdere non ti era chiara?" mi bloccò lui.

"Credevo... credevo che tu non volessi uscire con me, insomma, nulla che ci vietasse di restare amici." provai io.

"Restare amici implica essere stati amici."

E non faceva una piega.

"Bruno, scusami, ma non ti capisco. Che ti ho fatto, per esser trattato così?"

"Io invece non capisco te. Che ti ho fatto, per suscitare tutto questo interesse? Sei giovane, carino e ragionevolmente educato, forse anche abbastanza intelligente. Troverai un altro fottuto buco in cui sognare di riporre le tue parti basse, e senza fare tutta questa fatica."

Rimasi basito.

"Io... io non ci stavo assolutamente pensando, volevo solo conoscerti..." insistetti.

"Conoscermi? Mi hai conosciuto per quanto ti era concesso, ora lasciami in pace."

Aveva alzato leggermente il tono della voce. Tra questo e la volgarità usatami poco prima, ci ritrovammo puntati addosso gli occhi di due file di studenti.

"Ti prego, abbassa un po' il volume e spiegami perché..."

"Lasciami perdere ed eviterai questa colossale figura di merda." concluse. Senza abbassare la voce.

Mi allontanai confuso e poco convinto, tanto che, pochi secondi dopo, invertii la rotta.

"Ascoltami un attimo," gli dissi, "poi ti lascerò perdere come mi hai chiesto. Un uomo, un uomo bassino con gli occhi azzurri e la faccia da topo, cinquantenne, mi ha chiesto di... di venire qui a conoscerti. Non volevo fare nulla di male, te lo giuro, ma ora mi sento dannatamente in colpa e suppongo che tu lo abbia scoperto e che io ti debba delle scuse..."

Il suo sguardo si inasprì: "Occhi azzurri e muso da topo? Voglio il nome..."

"Il nome? Ma allora non lo avevi scoperto?"

"Sapevo solo che, prima di tutto, mi hai preso in giro sulla tua presenza qui, poi, mi hai spiato per mezza giornata, facendomi oltretutto litigare con mia sorella. Ed era sufficiente per non avere alcuna voglia di frequentarti, dato che non so altro su di te e che quindi non ci sono punti a favore che bilancino il resto. Ora, però, voglio il nome di chi ti ha chiesto di venire a provarci con me..."

D'improvviso mi sentii uno schifo. Avevo fatto cose che mi sembravano, se non giuste, quantomeno comprensibili. Perdonabili. Insomma, avevo spiato un ragazzo sfuggente restandomene fuori dal suo negozio, al freddo, senza dar fastidio a nessuno. Era un gesto così infido come lui lo dipingeva? E poi, come poteva essersene accorto e tutto quanto per poi uscire di lì dandomi del lei?

"Allora?" incalzò.

"Allora cosa?" domandai, distratto dai miei stessi pensieri.

"Il nome..."

"Guido." provai.

"Guido che? Il cognome?"

"Guido Cicchelli."

E a quel punto, Bruno mi oltrepassò, travolgendomi ancora una volta come un tornado. Uscì dall'aula lasciandomi lì, solo, con l'impressione di essermi messo nei guai su due diversi fronti.

Presi posto su una delle panche di legno e seguii la lezione per salvare non so quale apparenza, ma anche per avere modo di pensare. Mi dicevo che Bruno doveva certo avere qualcosa che non andava, eppure, quando parlavo con lui, era così convincente da far sentire me in quel modo, come uno che non andava.

Completamente fuori posto, infido, persino crudele.

Pieno di dubbi e domande.

Mi sentivo in colpa fin dal primo giorno, quindi, perché non gli avevo spiegato tutto e chiesto scusa, anziché lasciare che scoprisse da sé che non ero uno studente come lui? E perché non ero riuscito a dirgli subito che mi piaceva, e che mi piaceva davvero tanto, ben più di un pensierino...

Con lui c'erano sempre state due, e non più, né meno, possibilità: fare la cosa giusta o fare quella sbagliata. E lui era la lama affilata, il separatore, la fredda precisione che espletava il mio esistere errato.

Avevo accolto senza proteste quel suo lasciami perdere, e ora lui pretendeva che lo facessi. Giusto, come obiettare? Ma io, invece, non desideravo altro che un argomento decente per darmi all'incoerenza.

Trovai quell'argomento subito dopo la lezione, quando uscii dall'aula e trovai Bruno che mi aspettava in corridoio.

Fermo, immobile. Ed estraniato, come fosse rimasto in pausa dal mondo per il tempo che ci aveva separati. Forse, nemmeno intento ad aspettare proprio me. Ma allora, cosa ci faceva lì, solo?

Gli sorrisi.

Lui mi sorrise di rimando, e io decisi di farmelo bastare: era lì per me.

Istintivamente, con più di una punta di disperazione ad accompagnarmi, mi avvicinai a lui con l'intenzione di gettargli le braccia al collo e baciarlo.

Incredibilmente, lui me lo lasciò fare.

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