Il famiglio

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Lucilla era sdraiata sul letto, ma si sentiva sospesa nel vuoto. La sensibilità del suo corpo l'aveva ormai abbandonata, i suoi occhi non sembravano più essere in grado di aprirsi.

Era una mente pensante in mezzo al nero.

Sapeva di non poter passare oltre i confini, non le era nemmeno passato per la testa, ma ricordava bene che, nei suoi tentativi maldestri, portarsi in quello stato le aveva permesso di connettersi con il suo ratto.

Quella bestiola insignificante poteva davvero aiutarla?

Il raziocinio suggeriva di no, ma l'istinto diceva ben altro: senza poter passare oltre, senza gli oggetti che le consentivano di fare uso del potere che risiedeva nel suo petto, quella bestiola fatta di carne e sangue era la sua unica speranza.

Lucilla la vide comparire nel buio, attraverso le sue palpebre serrate.

Magnolia annusava l'aria attorno a sé e sembrava poggiarsi su un piano inesistente. Era un ratto in mezzo al nulla, ma Lucilla riconobbe chiaramente una serie di movimenti, quelli che le permettevano di issarsi fuori dalla gabbietta.

Magnolia iniziò a correre. Lucilla la seguì con lo sguardo, fino a quando una strana sensazione la travolse: le era sembrato di staccarsi dal suo corpo, di poter galleggiare poggiandosi sull'aria e sul pulviscolo di quella stanza, che ora riusciva a vedere seppure in modo distorto e da una strana prospettiva.

Le pareti e il pavimento sembravano scuri, come se la luce avesse abbandonato quel luogo, ma senza impedire completamente la visuale. I disegni e la porta non c'erano più, gli angoli della stanza assumevano conformazioni curve ogni volta che Lucilla vi fluttuava accanto.

Magnolia era, alla fine, il dettaglio più normale in quella situazione, l'unica cosa che manteneva il suo consueto aspetto da ratto, spiccando vivida in quell'ambiente psichedelico. La bestiola si fermò accanto alla porta e iniziò a girare su se stessa, come se si trovasse in un labirinto invisibile.

Lucilla si fermò a sua volta, sentendosi preda di strane vertigini, come se decidere di stare ferma in un punto mentre si trovava in quello stato non fosse del tutto naturale. Era scossa dalla nausea mentre, idealmente, si ancorava al pavimento sotto di sé e sentiva per la prima volta di star prendendo forma fuori dal suo corpo. Era una sensazione allucinante: occupava spazio, eppure era fatta di nulla.

La rattina non si era più mossa, e la Viator si sforzava di non scollarle lo sguardo di dosso. D'improvviso, però, Magnolia scomparve nel nulla. Al suo posto, si materializzò una donna.

Lucilla cercò di metterla a fuoco: era sporca di fango dalla testa ai piedi ma le fece tremare il cuore.

Due coppie di occhi immateriali si cercarono, trovandosi per pochi secondi.

Era proprio Fantasy. La sua Fantasy.

La Viator cercò di parlare e sentì come una scossa all'altezza della gola, la sua vera gola, quella che aveva lasciato sul letto assieme a tutto il resto.

Le vertigini crebbero esponenzialmente: Lucilla aveva appena rischiato di rientrare nel suo corpo, ne era certa.

Senza più tentare di parlare, restò immobile a guardare la sua amante, chiedendosi se potesse trattarsi di un qualche scherzo della mente: Fantasy era davvero davanti a lei? Poteva vederla? E perché era in quello stato, spogliata del suo abito di piume e coperta di fango?

L'eccitazione cresceva in lei. Non poté farne a meno: si avvicinò di più, provò a toccarla, le passò attraverso.

Fantasy sgranò gli occhi preoccupata, ancora incapace di ricordare ma, irrimediabilmente, attratta dallo spirito evanescente che si era ritrovata davanti. Doveva provare a parlarle? Sarebbe stata capace di capire la sua lingua, che solo lei e Lily sembravano conoscere?

Lucilla le sorrise a sua volta, sconvolta dall'emozione di quell'incontro e, al contempo, scombussolata da tutte le sensazioni che accompagnavano il suo stato. Poi commise un errore. Un gesto spontaneo, un vezzo: si portò le mani all'altezza del viso, nel gesto di sistemarsi i capelli.

In un primo momento, le sue dita attraversarono il nulla.

Subito dopo, Lucilla si sentì improvvisamente ancorata a un peso tremendo, il peso del suo corpo che si muoveva faticosamente sul piccolo letto.

Si risvegliò con le mani tra i capelli. Di Fantasy non c'era più traccia.


Tratto da "Oltre i confini - Il battito della Bestia"

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