Capitolo 24

550 40 8
                                    

Per qualche istante rimango immobile a fissare gli occhi di Calum, mentre la sua voce rimbomba nella mia testa: per qualche motivo mi sembra di averla già sentita, ma so per certo che non è possibile, quindi deve trattarsi di uno di quei tanti casi in cui due persone si incontrano e provano la sensazione di conoscersi da una vita. In effetti Calum ed io ci siamo scritti per molto tempo, ma non ho mai sentito la sua voce prima d'ora, perciò non c'entra nulla.

Cerco di scacciare dalla mia mente questi pensieri e mi costringo a rispondere al suo saluto, soprattutto perché intravedo la figura di mia mamma dietro Calum. "Ciao," borbotto semplicemente, per poi distogliere lo sguardo in fretta e occuparmi di nuovo della torta, sperando che il mio cuore si affretti a tornarsene al suo posto nel petto, dato che lo sento ancora premere sullo stomaco dopo la visione stupenda - devo ammetterlo - di quel ragazzo.

Tuttavia, avverto ancora i suoi occhi addosso e, come se non bastasse, pure quelli di mia mamma. "Sara, perché non-" si interrompe di scatto, quando alzo di nuovo il volto e nota le condizioni in cui mi trovo, condizioni di cui mi ero dimenticata per qualche istante e di cui ora mi vergogno in una maniera incredibile. "Perché sei tutta sporca?"

Sbuffo, chiedendomi se non sia abbastanza evidente ciò che deve essere successo. "Ho avuto un incidente con la farina," mi limito a dire, evitando accuratamente lo sguardo di Calum che mi scruta ancora.

"Allora vai a sciacquarti la faccia e mostra a Carl la vostra camera, mentre io finisco la torta," suggerisce, prendendo in mano la ciotola e la frusta.

Calum, che fino ad ora si è limitato a seguire la nostra piccola conversazione mostrando tutta la sua perplessità per una lingua che non conosce, sembra rianimarsi. "Oh, no, signora Fumagalli. Non so cosa le abbia detto Sara, ma il mio nome è Calum," spiega pazientemente e io per fortuna riesco a non sbuffare: gli avevo già detto che non sono stata io a convincere i miei genitori del fatto che lui si chiami Carl, ma sembra proprio non capirlo.

Questa volta è mia mamma a mostrarsi perplessa, anche se cerca di mascherare il tutto con un sorriso appena accennato. "Che cosa ha detto?"

Oh, cielo. Saranno dieci giorni davvero interminabili di questo passo.

"Che è molto felice di trovarsi qui e altre frasi di circostanza," le dico poi, stringendomi leggermente nelle spalle.

"Ma che carino! Bene, ora andate in camera, così posso finire la torta in pace."

"Va bene, va bene," rispondo, per poi uscire dalla cucina evitando ancora una volta lo sguardo di Calum, così da non incantarmi di nuovo a fissare i suoi occhi, e non ho bisogno di girarmi per sapere che mi sta seguendo. Arriviamo in camera mia e noto che mio padre ha già portato la valigia di Calum vicino a quello che sarà il suo letto per i prossimi giorni. Vorrei dirgli qualcosa come 'questo è il tuo letto, sistemati pure' o magari 'spero che ti troverai bene', ma non riesco a parlare, le parole mi rimangono incastrate in gola. Così mi limito a indicargli quale dei due sia il suo letto e mi dirigo in fretta verso il bagno della mia stanza per pulirmi la faccia. Con una veloce occhiata allo specchio mi rendo conto che, se Calum anche assonnato rimane sexy, io con tutta questa farina in faccia sono uno spettacolo improponibile. Inizio a lavarmi in fretta il viso e sussulto nel momento in cui mi sento osservata.

"Perché ho come l'impressione che tu non abbia detto a tua mamma l'esatta traduzione delle mie parole?" chiede Calum, in tono pacato. Mi giro verso di lui, appoggiato alla porta che ha spalancato, e spero con tutta me stessa che non possa in alcun modo avvertire la velocità con cui il mio cuore batte nel petto, quasi desideroso di spaccare la gabbia toracica e uscire dal mio corpo.

"Sai che dovresti bussare, vero?" chiedo di rimando, non appena sono vagamente convinta di poter parlare senza che la mia voce tremi in maniera ridicola.

Calum, però, non risponde e inizia ancora una volta a guardarmi con attenzione. Osserva il mio corpo nei minimi particolari e io, invece, mi trattengo dall'ammirare il suo, lanciando solo qualche breve occhiata. Alla fine il suo sguardo torna ai miei occhi e mi aspetto che dica qualcosa, ma rimane in silenzio e assume un'espressione indecifrabile, prima di tornare in fretta in camera.

Già, saranno proprio dieci giorni interminabili e di certo questo non era il primo incontro che mi immaginavo fino a qualche settimana fa.

Group Chat || Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora