Cap. 20: La trappola

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Orlaith cancellò scocciata l'ennesima nota sbagliata dal pentagramma, iniziando a sentire i sintomi della stanchezza che la assalivano.

Stava ancora combattendo contro il jet lag, imbottendosi di aspirine e di caffeina nel tentativo di non addormentarsi e di far sparire l'emicrania che le era venuta. Guardò fuori dalla finestra per quella che doveva essere la centesima volta, lanciando uno sguardo furioso al sole di mezzogiorno che ostinava a rimanere in cielo.

Erano tre giorni che lottava per adattarsi all'orario parigino, per dormire di notte e rimanere sveglia di giorno. All'arrivo aveva pensato che sarebbero andati subito a cercare il loro obbiettivo, che sarebbero rimasti poco a Parigi, giusto toccata e fuga per non dare nell'occhio. Non che avrebbero perso giorni chiusi in camera.

Intendiamoci, erano anni che voleva fare un viaggio in Europa e una volta, tempo prima, aveva anche chiesto a David se fosse possibile organizzare una tournée oltreoceano (idea che lui aveva ovviamente trovato fantastica), e Parigi era sulla sua lista di città da visitare, subito dopo Dublino. Tuttavia, l'unica cosa che aveva visto fino a quel momento era l'albergo in cui si erano rintanati. Inutile dire che, per mantenere l'anonimato, Allwood ne aveva scelto uno piccolo e squallido in periferia.

Sconfitta, Orlaith si lasciò andare sul letto, facendo cigolare le molle del materasso. Fissò il soffitto a lungo, seguendo con gli occhi il contorno delle macchie di umido, cercando di non chiudere le palpebre e allo stesso tempo di pensare a come continuare la melodia.

Sapeva di essere troppo stordita per pensare in modo lucido, ma non aveva nient'altro da fare per ingannare il tempo a parte starsene seduta sul letto in pigiama a bere caffè e Coca Cola.

Sentì bussare alla sua porta, ma non ebbe bisogno di aprire per sapere chi fosse e cosa volesse.

- Sono sveglia, McGrath!- sbuffò.

Il maggiordomo si ritirò in silenzio, diretto verso la camera di Allwood: in quanto Homunculus non aveva bisogno di dormire, per cui non risentiva del cambio di fuso orario, e il suo padrone gli aveva ordinato di bussare ogni ora alle loro porte per accertarsi che, durante il giorno, non si addormentassero.

Dai, resisti... Si incitò, passandosi le mani sulla faccia. Jayden ha detto che bastano quattro giorni... domani andrà meglio.

Il problema era arrivarci, all'indomani. Vero, restare sveglia stava diventando sempre più facile, ma ancora le veniva sonno nei momenti meno adatti, e personalmente non sapeva se ridere o arrossire al pensiero del primo giorno, quando McGrath era venuto a bussare e lei si era svegliata sbavando sulla propria valigia.

A prescindere dalla risposta, sapeva già che avrebbe portato il segreto nella tomba.

***

Fakhri abitava in un attico di lusso nel sedicesimo arrondissement di Parigi. Orlaith era piuttosto orgogliosa del suo appartamento nella Beekman Tower, e la villa di Allwood, per quanto fosse tetra e monocromatica, era piuttosto spaziosa, specie per uno scapolo e il suo maggiordomo, tuttavia quel posto faceva impallidire tutti e due senza minimamente sforzarsi: situato in un edificio degli anni trenta, aveva soffitti alti almeno quattro metri e le finestre, riccamente decorate da complessi disegni metallici, erano a dir poco enormi. Di giorno sicuramente entrava molta luce, là dentro.

Gli arredi, poi, dovevano essere costati quanto l'attico stesso, se non di più, e comprendeva due televisori a schermo ultrapiatto (uno dei quali contava talmente tanti pollici che Orlaith si rifiutò di conoscerne la misura esatta), divani di seta, quadri d'autore e tende candide. L'ampio salone era separato dalla sala da pranzo da un accesso delimitato da colonne lisce, e tutto il pavimento era in lucidissimo parquet.

Epic Violin - Il Violino di DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora