Cap. 10: Violinista di strada

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L'improvvisa giornata di libertà diede modo a Orlaith di passare tutto il suo tempo in pigiama per non fare niente. Fuori c'era un gran sole, una delle ultime belle giornate prima dell'autunno vero e proprio, e lei non aveva alcuna voglia di uscire.

Non riusciva più a ricordare quando era stata l'ultima volta sul divano a mangiare patatine e a guardare un vecchio film in televisione, o per più di due ore in una vasca piena di schiuma a leggere. Rimase in acqua talmente a lungo che, quando ne uscì, la schiuma era sparita. Le erano venute le grinze persino alle ginocchia.

Il telefono squillò un paio di volte, gli ultimi disperati tentativi di David di convincerla a raggiungerlo, ma quando capì che a rispondere sarebbe stata sempre e solo la segreteria parve lasciar perdere, perché non si fece più sentire.

Dopo il bagno e il film Orlaith si sdraiò sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto, inspirando l'odore residuo dello shampoo e delle lenzuola pulite sotto la sua schiena. La sua mente vagò fino a Jayden Allwood e alle parole della sera prima, alle rivelazioni che aveva fatto su Vaněk e, soprattutto, su di lei e i suoi... poteri.

Le suonava ancora strana quella parola: poteri. Anzi, non strana... era assurda, fuori luogo, priva di senso. Ma se da un lato non riusciva a crederci, dall'altro aveva capito che qualcosa non andava alla Lightning Tune Records. Di sicuro, la sua vita era proseguita su binari folli in quegli ultimi quattro anni, e più ci pensava più Vaněk le sembrava essere plausibilmente colpevole di qualcosa. O forse era solo l'antipatia nei suoi confronti a guidarla, non poteva essere sicura di una cosa del genere.

Secondo Allwood posso manipolare le emozioni e le menti delle persone...

Si mise a sedere, cercando con lo sguardo il violino, ancora nella sua custodia, appoggiato in un angolo della camera: a dar credito a quell'uomo, suonando poteva fare qualsiasi cosa volesse. Non aveva prove a parte la sua parola.

Doveva sapere.

Si cambiò al volo, prese il violino e uscì di casa.

***

Il City Hall Park era pieno di gente a quell'ora, in particolare nei pressi della grande fontana nei pressi dell'incrocio tra Beekman Street e la Brodway: alcuni uomini in giacca e cravatta attraversavano frettolosamente la pavimentazione di pietra parlando al cellulare o, più raramente, tra di loro, sorseggiando caffè o mangiando un hot dog comprato al chiosco lì vicino; un gruppetto di casalinghe stava chiacchierando vicino alla vasca, probabilmente dei figli che avevano lasciato in una delle scuole all'interno della Beekman Tower. Le parve di riconoscere un paio di persone che aveva incrociato in corridoio o in ascensore qualche volta, e vide anche alcuni ragazzi in età da liceo che, probabilmente, avevano saltato le lezioni per un'uscita fuori programma.

Infine, vide alcuni musicisti di strada in un angolo della piazza che suonavano un brano melodico e vagamente sentimentale; qualsiasi cosa fosse doveva essere un pezzo originale o di una band a lei sconosciuta, ma sembrava orecchiabile, e stando a quanto sentiva non erano così male con gli strumenti. Uno in particolare suonava la pianola.

Non erano molto interessanti, solo un terzetto di moderni hipster che cercavano di raggranellare spiccioli con cui arrotondare, come ne vedeva tanti in giro per strada.

Presa da un'improvvisa ispirazione, attese che avessero finito e si avvicinò al gruppo a passi rapidi, serrando la presa sulla maniglia della custodia del violino.

- Ho una proposta per voi.- disse, piazzandoglisi proprio di fronte - E potrebbe essere un'occasione d'oro per tutti e tre.-

Il gruppo, che in quel momento si stava preparando a smontare, forse per andare a pranzo, si bloccò a guardarla. Il chitarrista, un ragazzo di colore con un cappello di feltro sulla testa pelata, aggrottò la fronte.

Epic Violin - Il Violino di DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora