Di fughe, fanciulle indifese, e sguardi

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Stava camminando da più di dieci minuti, senza alcuna intenzione di dirigersi a casa. Era stanco, sì, ma non aveva voglia di rinchiudersi dentro quelle mura e riguardare i fascicoli del caso fino a notte fonda. Anche perché sapeva che una volta rimasto solo, non avrebbe fatto altro che ributtarsi nel lavoro. Da quanto era diventato così fissato? Così solo e senza interessi?
Non sentiva o vedeva i suoi migliori amici da più di due settimane, e l'ultima volta era stato un incontro veloce all'interno di un ascensore del Ministero. Ron era troppo preso dai preparativi per il matrimonio con Luna, e Hermione... be', Hermione stava cercando di farsi valere in un posto in cui la maggior parte delle persone che venivano considerate era di sesso maschile e con più di cinquant'anni. Insomma, un'impresa ardua persino per lei, che aveva sempre dovuto farsi rispettare sin dai tempi della scuola.
Aveva appena infilato la mano dentro la tasca per afferrare le chiavi, quando si sentì travolgere da una persona.
"Ehi! Guardi un po' dove va!" aveva esclamato, un tantino infuriato. Quando però si voltò verso il passante maldestro, tutti gli insulti, che avrebbe voluto rivolgere, furono sostituiti da un sorriso ebete. Davanti a lui c'era una donna di una bellezza quasi irreale, come quelle di una fiaba: due occhi azzurri incorniciavano un viso perfetto, dai lineamenti delicati, ma particolari, e infine delle piccole fossette le donavano un'aria da piccolo diavoletto. Harry non era un esperto di donne, ne aveva avuto solo due in tutta la sua vita, ma seppe subito di essere stato travolto da una delle più belle.
Cercò di fare mente locale, per pensare a una frase per invitarla a bere qualcosa, ma la donna non le diede il tempo di fare alcunché: afferrò con decisione la sua mano e lo invitò a seguirla con uno strattone forte. "Mi aiuti! Qualcuno mi segue!"
Harry Potter, quello che aiutava le vecchiette ad attraversare la strada, non poteva lasciare una giovane fanciulla in pericolo, quando per di più si trattava di un soggetto così attraente. Subito, si calò nella parte del Prescelto, Salvatore del Mondo Magico e via dicendo, e seguì la donna senza porre nessuna domanda. Chi era? Perché stavano scappando? Oh, ma a chi importava!
Fu solo dopo parecchi isolati e aver imboccato un vicolo abbastanza discreto che la donna si fermò per riprendere fiato.
"Tutto bene?" domandò Harry.
Vide un'ombra passare veloce nei suoi occhi. "No, perché mi troverà e... e io, non so che fare!" Aveva cominciato a camminare avanti e indietro, ormai completamente impaurita.
"Signorina, ci sono io con lei. Ora andiamo alla polizia e..."
"No! La polizia no. Non posso e tanto non mi aiuterebbero."
Harry non rispose subito, anche perché non sapeva cosa fare. "È qualcuno che conosce?"
"Non posso mettere in pericolo anche lei."
"Chiamami Harry" disse, comportandosi come un perfetto insensibile e idiota.
"Harry. Ho sbagliato a trascinarti via in quel modo, ma ho paura." Strofinò le mani sulle braccia, come per scacciare via il freddo. "So solo che lui mi troverà sempre."
"No!" disse, posando le mani su quelle spalle esili. Era così piccola, minuta.
"Scusami?"
"Lui non ti troverà, non finché ci sarò io. Ti proteggerò, fidati." Aveva parlato lentamente, accompagnando le sue parole con qualche pacca sul petto.
E quando Harry Potter pronunciava delle simili parole... be', soprattutto se il soggetto verso cui erano rivolte era una donna, significava che niente e nessuno si sarebbe messo in mezzo. Troppi telefilm polizieschi nella vita Babbana, troppi Maghi oscuri in quella magica, avevano cambiato leggermente la sua visione della vita e del pericolo. Era stato in pratica completamente deviato. Ma dopotutto era normale, no? Se in una favola, la fanciulla era in pericolo, ecco che spuntava il cavaliere pronto a uccidere il drago. E lui aveva cavalcato quello e altre creature magiche!
"Davvero?" aveva chiesto lei, sgranando gli occhi.
"Certo, mia cara."
"Lindsay." Disse, giocherellando con uno strano medaglione.
E Harry Potter si beò della bellezza del suo nome.


"Che dici se mangiamo qualcosa, prima di progettare un piano?" Era stata Lindsay a domandarlo, dopo aver sentito curiosi brontolii provenire dallo stomaco di Harry.
"In effetti, non mangio da mezzogiorno" aveva ammesso, riluttante.
"Che cosa? Su forza, entriamo!"
Era un piccolo ristorante, e dato che c'erano pochissime persone, non doveva essere neanche uno dei migliori. Gli unici commensali erano una donna anziana che non faceva altro che giocherellare con la forchetta, e due coppiette che sembravano dirigersi verso il patibolo. Harry non aveva mai visto delle espressioni così tristi e lugubri.
"Sei sicura?"
"Ma sì, che importa!" Parlò, terminando con un bel sorriso che convinse subito il suo accompagnatore.
"Cosa prendete?" Un ragazzo che poteva avere al massimo una ventina d'anni, si era avvicinato al loro tavolo.
"Possiamo avere un menù?" domandò Harry.
Il cameriere roteò gli occhi come risposta. "Abbiamo la zuppa della casa, la bistecca alla Ronnie, insalata, patatine fritte e... zuppa."
"La zuppa l'aveva già detta, comunque" s'intromise Lindsay.
"Quindi?"
"Prendo la bistecca alla Ronnie... sarà speciale, no?" disse Harry, con un pizzico di entusiasmo.
"Boh, dovrei chiederlo a Ronnie, ma si è licenziato stamattina. E lei, signorina?"
"Credo che prenderò lo stesso."
Osservarono il cameriere scrivere l'ordinazione e una volta rimasti soli, non poterono evitare di scoppiare a ridere.
"Scusa! Ti ho portato in un posto orrendo."
Harry liquidò le scuse con un gesto della mano. "Voglio proprio mangiare quella benedetta bistecca."
E quando Lindsay gli sorrise, sentì un coro di angeli cantare l'Alleluia.


"Allora, dobbiamo pensare al nostro piano. Hai detto che la polizia non ti aiuterebbe... perché?"
Coltello e forchetta scivolarono dalle sue dita, tintinnando sonoramente; ora anche le coppiette la stavano guardando con curiosità.
"Mi dispiace, non volevo metterti a disagio..."
"Harry, non sei tu a dover chiedere scusa. Una perfetta sconosciuta ti ha rapito e tu non hai detto nulla, anzi hai promesso di proteggermi. Non ho mai conosciuto una persona come te, e dato che non mi sembri un maniaco o un serial killer... perché lo stai facendo?"
Con molta calma, Harry prese il bicchiere nel quale aveva versato dell'acqua, e osservò il liquido trasparente, alla ricerca delle parole adatte.
"Perché voglio farlo, sento che devo farlo."
Harry era convinto che le sue parole l'avrebbero rassicurata, invece vide lo sguardo di Lindsay rabbuiarsi, intristirsi. Aveva scelto le parole sbagliate?
"L'avresti fatto anche per un'altra persona?"
"Certo, anche se devo ammettere che i tuoi occhi mi hanno convinto ad accettare" rivelò, un po' ingenuamente, prima di vedere ancora una volta un velo di tristezza in quelle iridi così belle. "Tutto bene?"
"Sì, mi è solo passato l'appetito. Questo Ronnie non è che cucinava benissimo..."
"Perché non sono convinto al cento per cento, allora?"
"Forse perché non mi conosci. Forse perché per un attimo, ho desiderato solo mangiare questa bistecca in tua compagnia, senza affrontare l'argomento che mi angoscia." aveva parlato quasi come se si fosse rassegnata. E Harry non capì quel cambio repentino di umore. Era come se Lindsay nascondesse due identità completamente opposte.
"Ma possiamo fare entrambe le cose, no?"
"È solo che..."
"Cosa, Lindsay?"
"Finito di cenare, sarà meglio che io torni a casa, e alla mia realtà." Harry non poté fare altro che annuire.


Avevano finito di cenare in completo silenzio, anche se Harry aveva cercato più di una volta di parlarle, invitandola a iniziare una conversazione, anche una di quelle più banali. Film, libri, sport, aveva provato con tutto, ma lei non aveva mai risposto alle sue domande. E ne aveva fatte tante, anche troppe.
"Lindsay?"
"Hai mai immaginato il tuo funerale?" Era stata la domanda che spiazzò completamente Harry.
"Cosa?"
"Riuscire a vedere le persone che ami e le loro reazioni. Sentire i loro discorsi e conoscere i loro veri sentimenti. A volte, vorrei essere trasparente, invisibile, e osservarli."
Non seppe la vera ragione, ma cominciò a ridere, non perché trovasse ridicoli i suoi pensieri o la volesse prendere in giro, ma perché lui aveva avuto quella possibilità e aveva capito una cosa. Era meglio soffrire, prendere le porte in faccia, piuttosto che ricorrere a qualcosa di così estremo. Era sbagliato complicarsi la vita, quando tutto poteva essere semplice. Amore, amicizia: sentimenti così semplici, ma che rendevano tutto più difficile, complesso... pazzesco.
"Non risolverebbe nulla, e credo tu non abbia bisogno di certi trucchetti per conoscere la verità. Sai già ogni cosa, sicuramente."
"Non so nulla, il che è buffo e sbagliato." Afferrò il tovagliolo di stoffa, accostandolo alla labbra.
"Cosa è sbagliato?"
"Tutto... l'essere qui con un perfetto sconosciuto a mangiare una bistecca, e scappare da qualcosa, da qualcuno."
"E allora fermati, non farlo! Qualcuno, una volta, mi ha detto che bisogna affrontare i problemi."
Lentamente si era alzata dalla sedia, facendo cadere il tovagliolo sul tavolo, lasciando alcune banconote per pagare la sua parte di cena.
"Grazie per la serata." E aveva lasciato un bacio sulla guancia ruvida di Harry, che non poté fare altro che osservarla, mentre si allontanava da lui, da quel terribile locale. Un tintinnio alla porta segnalò la sua uscita e tutti, persino quel cameriere un po' imbranato, si soffermarono prima su di lei, e poi su di lui.
Cosa stava facendo?
Prese la giacca e si affrettò a seguirla, maledicendosi da solo per aver perso dei secondi preziosi. Una volta non avrebbe impiegato del tempo a pensare: avrebbe agito in modo irresponsabile e completamente folle, e Hermione non avrebbe perso tempo a sgridarlo. Lui era cambiato, mentre Hermione non c'era.
Corse come un pazzo, imboccando vicoli piuttosto che altri, ma di Lindsay non ne trovò traccia, come se si fosse teletrasportata altrove. Dove poteva essere andata?
Era così preso dalle sue ricerche da non vedere l'unica persona di cui aveva bisogno. "Hermione!" Era lì, davanti a lui e lo stava fissando con i suoi grandi occhi castani.
"Harry, ma che ci fai qui?" Si avvicinò per avvolgerlo in uno dei suoi famosi abbracci.
"A dire il vero, stavo inseguendo una donna..." disse, grattandosi la testa imbarazzato.
"Che cosa? Racconta!" La sua voce era bassa, sembrava tesa per qualcosa, e Harry non ne conosceva le ragioni. Era diventato un pessimo migliore amico.
"Ho incontrato una ragazza strana, che aveva bisogno di aiuto e poi è scappata. Mi sa che sono un disastro anche con gli estranei. E tu? Sai, ti stavo giusto pensando." La rivelazione gli era scappata, ed era vero: aveva pensato a lei tutto il giorno, ma alla fine non aveva avuto il coraggio di chiamarla.
"Davvero? Anche io avevo voglia di stare con il mio migliore amico. Non abbiamo più tempo l'uno per l'altro, e non va bene. Ormai preferisci il lavoro a me,e infatti guarda che succede! Ti metti a inseguire delle fanciulle, mentre io mi perdo! Cosa devo fare per stare un po' con te, Harry?"
"Come sempre, hai ragione e ti concedo l'onore di picchiarmi. Usa pure tutta la tua forza bruta, ma che ne dici se mangiamo prima un gelato insieme? Consideralo l'ultimo desiderio di un condannato a morte!" Harry aveva infilato il braccio sotto quello di Hermione, invitandola a proseguire con lui.
"Cioccolato e pistacchio?"
"Quello che preferisci."
Mossero i primi passi, prima lentamente, poi sempre più velocemente, come se stessero giocando e volessero scappare, prendere le distanze.
"Come è andata la giornata, comunque?" chiese Harry.
"Noiosa e nessuno mi ascolta, mi sento tanto trasparente."
"Impossibile." Si era fermato improvvisamente per baciarla sula fronte. "Come si fa a non notarti?"
"Harry?"
"Sì?" Un sorriso furbo di Hermione, gli segnalò che la sua amica stava progettando una marachella, e infatti non si stupì quando la vide staccarsi e correre sempre più lontana da lui. Cominciò a scuotere la testa, incredulo. Quando erano insieme si comportavano come dei bambini. Anche ora mentre correva, con i capelli che si muovevano in piccole onde, sembrava una di quelle piccole pesti che si vedono nei film. Fu mentre la stava per raggiungere che vide qualcosa rotolare per terra. Un medaglione, quel medaglione. Non era mai stato bravo nelle relazioni con gli altri, ma di certo non poteva dire lo stesso per le cose complicate o per piani subdoli; la sua mente ormai era abituata a registrare ogni piccolo dettaglio e a risolvere i misteri.
Non esitò un attimo a raccoglierlo e a nasconderlo in tasca, in modo che Hermione non si accorgesse di averlo perso.
La osservò ancora una volta, e riuscì a vedere le due donne sorridergli e invitarlo a correre. Come aveva potuto non riconoscerla subito? Il suo stomaco si strinse in una fitta e si domandò la vera ragione per cui quel Ronnie fosse stato licenziato; e lui rise prima di scattare in avanti, verso Lindsay, verso Hermione.
"Chi arriva per ultimo paga!" Disse, superandola di mezzo metro.
"Ti odio, Harry."
"Anche io, Hermione."
Entrambi sapevano che intendevano ben altro, era tutto lì: nei loro sguardi. E contava solo quello. 

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