Questione di genetica 2- Il Ritorno

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NdA: Legata in un certo senso con la storia precedente per via del titolo, e di questo sguardo rivolto sempre a Hermione, ma con un nuovo personaggio. Prima era Lily Evans, e ora?
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È domenica e, come tutte le domeniche, siamo a casa Weasley-Granger per il pranzo che è diventato ormai un appuntamento fisso. Non chiediamo più il permesso, ci limitiamo a bussare alla porta e a stare in loro compagnia.
Neanche gli zii commentano, come se la presenza dei miei genitori fosse qualcosa di cui non possono fare a meno, come se in qualche modo potessero rivivere, almeno durante il pranzo domenicale, il periodo trascorso insieme.
Anche nel mio caso, è diventata una consuetudine. Ogni domenica, mi ritrovo a fissarla, a seguire i suoi movimenti.
Il rubinetto è aperto mentre è intenta a lavare le foglie dell'insalata, con le dita sembra quasi massaggiarle. Neanche dopo aver preso il coltello per tagliarla sembra minacciosa, il polso si muove su e giù in un ritmo sempre più veloce, come una danza capace di ipnotizzarmi.
"Maledizione!" Esclama alla vista dell'acqua che esce dalla pentola.
Dimenticando la temperatura elevata, la sposta leggermente dal fuoco. Una smorfia di dolore compare sul suo viso, sempre così rilassato in quei momenti.
"Che succede, Hermione?" Mio padre arriva come se avesse sentito lui stesso il dolore.
Scuote la testa per ammonire mia zia e ricordarle che, anche se è una delle streghe più brillanti, non ha di certo le mani di amianto.
"Fammi vedere," le prende la mano per esaminarla, per vedere se rimarrà qualche segno visibile. Osserva le linee, percorrendole con un dito. "Tranquilla, la tua mano resterà bella come sempre." Conclude, prima di portarsela alle labbra in un gesto affettuoso.
Hermione sorride prima di metterla sotto il getto di acqua fredda, in modo da trovare un po' di sollievo dal bruciore.
Dovrei smettere di fissarla in quel modo, una vocina nella mia testa mi ricorda che si tratta di mia zia. Hermione Granger: l'oggetto del mio desiderio, dei miei pensieri.
Ai suoi occhi sono solo il nipote che combina guai, quello più irruente, quello con il carattere meno somigliante a mio padre. Mai come in questi momenti, vorrei essere lui, avere il suo privilegio e poter sfiorarla.
"James..." La voce di papà mi prende di sorpresa, non mi ero accorto di quanto fosse vicino.
I suoi occhi verdi mi studiano, come se volesse mandarmi un messaggio. "È bella la zia, vero?" Beccato.
Non posso fare a meno di abbassare il capo, troppo vergognoso di guardarlo in viso.
"Lei è come uno di quei fiori rari, quelli di cui abbiamo paura persino di accarezzare. Li osserviamo schiudersi poco alla volta. Ogni petalo sembra stregarci, ci ricorda quanto sia bello. E noi, James, non possiamo fare altro che ammirarli in silenzio." Dice accarezzando la mia chioma ribelle.
"Papà, anche tu, alla mia età, avevi una cotta per una donna più grande?"
Mi rivolge un breve e amaro sorriso. "A 10 anni, i miei zii non mi permettevano di fare molta vita sociale e ti assicuro che mia zia Petunia non è interessante quanto Hermione."
"Capisco."
"Però... lo zio Ron era perso di Madama Rosmerta, sai? È normale, passerà... magari, dovresti rivolgere le tue attenzioni a qualcuno della tua età!"
Le mani di Hermione continuano a muoversi, presto sarà ora di pranzo.
I miei occhi indugiano un'ultima volta su di loro, imprimendosi quell'immagine così bella.
"James, vieni anche tu a giocare con noi?" Mi domanda una trafelata Rose che ha appena fatto il suo ingresso in cucina.
Le sue gote sono accese, vive, mentre i riccioli le cadono in maniera scomposta ai lati del viso.
"Dai, James!" Mi afferra le mani con le sue dita gentili. Le stesse dita di sua madre e io non posso fare a meno di sorriderle e di seguirla.
Mi piace come cammina.
"Non lei, però!" Sento mio padre esclamare.   

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