Try

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NdA: Ai fini della lettura devo fare un piccolo avviso: a parte la premessa iniziale, la storia è scritta interamente in terza persona, fanno eccezione le parti in corsivo che si riferiscono al subconscio di Harry e ai sogni che lo tormentano. Si consiglia di allontanare qualsiasi oggetto in un raggio di 200 metri e di non imprecare verso Harry o di andare alla ricerca del suddetto oggetto per tramortirlo.
Sono presenti alcune scene hot (questo è il periodo pervertita-cioè quasisempre-della mia vita da fangirl), che spero non vi diano fastidio!
Ovviamente è ispirata alla canzone di P!nk ;) e nasce come una songfiction!
Buona domenica, gente!


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"Where there is a flame
Someone's bound to get burned
But just because it burns
Doesn't mean you're gonna die."
Try, Pink

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Ci sono giorni in cui la vita scorre monotona: ci si alza per andare a lavoro, ci si prepara e si esce di casa. Una tabella di marcia che continuiamo a ripetere come se fossimo degli zombie, o degli esseri programmati a non pensare, perché ci permette di procedere in una linea retta - tanto immaginaria quanto fittizia, che non sconvolge nulla, in modo da arrivare a fine giornata intatti. Ci immaginiamo già in pigiama e pantofole, troppo stanchi per uscire e troppo poco desiderosi di farlo realmente.
E quando neanche dall'altro fronte si hanno reazioni, allora ci si ritrova soli, in pigiama e pantofole, e con una carico di bugie che non ti permette di dormire la sera. Perché non vuoi essere solo, e ancora non lo sai.
Troppa paura da tirare fuori, troppa paura di mostrarsi deboli non solo agli altri, ma soprattutto a se stessi.
Ci sono anche quei giorni in cui la vita subisce una scossa, e allora la linea retta diventa uno zigzag strano, instabile, di cui non si conosce la destinazione. La dolce routine viene cancellata da un continuo susseguirsi di eventi non programmati, che portano a galla tutte le bugie, tutta la merda che si è cercato di nascondere. A quel punto, non rimane che nuotare, lottare per non finire risucchiati da essa. E quando credi di non riuscirci, qualcuno ti ricorda che devi solo provarci.

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Aveva quasi terminato di compilare i moduli che le aveva chiesto la sua collega Samantha quando fu distratta da un bussare alla porta. Guardò distrattamente l'orologio; erano le nove e mezza del mattino, e dalla sua espressione sorpresa era ovvio che si stesse domandando chi potesse essere a quell'ora.
"Avanti." La voce era un po' roca, perché dal suo ingresso in ufficio non aveva parlato molto. Non poteva dire lo stesso per la mano, le doleva il polso per l'eccessivo uso.
Shakebolt Kingsley entrò facendo svolazzare il suo mantello color oro e arancione. Anche se erano passati molti anni dalla suo ingresso nel mondo della magia, Hermione si stupiva sempre di quanto fossero eccentrici i maghi. Pur ricordando molto bene lo stravagante Albus Silente, non poteva rimanere insensibile ai colori accesi che i suoi poveri occhi erano costretti a vedere a quell'ora del mattino. Nonostante tutto, si ritrovò a sorridere e ad alzarsi dal suo posto.
"Kingley! Che piacere vederti."
"Carissima Hermione, purtroppo sono portatore di cattive notizie," aveva detto, cancellando ogni traccia di allegria da quell'ufficio.
"Che è successo?" Aveva anche fin troppa paura di chiedere, abituata a grandi drammi e soprattutto a troppe morti. Temeva sempre l'avvento di qualche nuovo mago oscuro; dopotutto non c'era limite alla crudeltà e alla cattiveria umana, e Lord Voldemort non era stato altro che uno dei tanti maghi oscuri, non il primo e neanche l'ultimo.
"Si tratta di Harry..." Lasciò la frase in sospeso, aspettandosi forse una reazione da parte di Hermione che, invece, si trovò ad aggrottare la fronte.
"L'ho sentito alcuni giorni fa e stava bene." Ad un tratto sentì le gambe molli. "Harry sta bene, vero?" "È vivo, non temere, ma sul stare bene non ne sarei così sicuro. Sapevi che nelle ultime settimane si è presentato a lavoro ubriaco?"
Harry. Ubriaco. Impossibile. Perché lui beveva solo qualche birra e in compagnia. Ma quando aveva visto Harry l'ultima volta? Non lo ricordava con esattezza, eppure la sua voce era sempre la stessa: cristallina, pulita, forte... non poteva essere. No, perché lei lo conosceva. Era la sua migliore amica. "Non ci credo, il massimo che gli ho visto bere è stata una Burrobirra!" esclamò.
"Hermione, credo che beva qualcosa di più forte di una semplice Burrobirra. Fidati. E oggi con il suo comportamento irresponsabile ha rischiato la pelle, se non ci fossero stati gli altri, non avrebbe riportato solo qualche livido."
Le gambe che, fino ad allora avevano resistito, cedettero e lei si vide cadere. Giù, sempre più giù. "Hermione?" Il vecchio Kingsley la guardava quasi con pietà, come se volesse giustificarla e dirle che non era colpa sua. Stavano parlando di Harry, di un ragazzo testardo che preferiva tenere tutto per sé perché non voleva costringere gli altri a condividere il peso delle sue colpe.
Sua madre, una volta, le aveva detto di vedere un dolore infinito in quelle iride smeraldine, e che prima o poi sarebbe esploso se non lo avesse condiviso, trasformato in qualcosa di meno distruttivo. Lei conosceva Harry, quindi aveva considerato eccessivi quelle parole, perché sapeva quanto le madri ingigantissero sempre tutto pur di proteggere i figli, e la sua era più che protettiva.
Cosa era successo a Harry Potter? E perché lei, Hermione Granger, non lo sapeva?

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