51 - Little bit of Love

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<Il cielo era così pieno di stelle, così luminoso che, gettandovi uno sguardo, senza volerlo si era costretti a domandare a se stessi: è mai possibile che sotto un cielo simile possa vivere ogni sorta di gente collerica e capricciosa?>

Al mondo ci sono notti buie, notti più buie di altre e poi ci sono quelle da dimenticare. Le luci nelle case di Londra erano quasi tutte spente. La statale 346 era piuttosto deserta. Macchine solitarie sfrecciavano a velocità proibitive per diminuire il tempo di percorrenza.
In quella monovolume nera, invece, era tutto il contrario. Due giovani sposi e i loro sogni. Una madre premurosa che aveva messo i figli nei seggiolini sui sedili posteriori, un padre che canticchiava per farli addormentare. In quella macchina c'era tutto quello che potessero desiderare e solo il cielo può sapere perchè ad un tratto ad un uomo è consentito di distruggere tutto questo. Così in un attimo come un lampo. Ciò che è diventa polvere. Tutto si accartoccia. Tutto finisce. Tutto si spegne, solo due occhi restano spalancati.
Ed è impensabile che così tanta vita possa veder la morte così presto.

Quando in quelle settimane avevano provato ad immaginarsi come si sarebbero sentiti, quali sensazioni ed emozioni li avrebbero pervasi, non avevano mai davvero compreso come sarebbe stato.
In quell'ospedale, lungo quel corridoio, Mika teneva stretta la mano di Andy. Un senso di inadeguatezza li sovrastava.
Il biondo senza mollare la presa lasciò un tenero bacio sulla mano del marito per poi alzarsi e cercare conforto guardando la vista dall'enorme vetrata del reparto di pediatria. Due braccia calde lo avvolsero subito dopo. Chi dei due fosse messo peggio era davvero difficile dirlo, ma entrambi stavano provando ad essere coraggiosi.
Non era stato facile l'incontro con gli avvocati e ancora più straziante era stato parlare con il primario. Un enorme peso era ora sulle loro spalle e non potevano tirarsi indietro.
A:"Non so se sono pronto. Ho sbagliato a chiederti tutto questo."
Mika aumentò la presa e baciò il collo del biondo ripetutamente.
M:"Hai ragione non siamo pronti. Nessuno lo sarebbe. Come possono morirti i genitori davanti? Dio. Hanno solo cinque mesi. Io li voglio. Voglio occuparmi di loro."
A:"Eravamo a malapena preparati per uno. Sono in due."
M:"Sì, è vero. Hai ragione. Loro sono in due, eppure sono soli. Sembra davvero uno scherzo del destino. Anche noi siamo in due eppure abbiamo questo desiderio di allargare il nostro cerchio, vogliamo avere uno sguardo d'amore per qualcun altro, in fondo anche noi a volte ci sentiamo soli e vogliamo di più. Noi possiamo essere in quattro. Possiamo essere una famiglia e costruire una vita migliore per noi e dare un futuro a loro. Perché cazzo Andreas i-io i-o senza di loro non torno a casa."
A:"Sono i nostri bambini?"
M:"Sono i nostri bambini."
A:"Sono un papà ora?"
M:"Hai, abbiamo due figli amore."
A:"Saremo una famiglia?"
M:"Finché loro lo vorranno sì, saremo una famiglia."
A:"Scusa."
M:"Che?"
A:"Ho avuto paura"
M:"Ti amo"
Mika non gli diede nemmeno il tempo di rispondere perché le sue labbra avevano cercato un contatto disperato e necessario.

Quando l'infermiera li condusse al vetro per poter vedere i bambini, Mika dovette farsi sostenere da Andreas. Un'emozione fortissima gli fece quasi fermare il cuore quando vide due piccole culle. Una a fianco all'altra. Un maschietto e una femminuccia. Erano così piccoli, così fragili e indifesi.

Il biondo guardandoli si chiese se ai loro veri genitori fosse concesso di vederli almeno dal cielo. Di fronte al primario, di fronte a quella storia aveva avuto la tentazione di fuggire da quella realtà. Un idiota ubriaco nel cuore della notte. Solo questo e una famiglia era andata distrutta. Come potevano loro ricostruirla? Proprio non lo sapeva, ma il solo sguardo di Mika pervaso dalla vista dei neonati fu in grado di dargli quella certezza.

La piccola Lilian dormiva serenamente avvolta dalla sua copertina, mentre il piccolino era immobile, il ciuccio stretto nella manina, con gli occhi fissi verso il vetro. Il biondo si sporse appena muovendo la mano per tentare di attirare l'attenzione del piccolo Nicholas, ma questo distolse lo sguardo solo quando l'infermiera lo sollevò per portarlo nelle braccia dei suoi nuovi genitori.

Quando il biondo si ritrovò un fagottino rosa fragile e indifeso tra le mani capì perché erano sopravvissuti. All'inizio pensava fosse una crudeltà, il fatto di averli separati così dalla mamma e dal papà. Quello che gli diceva la nonna quando era piccolo lo aveva compreso un po' in ritardo. "Dio vuole il nostro bene anche se non siamo in grado di comprenderlo" e quei piccolini meritavano un futuro, era per quello che miracolosamente i pompieri erano riusciti ad estrarli vivi dalle lamiere accartocciate.
A:"Portiamoli a casa"

I due neo-papà lasciarono i neonati al nido dell'ospedale per due giorni, giusto il tempo di preparare la casa per accoglierli. Fecero a turno. Uno stava con i bambini che richiedevano continuamente attenzioni e l'altro correva per i negozi ad acquistare il necessario.

Erano le due di notte quando finalmente Andreas era riuscito a far addormentare Nicholas e Mika stava finendo di pulire il pavimento della cucina che era cosparso di latte in polvere.
Quando appoggiarono la testa sul cuscino sospirarono. Era stata una giornata intensa. Avevano ancora molto da imparare, ma erano riusciti a cavarsela.
Tra quelle lenzuola non ci fu spazio per la stanchezza e la fatica, ma solo per baci, coccole, carezze, abbracci, sorrisi, sospiri e amore. Amore che stava crescendo. Amore che stava esplodendo. Amore incontrollato. Amore puro. Amore vero.

Il ricciolo era appena rimasto a petto nudo sotto la presa di Andreas quando i loro gemiti furono interrotti dal pianto sordo del piccolino. Dopo aver convinto il biondo a rimanere a letto, Mika si occupò di Nicholas che non appena sentì la propria pelle contro quella del petto nudo del suo nuovo papà, smise di piangere. Lo fissò negli occhi per poi circondargli il collo con le sue esili braccia. Fece vagare le sue manine sul volto stanco del riccio nel tentativo di memorizzare quei lineamenti nuovi che erano destinati ad essere famigliari un giorno. Mika era estasiato da quelle dolci carezze e quando il piccolino si rilassò definitivamente non ebbe il coraggio di rimetterlo nella culla.
Era la prima volta che non passava la notte con Andreas e che dormiva con qualcun altro, ma sapeva che il marito non gliene avrebbe di certo fatto una colpa.

Erano le tre e mezzo quando il biondo si rotolò nell'altra metà del letto in cerca di calore, ma la parte di materasso di Mika era fredda. Sospirò di disappunto per poi strisciare fuori dal letto e infilarsi le ciabatte. Quando arrivò in salotto e vide il marito profondamente addormentato con il loro piccolo gioiello sul petto decise di scattare una foto. Prese la sua vecchia polaroid e immortalò quell'istante in cui si era sentito felice, in cui anche se non aveva incrociato i suoi occhi sapeva che il riccio si stava beando di quel contatto. Lasciò dei teneri baci sulla fronte di entrambi e dopo averli coperti con un lenzuolo fissò la foto sul frigorifero con una calamita.

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