HONDA VS KTM

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a place that is so pure,
so dirty and raw.
it's our paradise
and it's our war zone.

Pillowtalk
📍Cervera, Spain





||MARC||



Il rombo della moto arriva ovattato attraverso il casco, ma è abbastanza forte da poter cancellare qualsiasi altro rumore.

Più apro il gas, più la terra sembra tremare sotto i miei piedi.

Chiudo per un secondo gli occhi e li vedo, gli spalti pieni di bandiere arancioni, di gente che urla il mio nome. Non posso sentirlo, ma so che è così.

Gonfio il petto.

<<Marc Marquez, al suo anno d'esordio nella MotoGP, campione del mondo>> rimbomba nella mia testa. Il mio sogno più audace, quello che mi teneva sveglio la notte, che ogni volta sembrava troppo, un giorno è diventato la mia realtà.

Io sono questo.

Il più giovane campione che la MotoGp abbia mai visto.

Eppure qui è tutto diverso.

Il ruggito del motore, lo scenario, la pista. E con gli occhi chiusi rischio solo di prendere in pieno qualche albero.

Con il manubrio della moto da cross tra le mani e le ruote che solcano il terreno mi diverto come un bambino, un po' incosciente, un po' fuori di testa, passando ore a fare cross per la selva desolata a qualche chilometro dalla mia città.

Conosco questo posto quasi fosse una pista, come se questi sentieri fossero Aragon, o magari il Mugello. So quali svolte prendere, so come evitare la terra morbida e fangosa vicino al lago, so dove posso addentrarmi più tra gli alberi senza rischiare troppo. Che poi è tutto inutile, perché pur di superare l'altra moto che mi sfreccia davanti rischierei la decapitazione tra i rami degli alberi. Tanto campione del mondo lo sono già stato, non ho altro da chiedere alla vita se non vincere ancora.

Quando il sentiero curva cerco di infilarmi in un piccolo spazio tra un mucchio di siepi e la moto che mi precede, ma gli pneumatici di quella sono sempre qualche centimetro davanti ai miei e per non lasciarmi spazio quasi mi abbatte su un tronco poco distante. 

Giocare pulito non è mai stato il suo forte, ed un titolo in MotoGp non può far niente per salvarmi qui.

Cerco di recuperare lasciando il sentiero e spalancando il gas, con la mascella serrata e i denti che quasi digrignano dal nervoso, ma proprio quando penso di avercela fatta l'altra moto mi taglia la strada. Freno in sgommata pur di non prenderla in pieno e quasi finisco per terra, mentre l'altra con nonchalance accelera su una cunetta e vola in aria. Atterra in malo modo però, con la ruota posteriore che perde aderenza sul terreno pantanoso adiacente al lago. Il pilota è abituato e lascia andare la moto prima che questa possa schiacciarlo.

Per quanto possa sembrare sadico, un mezzo sorriso trionfante mi si stampa sul viso, nascosto dal casco. Poi con un'aria vittoriosa e solo lontanamente preoccupata raggiungo il punto in cui la moto bianca e rossa si è abbattuta.

Abbandono la mia Honda poco distante, poi fingendo di tirar su l'altra moto le dò una piccola accelerata, lasciando che la ruota ormai immersa nel fango vada a vuoto, provocando un'onda che investe in pieno il mio avversario, in pochi secondi quasi interamente ricoperto di quella puzzolente melma.

«Cerchi di seppellire sotto il fango la verità?» esclama quella voce familiare mentre con estrema delicatezza, cercando di non far trapelare alcuna goccia di fango all'interno, si toglie la mascherina dal viso. Strizza un attimo gli occhi per abituarsi alla luce, poi mi becco un'occhiataccia di sfida.

YOUNG GOD // MARC MARQUEZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora