One month later

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Only a month we've been apart, you look happier.

Ain't nobody hurt you like I hurt you,
ain't nobody need you like I do.


||REINA||

È passato un mese dall'ultima volta che ho parlato con Marc. Un mese dal Gp di Jerez, un mese da quando ho lasciato Eric, un mese da quando non ho preso quell'aereo per Le Mans.
Ci penso mentre sono sul treno diretto a Montmelò, con Barbara accanto che non cerca di intavolare discorsi e Eric e Angel questa volta seduti dalla parte opposta alla nostra. Mi dispiace solo per Angel.
Alla fine, quella volta, mio fratello si è solo ingessato un braccio. Dovevo esserci però, essere con lui dopo la sua prima caduta, la sua prima volta in ospedale.
Non ho richiamato Marc perché lui non ha richiamato me. Abbiamo colpe al 50% e non so cosa provare mentre si fa strada in me la consapevolezza che lo rivedrò nel giro di un'ora.
Non so come comportarmi, non abbiamo mai passato così tanto tempo senza neanche parlarci.
"Reina" mi richiama Barbara, scuotendomi dal torpore "lo vuoi un gossip su Marc?"
Mi giro a guardarla, in realtà non mi aspettavo di dover fronteggiare la sua faccia seria. Pensavo fosse qualcosa da ridere.
Ad ogni modo scuoto la testa.
"Dimmi solo se ha fatto qualche figura di merda in conferenza stampa, così avrò qualcosa su cui sfotterlo quando arriverò"
"Non è questo" dice Barbara "ma è qualcosa che credo dovresti sapere"
"Allora non mi interessa"
Torno nel mio mondo, con la fronte poggiata sul vetro e lo sguardo che corre lungo infinite distese di prato verde.
Quasi non voglio scendere, quando l'altoparlante annuncia l'arrivo alla nostra meta. Come a Jerez così in Catalogna, sento la pressione del tornare in pista. Anche se lo so, che non è solo quello il problema. Il problema più grosso è un dio su una moto rossa e arancione con un bel 93 stampato sopra.
Ed è un problema che dovrò risolvere.
Arrivati in stazione a Montmelò un pullman porta noi corsisti in albergo, dove posso disfare le valigie conscia di non doverle portare in camera di Eric questa volta. Una doccia al volo, infilo la polo del team con cappellino abbinato e subito abbiamo appuntamento per farci portare in pista.
Vivo tutto come se fossi un automa, costringendomi a tenere sotto chiave sensazioni e sentimenti. So che quando esploderanno farà male, ma devo costringermi a trattenerli.
Non lascio neanche spazio allo stupore del tornare in pista, anzi quando scendo dal pullman e mi avvio verso il paddock del Circuito di Catalogna fingo una tale indifferenza e nonchalance che quasi convinco anche me stessa quando mi guardo riflessa in una fila di vetri oscurati.
Poi mi ricordo che in realtà sono nata per stare qui e la cosa mi rassicura, non sono pura finzione. Quindi l'unico problema resta Marc.
Sono così figa e confident, come dicono in inglese, che finisco nel box Pramac Racing anziché in quello Honda.
Tutta convinta mi faccio strada tra i meccanici con il cuore in gola, contando gli attimi che mancano alla vista di Marc.
Ovviamente ad aspettarmi trovo solo un'occhiata interrogativa di Angel e quella stranita e quasi spiazzata di Iannone stesso.
"Reina!" esclama, nascondendo la sorpresa dietro un abbraccio "anche tu qui eh"
"Anche se nel box sbagliato" rispondo, allontanandomi. Andrea mi guarda in un modo strano, serio, come se mi stesse studiando. Parliamo di Andrea Iannone, quindi qualsiasi cosa vada oltre battute demenziali, elogi sessuali e smerdare gente random mi puzzerebbe.
"Sei già andata da Marc?" mi chiede, incrociando le braccia sul petto.
Inizio a riflettere il suo sguardo, cercando di capire cosa gli sia preso.
Comunque, scuoto la testa con dissenso e lui scrolla le spalle.
Credo sia ora di levare le tende.
"Buone prove" mormoro, dandogli una pacca sul braccio nonostante la mia faccia sia ancora molto insospettita.
"Andró meglio di voi" grida lui in risposta quando già gli dò le spalle. Alzo il dito medio mentre esco sculettando, anche se in realtà sto ridendo.
Faccio la strada a ritroso, chiedendomi come avessi fatto a saltare il box Repsol Honda.
Ovviamente, con un briciolo di attenzione in più, era facile da individuare.
Anche perché ci sono due ragazzi appoggiati alla parete esterna, intenti a sbaciucchiarsi, che attirano parecchio l'attenzione.
Lui è eclissato da lei, che vestita da ombrellina sembra lo stia divorando.
Li guardo mentre mi avvicino all'ingresso sul retro del box.
Credo che il nostro cervello, talvolta, non ci faccia vedere dei particolari per proteggerci, perché sa che ci farebbero troppo male. Riesce ad oscurare cose, o a convincerci che quelle cose non siano davvero lì. Quando è una situazione difficile da metabolizzare cerca di darci tempo. La però realtà resta quella.
Ad esempio, io mi accorgo solo quando ormai gli sono accanto degli stivali da pista, dell'arancione della tuta, dei capelli castani del ragazzo appoggiato al muro.
E solo quando lui si stacca da lei e mi guarda, realizzo davvero che quel ragazzo è Marc Marquez.

YOUNG GOD // MARC MARQUEZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora