WRAPPED AROUND YOUR FINGER (II)

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You were mine for a night,
I don't know how to say goodbye.

I told myself that I'm never gonna be alright,
You had me rapped around your finger,
I'm rapped around your finger.


||MARC||

«Baciami» dice Reina.

Irruente, famelico, mi avvento sulle sue labbra. Se c'avessi pensato un attimo di più non avrei trovato il coraggio per farlo. Le nostre bocche si scontrano ed io ancora non lo credo possibile.

Con la testa che mi gira, forse per la tequila, forse per lei, stacco la mano dal muro per aggrapparmi al suo bacino e stringerlo, mentre l'altra resta arpionata tra i suoi capelli, sulla nuca.

Per quanto fosse partito spedito, in realtà è un bacio che si placa subito dopo il primo contatto, come se persino le nostre labbra avessero bisogno di metabolizzare l'idea. Ed io mi sento come un ragazzino al suo primo bacio, quello a stampo dato magari dopo una bella nasata. È davvero questo l'effetto che Reina mi fa?

La tengo tra le mie braccia e la sento viva. La sento come non ho mai fatto prima. La consapevolezza del suo corpo contro il mio, del mio respiro mozzato allo stesso modo del suo. Stringo tra le dita la stoffa del suo vestitino rosso e mi sembra di star vivendo un'altra vita, eppure sono qui e ora E la sto baciando.
Lentamente, con il suo labbro inferiore perfettamente incastrato tra le mie, mi allontano per poi riavvicinarmi.

Sono morbide, le sue labbra, ma ora sono le nostre lingue a scontrarsi, e la musica cambia.

Le sue braccia corrono a stringersi intorno al mio collo, in una morsa dalla quale non vorrei liberarmi. Incastrato in questo casino perfetto, mi lascio prendere dalla danza del nostro bacio con un trasporto che non credevo possibile. Neanche da parte sua. Perché non sono solo io ad essere preso.

Reina si sta lasciando andare, ed è una cosa dannatamente bella.

La sua coscia sfrega contro la mia e se non fossimo in pubblico...cazzo, se non fossimo in pubblico.

Sento il braccio di Reina scivolare lungo il mio collo finché con le dita non mi afferra il mento. E mi allontana.

Con la bocca ancora aperta, la guardo disorientato in preda ad un giramento di testa che mi farebbe perdere l'equilibrio se non fossi ancorato a lei. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie.

Merda.

Ho il cervello che non riesce a formulare pensieri più complessi di così.

Reina getta la testa all'indietro, finendo contro il muro. Non mi guarda negli occhi, anzi, tiene lo sguardo basso, ed io senza sapere che fare resto esattamente nella stessa posizione di prima. Le mani su di lei che non so se riuscirebbero a impedirle di scappare. Non so se ne avrei la forza. Non so se è questo ciò che voglio.

L'espressione che ha sul viso cambia nel giro di un attimo, in una posa con la fronte aggrottata e le labbra separate che non saprei interpretare. Finché non seguo il suo sguardo, diretto praticamente al di sotto del mio bacino. E divento paonazzo.

La mia mano corre ad infilarsi nella tasca del pantalone andando a tastare la sporgenza.
«È solo il pennarello degli autografi» quasi grido, estraendo il pennarello nero d'un colpo e piazzandoglielo davanti agli occhi.

Reina lo osserva, stranita, poi osserva me, poi di nuovo il pennarello, poi scoppia nella risata più forte che le abbia mai sentito fare. É divertita, imbarazzata, e bellissima. Ed io non posso fare a meno di seguire le sue risa. «Vuoi un autografo?» domando con un sorriso malizioso.

YOUNG GOD // MARC MARQUEZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora