"Se solo non fossi partito, se solo non mi fossi svegliato quella notte, non lo avrei mai conosciuto. A quest'ora avrei già finito di cercare il carbone in miniera, sarei già a casa a mangiare la zuppa che la mamma ha preparato, e mi sarei già organizzato la serata con i miei due amici... " Dicevo tra i sorsi di whisky.
Mi mancava la mia vita.
Volevo tornare.
Dovevo tornare.
Stavo nel retrobottega di un calzolaio, seduto con le spalle al muro e la testa abbassata: non sapevo nemmeno in che zona dell'Inghilterra mi trovassi, se vicino al mare o sperduto tra le montagne.
E indovinate un po'? Mi stavo nascondendo anche in quel momento: non ci sarebbero stati degli attacchi aerei ma via terra.
Colpi di mitragliatrici e fucili incessantemente scanditi, urla e lamenti subito dopo.
Avevo la mia bella pistola Browning HP vicino a me, avrei potuto farla finita in quel modo, no?
L'alcool era l'acqua per bollire quell'idea e nessuno se ne sarebbe accorto: i miei occhi, come spilli, puntavano la canna argentata di quell'arma, senza cambiare traiettoria. La impugnai e la poggiai alla tempia: "Un solo colpo Harry, basta un solo colpo, non ne ricorderai neanche il dolore".Strizzai gli occhi, stringendo i denti e toccai con il dito il grilletto.
Ero dannatamente pronto, finalmente sarei fuggito da lì.
Era facile, come bere un bicchier d'acqua: "Dai Harry, ce la puoi fare"
"SPARA!!!"
Un frastuono generale mi arrivo alle orecchie che mi fece sussultare per lo spavento: ancora con la pistola puntata, spalancai gli occhi e notai qualcuno che era inciampato tra le pile di scartoffie e i mobili rovinati del negozietto.
Mi aveva, in sostanza, interrotto, e con il cuore a mille e la bocca spalancata, non riuscii più a parlare.
Si stava riprendendo dalla caduta e faticosamente si rialzò: occhi gelidi, caschetto biondo platino e un simbolo che mi sorprese ancora di più.
"Please don't kill me, DON'T KILL ME!" diceva nella mia lingua, spaventato a morte e tremante con le mani in avanti per paura che lo colpissi. Non mi sarebbe dispiaciuto, ma lo rassicurai che non gli avrei fatto niente.
Si era ferito alla gamba e provai a medicarlo con uno straccio trovato in mezzo a quelle cianfrusaglie: "Thank you!" Disse.
Quel ragazzo mi fece capire che in realtà i veri nemici erano ben altri, lui era solo una pedina: magro, giovanissimo, strappato alla mamma e affamato.
Gli dissi che era al sicuro e che non avevo alcuna intenzione di fargli del male: aveva molti segni in faccia come se fosse stato maltrattato e mai niente mi toglierà dalla mente quest'idea.
Vi ricordo che non si vedeva una donna da mesi ormai...
Il sonno era livido sotto i suoi occhi, la faccia scavata dalla tristezza: chissà cosa aveva passato. I nostri addestramenti erano ben diversi dai loro e una delle differenze stava proprio nell'arruolamento, di certo tra i miei compagni non ho mai visto un ragazzino di minimo diciassette anni.
Quanti della sua età sono sparsi per il mondo? Sono solo dei ragazzini, cosa ne sapranno loro di guerra? Mi chiedevo
Mi faceva una tenerezza indescrivibile e quella fascia rossa con quello stemma non gli donava proprio.
Era un'assurda crudeltà.
Fortunatamente nessuno ci scoprì, era tassativamente vietato fraternizzare con il nemico, per qualunque fosse stata la ragione, neanche per un esigente scambio di cibo, piuttosto, meglio morire di fame: mio nonno una volta mi raccontò del soldato che, rischiando una pallottola in fronte, scambiò un quarto di una forma di formaggio per far consegnare una lettera d'amore alla fidanzata rimasta in territorio nemico.
Lo consideravo un gesto davvero eroico, e io facendo del bene a quel ragazzino, mi sentivo un eroe ed era davvero gratificante.
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You're my wind rose
FanfictionQuesta è la storia di un giovane ragazzo che, nel lontano 1939, era stato chiamato alle armi. Durante la guerra, scoprì se stesso e una realtà a lui completamente nuova. All'età di ventisei anni, documentò tutta la sua esperienza e i suoi pensie...