17

164 17 0
                                        

Ero stanco e sentivo il sangue raffreddarsi piano piano anche dentro di me. Non sentivo più la sensibilità nelle gambe o nelle mani, facevo fatica a tenere gli occhi aperti e credevo di avere due mattoni al posto dei piedi.

Quello fu, forse, il periodo più estenuante di tutti, più per me che per gli altri. Ogni giorno c'era almeno un bombardamento e se non facevi attenzione ci rimanevi secco, ma a chi sarebbe importato di me se fossi morto? Cosa ci rimanevo a fare ancora sul fronte a combattere se non riuscivo a tenere più un'arma in mano?

Pian piano iniziai a considerare i vari modi per fuggire da lì senza farmi vedere da nessuno, ma mi rendevo conto che a qualsiasi momento del giorno non sarebbe stato facile .

Dio quanto desideravo andarmene, ero furioso perché non potevo neanche provarci, perché, se mentre fuggivo, mi fossi imbattuto in una pattuglia tedesca cosa gli avrei potuto raccontare?

Diamine sembrava inutile: o morivo lì o morivo lì!

Più volte, quando i tedeschi ci sorprendevano sul campo e dovevamo combatterli corpo a corpo, io mi nascondevo: non m'importava ve l'ho detto, a cosa serviva tutta quella rabbia incontenibile che ci annebbiava la vista? Non era da me nascondermi, ma qualcuno mi ci aveva fatto prendere gusto e non era male come idea: trovavo case abbandonate, già mezze distrutte, dove nessuno sarebbe entrato, cunicoli o piccole rientranze coperte da cespugli. Restavo lì e quando tutto finiva uscivo a vedere quello che restava dei due schieramenti: aiutavo a portare le barelle e a medicare i feriti.

Codardo: definitemi pure così, non m'importa.

Odiavo quella situazione e la odiavo ancora di più perché non avevo nessuno, tra tanti soldati inglesi che erano con me, l'unico di cui m'importasse veramente qualcosa non c'era più.

Avevo bisogno di riposare e di lavarmi: non riuscivo a trovare una fonte d'acqua da tre settimane. È vero non fregava a nessuno se puzzavi, avevi i cappelli sporchi o, nel peggiore dei casi, i pidocchi, ma io avevo bisogno di immergermi e nuotare, giusto per schiarirmi un po' le idee.

Mi sentivo sporco sia dentro che fuori.

Avevo cicatrici o schegge di legno su tutte e due le mani per ogni volta che costruendo le trincee mi ferivo con il filo spinato o con i paletti appuntiti che utilizzavamo: come avevo potuto toccare il viso di Louis con quelle sudicie zampe spinose e le unghie sporche di fango?

Come ha potuto innamorarsi di me con tutta la terra che avevo incrostata sul viso?

I vestiti logori e bruciacchiati, gli scarponcini con la suola consumata, i pantaloni sgualciti e lenti in vita, il viso scarno, la schiena leggermente incurvata e i denti sporchi, lavati con l'alcool delle fiaschetta che portavo con me.

Mi sentivo brutto e vecchio.

Un vecchiaccio ubriaco con i lacrimoni agli occhi.

You're my wind roseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora