Licenziata. Sicuramente verrò licenziata, o per meglio dire, non assunta. Ma che diavolo mi è saltato in mente? Cioè sono sempre stata favorevole alla libertà di parola e di pensiero e nella vita ho imparato che è bene dire sempre ciò che si pensa, però decisamente non era questo il modo migliore. Se io e il mio piccolo Alex finiremo sotto un ponte sarà solo colpa mia. Sono una madre terribile. "Voi avete propensione agli affari?" Davvero ho detto una cosa del genere ai miei possibili nuovi capi, peraltro direttori di una delle aziende più ricche e di successo del paese? Stupida, ecco cosa sono. Maledettamente stupida ed irresponsabile. Non sono più una ragazzina da un po' ormai. Dovrei aver imparato, a mie spese, che ogni azione ha una conseguenza e ora non posso più permettermi di essere un'adolescente che si fa prendere dall'egoismo e dalla smania di egocentrismo, devo pensare prima di tutto a mio figlio. Il mio gesto avventato ha messo a repentaglio tutto ciò che avevo progettato per dare un futuro alla mia famiglia. Non sono una persona che piange e si butta giù, odio farlo e da qualche anno a questa parte non ho neanche avuto il tempo per crogiolarmi nella disperazione. Ma ora, nel buio della mia camera da letto in cui si sentono solo il respiri tranquilli di un Alex addormentato, non posso fare a meno di lasciare che calde lacrime solchino il mio viso.
È un nuovo giorno a New York e i un lieve sbatacchiare sulla finestra mi desta dal mio sonno senza sogni. Mi sento gli occhi gonfi e pesanti e ripenso all'ultima volta che mi sono addormentata piangendo, ormai è passato molto tempo. Quando mi giro, noto due limpidi occhioni azzurri che mi fissano. Ho sempre ritenuto quel colore lo stesso che assume il cielo nelle giornate di primavera, quando dopo un temporale il sole rispunta e sembra scaldare ogni cosa, compreso il manto su cui si posa. "Mamma" sorride e istintivamente lo abbraccio. "Hai fame?" "Cocolato" grida gioioso. "Andiamo a prendere questo cioccolato allora" mi alzo decisa portandolo con me e gli faccio bere del latte caldo mentre mi preparo, dopodiché preparo anche lui e usciamo alla ricerca di quella tanto agognata felicità. Mentre cammino sovrappensiero mi scontro con un uomo e sento un forte dolore alla spalla. "Oh mi scusi signorina, spero di non averle fatto male". Indossa un lungo impermeabile e un cappello, ma ciò che più mi colpisce è l'ispida barba grigia sul mento. "N-no, non si preoccupi". Una volta assicuratosi di non avermi fatto male, se ne va di carriera lasciandomi interdetta a riprendermi da quello scontro. Ricomincio a camminare spedita verso la caffetteria, ho assolutamente bisogno di un caffè e sicuramente avranno del cioccolato o qualche pasticcino con esso per Alex.
Mi siedo ad un tavolino e mi lascio invadere dal calore di questo posto, fuori fa abbastanza freddo a causa del temporale e nonostante io ami la pioggia, mi rende nervosa essere umida in mezzo al vento che soffia imperterrito. "Cosa desidera?" un giovane cameriere mi si avvicina. "Un caffè e...cosa avete che contiene molto cioccolato?" chiedo ammiccando poi al bambino vicino a me che si guarda intorno curioso. "Una torta della casa, è molto soffice quindi sono sicuro gli piacerà" "Vada per la torta allora" sorrido riconoscente e lo guardo mentre si allontana. Magari ci fossero più uomini così gentili in giro. Forse lo è solo perché viene pagato per esserlo. Dopo tutto quello che è successo, ogni volta che si tratta di un uomo non posso fare a meno di pensare subito male. "Eccomi" il giovane torna con le ordinazioni e non appena vedo il dolce, non riesco a non assaggiarne un pezzo. Alterno un sorso del mio liquido scuro con l'imboccare Alex. "Da solo, mamma" bofonchia con la bocca piena mentre tenta di prendermi la forchetta di mano.
Al termine della nostra "Colazione", se così possiamo chiamarla, mi dirigo alla cassa per pagare quando il panico si fa strada dentro di me, nel momento in cui, posando le mani all'interno della borsa non trovo il portafoglio. La donna dietro al bancone mi guarda insistentemente facendomi agitare ancora di più. "M-mi scusi solo un momento, sono sicura di averlo preso". Mi appoggio ad una sedia e rovisto con enfasi alla disperata ricerca di qualche spicciolo. "Serve aiuto?" il cameriere di prima mi si avvicina con aria preoccupata. "Io non riesco a trovare il portafoglio, sono certa di averlo portato con me" sto per avere una crisi isterica. "Stai tranquilla, pago io" si offre gentilmente. "Cosa? No assolutamente" "Davvero non c'è problema, per un caffè e una fetta di torta, non finirò certo sotto ad un ponte" si avvicina ad Amanda, colei che continua ad osservarmi con sguardo torvo. "Dylan ma che diavolo fai? Aiuti le ladruncole?" COSA? "Come mi ha chiamata?" il panico lascia posto alla rabbia che mi invade fino alle punte dei capelli. "La-drun-co-la" mi canzona ancora. Ci guardiamo in cagnesco e veniamo interrotte da una voce maschile. "Cosa sta succedendo qui?" alla mia sinistra ci sono due uomini in divisa che ci osservano con sguardo misurato e attento. "Questa signora non paga" Amanda mostra un sorrisetto beffardo e uno dei due poliziotti mi si avvicina. "Signorina, venga con noi". "No, un momento la prego mi lasci spiegare! Mi dimeno agitata. "Agente la lasci la prego, è tutto okay. Offro io la colazione alla signorina, ha semplicemente dimenticato il portafoglio sono cose che capitano". Dylan mi difende, dopodiché un pianto interrompe la nostra conversazione. Strattono il braccio dalla presa del poliziotto e mi avvicino al mio bambino prendendolo in braccio. "Bene bene, cosa abbiamo qui?" "Ha pure un bambino, le sembra questo il modo di dare il buon esempio?" Domanda retoricamente la serpe alla cassa. "Riproporremo questa domanda agli assistenti sociali" risponde l'agente che fino a questo momento non aveva fiatato. Assistenti sociali? No, no, no. Non possono portarmi via Alex. Poi pensando, in un barlume di lucidità mi torna in mente l'incontro, o per meglio dire, lo scontro, avuto poche ore fa. È stato quell'uomo a rubarmi il portafoglio. "Senta agente, c'è stato un errore" traggo un respiro profondo per mostrarmi il più decisa possibile mentre aumento la stretta intorno ad Alex. "questa mattina, mentre venivo qui, un uomo mi è venuto addosso e mi ha derubata" "Confermeremo la sua versione in centrale, adesso ci segua". Non oppongo resistenza per evitare di spaventare Alex, così lanciando un'occhiata di gratitudine a Dylan e una di puro astio ad Amanda, cammino dietro i due agenti.
Sono seduta in una stanza grigia e asettica, la sedia è fredda e fin troppo dura per il mio povero fondoschiena e un uomo non fa altro che farmi domande, dopo avermi assicurata che Alex è in una specie di punto giochi insieme ad un collega. "Signorina, ci risulta che non ha un lavoro fisso e se è vero che è stata derubata, i soldi che possiede in questo momento non sono sufficienti a mantenere sia lei che suo figlio". La paura mi invade di nuovo, più intensa e minacciosa delle due volte precedenti. "C-cosa significa?" ho la gola secca e deglutire mi causa un enorme sforzo. "Non riteniamo consono che suo figlio resti con lei".
•N/A•
Buonasera fanciulle💕eccoci finalmente con un nuovo capitolo. Cosa ne pensate?
Cosa credete succederà nel prossimo?
Saremmo davvero curiose di sapere cosa ne pensate💕un grazie speciale a tutte coloro che hanno votato e commentato è un grazie naturalmente a tutte le lettrici.
Ricordo di passare a dare un'occhiata a "The accident" di RedMoonHead 💕un bacio.
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When Love Takes Over
RomanceEllie Wilson, 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei h...