The truth

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Quando finalmente riesco ad aprire gli occhi, uno spiraglio di luce mi accieca e inoltre sento la testa martellare. Cerco di portare una mano alle tempie, ma qualcosa di molto simile ad una corda, me lo impedisce. "Ti conviene stare ferma, più ti muovi, più i lacci ti faranno male". Non riconosco subito la voce, probabilmente ho un trauma cranico per la botta decisamente troppo violenta che mi ha dato Allen. A parte alcuni spiragli, la stanza in cui mi trovo è immersa nel buio e non so definire esattamente che ora del giorno sia. Colui che ha parlato esce dall'oscurità e mi si fa più vicino: non conosco questa persona, ma ha un non so che di famigliare. Una fitta lancinante laddove sono stata colpita mi fa piegare in avanti e come in un flash rivedo il volto dell'uomo. È uno dei collaboratori della Evans Enterprises, era presente al mio colloquio di assunzione. Sono sempre più confusa e dentro di me sta montando un certo terrore: se lui è qui, significa che queste persone mi stanno tenendo d'occhio da quando ho messo piede a New York. "Lui dov'è?" Parlo e la mia voce esce rauca come non è mai stata prima. "Nessuno ti ha dato il permesso di parlare!" L'uomo senza nome lascia le sue cinque dita impresse sulla mia guancia e, per un attimo, trattengo il fiato. "Ehi! Ha detto di non farle del male!" Allen. Il codardo si fa avanti e mi si posiziona davanti allontanando con uno spintone l'altro. "Peccato che ora non ci sia" ride in modo malefico. "Finché io sarò in questa stanza non le torcerai un capello!" Il mio ex ragazzo si schiera in mia difesa, ma l'unica cosa che provo è disgusto: "Mi hai provocato un trauma cranico e ora dici ad altri di non ferirmi? Mettiti in pace con te stesso, Allen". Da quanto ho capito, l'uomo di mezza età che mi ha dato uno schiaffo, non sopporta la mia voce, infatti avanza ancora una volta con l'intento di continuare il suo precedente lavoro. I due iniziano a litigare e le loro urla rendono ancora più martellante e penetrante il mio mal di testa. "Signori, adesso basta". Una luce si accende e scopro di non trovarmi in una topaia come invece pensavo, bensì in un salone piuttosto sfarzoso, mai visto prima, con il pavimento ricoperto da un tappeto persiano e con antichi cimeli posti in alcuni teche ai quattro lati della stanza. La nuova arrivata si premura di fare un ingresso trionfale, scendendo dalla scalinata con i tacchi che vengono ammortizzati dal prezioso tessuto orientale.

La luce improvvisa mi ha costretta a chiudere temporaneamente gli occhi, ma quando li riapro, vorrei che tutto questo fosse solo un incubo. Colei a cui ho affidato ciò a cui più tengo al mondo, mi sta guardando dall'alto in basso con un ghigno malefico e gli occhi bramosi di non so quale sete di potere. "K-Kim?!" La rabbia monta selvaggia dentro di me e sono certa che se non fosse per questi stupidi lacci, avrei già spaccato la faccia di questi viscidi vermi uno per uno. "Ciao Ellie, che piacere vederti" Mi si avvicina sempre di più e per qualche assurdo motivo che non riesco a capire, i due uomini la lasciano passare e abbassano lo sguardo, come se lei li comandasse. "Tu! Sei solo una persona spregevole!" le sputo sulle scarpe dall'aria costosa: della giovane adolescente con i jeans strappati, le All star e lo sguardo ingenuo non c'è più traccia; quella davanti a me pare una donna vissuta, ricca e vanitosa, ma soprattutto, senza scrupoli. "Oh, suvvia Ellie, sei troppo sciocca. Ora, dimmi dove sono Alex e Zack". "Puoi scordartelo." Sorrido come stava facendo lei fino a poco fa e questo sembra farla infuriare: "DIMMI SUBITO DOVE SONO!" Mi tira violentemente i capelli e quando rimuove la mano, noto che è sporca di sangue: probabilmente la mia ferita alla nuca è più grave di quanto pensassi. "Parlerò solo con lui" sono le ultime parole che riesco a dire, prima di cadere in un sonno profondo.

Un vociare sommesso mi accoglie, ma prima che possa svegliarmi completamente, tutti sembrano uscire dalla stanza. La prima constatazione che elabora il mio cervello è quella di essere sdraiata e non più seduta; la seconda è che, pur non sapendo con esattezza quanto ho dormito, devono essere sicuramente passate parecchie ore perché riesco a scorgere la luna alta nel cielo; la terza è che questa stanza è più piccola della precedente, ma più accogliente; la quarta ed ultima è che non sono sola.

"Ciao Ellie." "Garrett" mi metto a sedere lentamente, ho la testa bendata e un profumo dolce e fiorato mi invade le narici. "Oh, cara, perché mi chiami per nome?" Me lo chiede sinceramente, come se davvero desiderasse sentirsi chiamare papà. "Se Garrett non ti aggrada, ho molti altri appellativi in serbo; anche se credo ti piaceranno ancora meno" gli rispondo con tono di sfida. "E va bene, me lo sono meritato", "almeno su qualcosa vedo che siamo d'accordo" asserisco. "Che cosa vuoi da me e da mio figlio?" "Sai, la verità è che si tratta di una lunga storia e non sono l'unico che vuole qualcosa da voi". Si siede sul bordo del grande letto ed io, istintivamente, mi allontano. Per un secondo sembra ferito dal mio gesto, ma poi una scintilla di comprensione gli illumina gli occhi. "Non voglio fare del male né a te, né ad Alex", non so nemmeno io perché, ma gli credo. "Non si può dire lo stesso dei tuoi complici" lo canzono. "Oh non preoccuparti, avranno quel che si meritano".

"Riesci ad alzarti?" Mi porge la mano, ma la rifiuto. "Si".

Mi scorta per un lungo corridoio ombroso, dopodiché giungiamo in quella che sembra essere una sala da pranzo, molto simile al luogo in cui ero legata: un brivido mi scorre lungo la colonna vertebrale. "Voglio sapere la verità. Subito." Mi fermo puntando i piedi e costringendo il mio accompagnatore ad arrestare la sua marcia e a voltarsi verso di me. "Siediti, mentre ceniamo ti racconterò ciò che vuoi sapere".

"Non so nemmeno io da dove cominciare, però innanzitutto vorrei che tu sapessi che non ho mai smesso di volerti bene. Quando tua madre morì ed io me ne andai, ero letteralmente distrutto. Mi sono preso cura di quella donna per anni e tu per prima sai quanto sia stato difficile vederla soffrire e spegnersi poco alla volta." "E non hai pensato che magari anche io dopo la sua dipartita stessi soffrendo? Mi hai lasciata sola!" Lo accuso interrompendo il suo racconto. "Ma tu non sei mai stata sola, Allen era con te. L'ho incaricato di starti accanto, sempre. So che l'ha fatto, almeno fino ad un certo punto...ma questa è una storia che sai meglio di me" si schiarisce la voce e fortunatamente non mi da il tempo per perdermi in utili ricordi. "Quando me ne andai, ero distrutto, mi sentivo terribilmente solo fino a quando non conobbi una donna. Lei era bellissima e sono sicuro ti sarebbe piaciuta molto. Sono tornato a Montpellier per chiederti perdono e per presentartela, ma mi è stato detto che eri partita alla volta di New York, ho appreso quel che era successo con Allen così sono andato a cercarlo. Lui non ha mai smesso di amarti, è stato un momento di debolezza e chi meglio di me poteva comprenderlo?" Lo ascolto con estrema attenzione, trepidante di arrivare alla fine della narrazione per capire il motivo per cui ora sono qui. "Mi disse che voleva riconquistarti, che voleva stare con te e con vostro figlio. Eravamo accomunati dall'intento di avere il tuo perdono e così decidemmo di aiutarci a vicenda." Il tutto ha un senso e detta così, non sembra essere nulla di pericoloso per nessuno, quindi non mi spiego in nessun modo come siamo arrivati a questo; così decido di esporre i miei dubbi: "come mai sono stata rapita e legata? Perché volevate fare del male al mio capo e cosa centrano Kim e...quell'altro di cui non so nemmeno il nome?" "Quando mi avvicinai ad Allen, non sapevo che entrambi nascondessimo dei segreti, ma si sa che il tempo svela ogni cosa. Quando te ne sei andata portando via Alex, Allen era disperato. Ha iniziato ad ubriacarsi e giocare d'azzardo, entrando così in giri pericolosi. Gli dissi che conoscevo un uomo piuttosto ricco che poteva concedergli un prestito." Piano, piano ogni pezzo del puzzle sembra incastrarsi nella mia mente. "Il tizio che mi ha dato uno schiaffo?" Annuisce. "Il Signor. Ross diede i soldi ad Allen, ma qualche tempo dopo lo ricattò: gli disse che lavorava per un certo Zack Evans ed era stufo di sottostare alle idee di un ragazzino. Per questo necessitava l'aiuto di Allen, quest'ultimo avrebbe dovuto sporcarsi le mani, così che Ross diventasse capo dell'azienda." Mi sta scoppiando la testa e la paura mi ha completamente paralizzata: quell'uomo vuole davvero fare del male a Zack. "L'avrebbe fatto davvero? E tu saresti stato d'accordo? Era questo il vostro piano, eh? Fare del male ad un innocente e pensare che io vi avrei perdonati? Non mi conoscete proprio!" Sto urlando, mi sembra che la stanza abbia preso a girare e il cuore sta per schizzarmi fuori dal petto. "Ma cosa sta succedendo qui dentro?" È Kim che nonostante le sue parole, non pare realmente così interessata. "Torna pure di là con gli altri, va tutto bene" la rassicura l'uomo. Ma no, non sta andando tutto bene: la mia testa vortica senza darmi tregua, sudo freddo e la vista mi si sta annebbiando ed ecco che ancora una volta, svengo, ma non prima di aver sentito la babysitter dire: "Andrebbe portata in ospedale papà".

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Buongiorno a tutti e Buona Pasqua! Piccolo regalino, come promesso, un po' di misteri sono stati svelati. Speriamo che il capitolo vi piaccia e come sempre vi preghiamo di farci sapere cosa ne pensate, inoltre vi invitiamo ad entrare nel gruppo WhatsApp dato che ci sono ancora posti disponibili. Baci💕

When Love Takes OverDove le storie prendono vita. Scoprilo ora