05. Sincere scuse

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L y d i a

Accartocciai l'ennesimo foglio di carta, gettandolo all'interno del cestino di fianco ai miei piedi nudi. Avrei dovuto mettere da parte le mie intenzioni più contorte durante l'ora di matematica e appuntarmi qualche appunto, magari svolgere un solo esercizio, almeno non sarei stata costretta una volta tornata a casa a trascorrere un intero pomeriggio sui libri a cercare di capire.

A peso morto, mi lasciai sprofondare sulla comoda sedia girevole, socchiudendo gli occhi e tirando un sospiro di sollievo: stanca, distrutta, chi più ne ha più ne metta. Il sole stava scomparendo all'orizzonte, questo stava a significare che finalmente, anche quella giornata era giunta al termine.

In silenzio, fissando un punto fisso sulla scrivania carica di libri e penne, cominciai a girare una volta verso sinistra e una verso destra. Le parole di Justin riecheggiavano ancora nella mia mente; lo sguardo serio di quando mi apostrofò come una sua semplice nipote non avevano abbandonato i miei pensieri neanche per un istante, neppure quando pregai il mio ego di darci un taglio e cercare di concentrarmi al massimo sugli esercizi numerici. Nulla da fare. Un intero pomeriggio passato a sgobbare sui libri e nulla di appreso, niente che potesse prepararmi all'imminente prima interrogazione. Solo Justin e la sua mania di avere tutto sotto controllo, anche quelle cose o coloro che non gli appartengono.

Chiusi di scatto il libro di matematica non volendone sapere per un bel po' e mi precipitai sul letto, tuffandomi su di esso a peso morto di pancia, nascondendo il volto stanco tra i cuscini e i peluche -sì, ne avevo ancora alcuni. Li adoravo, erano così morbidi e caldi; non che ne fossi ossessionata, semplicemente avevano fatto parte della mia infanzia e mi parve piuttosto dolce tenerli e non gettarli via. Non davano fastidio a nessuno.

Uno in particolare aveva avuto un ruolo fondamentale durante i miei primi anni di vita: mi fu regalato da mio padre prima ancora che io nascessi, o così è quello che mi ha sempre raccontato mia madre. Non ho mai conosciuto mio padre, Lucas Simmons; prima ancora che io venissi al mondo lui già era deceduto a causa di un incidente in moto. La mamma non mi ha mai parlato con insistenza di lui, probabilmente perché in fin dei conti sono sempre stata io a non domandarle nulla. È stata una situazione sofferente sin dal principio per quanto riguarda me, nonostante io non abbia avuto l'opportunità di parlargli o abbracciarlo, non avrei mai potuto immaginare cosa provasse mia madre ogni qual volta la sera andava a dormire nel suo freddo letto, da sola, stretta tra le coperte che emanavano un intenso odore di lavanda. Proprio come le mie lenzuola.

Mi rigirai afferrando il peluche di elefante rosa tra le mani e lo tenni stretto al petto, fissando il soffitto color panna della mia camera; per quanto potesse risultare piccola e poco spaziosa, era in realtà accogliente. Scattai in piedi dopo qualche minuto trascorso in silenzio e afferrai il pc da sopra il comodino alla mia destra, poggiandolo sulle calde coperte rosse. Il mio letto era il letto più comodo che avessi avuto l'onore di testate, non lo avrei barattato con nessun altro. Tutto in quella mia piccola tana era strettamente legato alla mia vita, alle mie abitudini.

Accesi il pc e attesi pochi secondi, intanto il cursore in movimento attirò la mia attenzione. La luce fioca dei lampioni giù in strada rifletteva sulle finestre chiuse mentre prorompenti ed intimidatorie nuvole grigie facevano capolinea sui tetti delle case del piccolo quartiere canadese.

Ricordo di aver provato una volta a convincermi del fatto che quel posto non fosse abbastanza per me, per i miei sogni, all'altezza delle mie aspettative. Solo dopo ho capito che in realtà, ero io a non essere sufficiente per quel piccolo quartiere di città, in fondo sono sempre stata solo ed esclusivamente io quella fuori luogo. Non è stata mai colpa dei vicini eccessivamente seri, i ragazzi del vicinato fin troppo uniformi. La mia vita è sempre risultata piuttosto alternativa: sono una ragazza che bada alle apparenze. So per certo che delle buone scarpe a spillo fanno una buona donna. Un rossetto rosso indossato al momento giusto può essere il principio per una meravigliosa storia d'amore; basta una giusta gonna e un uomo può cadere ai tuoi piedi con uno schiocco di dita. È il potere delle donne, è l'ingegnosità dell'essere femminile.

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