L y d i a
Mordicchiai il tappo della penna a sfera nera con insistenza, mentre immagini della mattina precedente continuavano a susseguirsi nella mia mente.
Avevo ascoltato poco e niente della lezione di matematica e ne avrei pagato le conseguenze una volta tornata a casa. Ero solita a prendere un minimo di appunti, quel giorno invece la penna non sfiorò neanche per sbaglio il bianco foglio a quadretti del quaderno. Avrei dovuto arrangiarmi da sola.
Infilai tutto all'interno dello zaino quando il suono acuto della campanella mi richiamò all'attenzione, uscendo dalla classe per prima. Avevo bisogno di prendere una boccata d'aria, di cambiare ambiente, insomma di andarmene da quella scuola. Decisi di non sostare neanche al mio armadietto, quello di cui avevo bisogno lo avevo già all'interno dello zaino.
Camminai a passo svelto, attraversando l'affollato corridoio a testa bassa, stringendomi il più possibile a me stessa per non dare nell'occhio. Era stata una giornata pesante: i pensieri di troppo, le noiose lezioni, tutti fattori che avevano contribuito a rendere a dir poco invivibile quella mattinata scolastica. Volevo tornarmene a casa, chiudermi dentro e non uscire per tutto il giorno. La testa mi scoppiava e i pensieri di troppo affollavano la mia mente, offuscando quel poco di lucidità che mi era rimasta. Controllo, era quello che mi mancava.
Il controllo delle mie azioni, delle mie parole e dei miei istinti. Dannazione, avevo completamente resettato tutto: avevo dimenticato cosa significasse essere all'altezza della situazione, tenere sotto torchio gli uomini e non farsi mettere i piedi in testa.
Proseguii in silenzio: al diavolo il mio aspetto poco presentabile, al diavolo i capelli arruffati e le borse sotto gli occhi. Non avevo chiuso occhio per la seconda notte consecutiva e se non mi fossi regolata, sarei stata costretta a farmi vedere solo ed esclusivamente con spessi occhiali da sole. Quella mattina avevo addirittura scartato l'idea di un leggero trucco, non ne avevo voglia o semplicemente non ne avevo le forze.
Abbandonai la struttura non badando a chi avessi davanti, a chi stessi urtando o dove volessi andare. Avrei raggiunto casa a piedi, in fin dei conti una passeggiata mi avrebbe soltanto aiutata, così lasciai partire a tutto gas il pullman.
"Lydia" mi sentii apostrofare da qualcuno.
Alzai lo sguardo di colpo, ritrovandomi davanti la persona che meno avrei voluto vedere in quel momento. Indossava un completo che gli calzava a pennello, giurai che fosse stato creato a posta per la sua figura; i capelli biondi tirati indietro con del gel e degli anelli dorati accerchiavano le sue dita irregolari. Dire che era bellissimo è un'euforia.
"Signor Bieber" mi lasciai sfuggire. Da quando eravamo tornati al lei? Mi schiaffeggiai mentalmente.
Lo vidi inarcare un sopracciglio e avvicinarsi in silenzio. Cosa aveva intenzione di fare e soprattutto, perché si trovava lì? Doveva smetterla di torturarmi. Lo conoscevo da neanche un giorno e già ne avevo abbastanza.
"Dov'è Adele?" domandò guardandosi intorno. In quel caso fui io ad inarcare un sopracciglio non capendo.
"Adele non è venuta, aveva delle commissioni da svolgere con sua moglie"
Perché diavolo continuavo a dargli del lei? Il suo sguardo penetrante tornò ad incastrarsi con il mio.
"Ah, non lo sapevo" ammise con un filo di malinconia in voce.
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The Feeling
FanficJustin Bieber è un affermato avvocato canadese. Sposato e con un matrimonio disastroso a cui far fronte, si renderà presto conto di essere attratto dalla migliore amica di sua figlia. |PRIMO CAPITOLO DELLA TRILOGIA DI THE FEELING| |FORTI CONTENUTI...