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"Lei si muove,
e la sua mano dolcemente cerca me.
E nel sonno sta abbracciando, pian piano, il suo uomo che non c'è.,,

"Ho un po' di sorrisi in arretrato.,,

Ero tornata in soggiorno con la scusa di essermi dimenticata di là il cellulare.
-I medici che hanno detto?- Chiese Martina a Fede.
-Che potrebbe restare così per un tempo che loro non possono definire. Nell'impatto ha subìto una botta terribile alla testa, e se non si sveglia entro un tempo breve lo dovranno operare per rimuovere l'ematoma. Ma è un'operazione molto rischiosa, che potrebbe danneggiarlo. È per questo che sperano ancora che si risvegli.-
-Soph... Tutto bene?-
Mi accorsi improvvisamente di aver stretto il bicchiere di plastica che avevo tra le mani talmente forte da romperlo e far fuoriuscire tutta l'acqua.
-Io... Scusatemi...- Sfregai una mano sulla gamba per asciugarla:-Vado a prendere uno straccio.-
A passi lenti raggiunsi la piccola cucina per cercare uno straccio.
-Ehi...- Mi voltai di scatto, e per poco non sbattei la testa contro al tavolo, dato che ero accucciata per cercare in uno degli sportelli in basso.
-Martina, dimmi.-
-Ci soffri tanto?- Mi domandò. Tentava di nasconderlo, ma notai che il suo labbro inferiore tremava.
Deglutii. -Lui tornerà. Non potrebbe mai finire in questo modo.- Dissi con una convinzione pari a zero.
-Perché non dici la verità, per una maledetta volta?-
Abbassai lo sguardo.
Come sempre, lo sapeva che non stavo bene, che a stento sentivo la voglia di continuare a respirare.
-È normale che tu ti senta male. Lo amavi con tanta forza e in modo talmente amplificato che non puoi non stare male in questo momento. E non credi che lui starebbe allo stesso modo? So che non è mentendo sul fatto che stai male che ti farà stare meglio. E non devi sentirti in colpa se riesci a sorridere. Lui non ti vorrebbe vedere così.-
-Ti sbagli.- Replicai con un filo di voce.
Lei aprì la bocca pronta a ripetere il suo discorso, ma io la interruppi.
-Non lo amavo; lo amo.-
Ci volle poco, poi, per trovarmi stretta tra le sue braccia e le lacrime.
___

Arrivammo in ospedale alle cinque di pomeriggio.
Mi ritrovai proiettata di nuovo in quel corridoio freddo e senza finestre, illuminato freddamente da luci al neon, sulle stesse sedie blu. Pensai che in quel posto, non importava se era estate, inverno, se fuori pioveva o se c'erano quaranta gradi. Sarebbe rimasto sempre lo stesso. Era un luogo dove si aspettava, e i posti dove aspetti e quindi rimani sempre lo stesso, non cambiano anch'essi.
Fecero entrare Martina per prima. Per tutto il tempo, fissai il muro bianco di fronte a me.
Mi sentivo svuotata. Il battito del mio cuore rimbombava dentro di me e i miei pensieri sbattevano contro la mia testa continuamente. Non avrei mai creduto di stare così male seppur mi sentissi vuota. Facevo una fatica tremenda che aumentava ad ogni secondo per non crollare.
Se nessuno dei due fosse rimasto forte, cosa sarebbe rimasto?
Fede mi lasciò andare prima di lui ancora una volta.
Come entrai in terapia intensiva, sentii lo stesso odore di lattice e disinfettante dell'ultima volta. Benjamin era nello stesso letto nell'angolo della stanza dell'altra volta.
Avvicinandomi, mi accorsi di come la sua pelle era diventata ancora più bianca, e di come i suoi tatuaggi sembrassero così neri da non appartenergli più.
Mi sedetti su una sedia lì accanto, e come sempre gli presi la mano.
Per la prima volta, decisi di parlargli. Non sapevo che cosa stavo dicendo, sapevo solo che ne avevo bisogno. Sentivo la necessità di parlare solo con lui. Sentivo che in qualche modo lui mi sentiva o che perlomeno avrebbe voluto farlo, e questo bastava.
-Non avevo dubbi sul tuo appartamento. Sei proprio un disordinato cronico, sai? Però una cosa te la devo riconoscere: i libri erano tutti perfettamente a posto, come ti ho sempre detto che piaceva a me. A volte penso che tu l'avessi fatto come se sapessi quello che sarebbe dovuto succedere. Come se avessi voluto preparare quella casa per il mio arrivo. Sono pensieri sciocchi, lo so- tentai di ridere, ma ormai ero in preda alle lacrime che mi rigavano il volto:-ma tu sai meglio di tutti quanti pensieri strani ci siano nella mia testa. Sei l'unico con cui abbia mai parlato di tutte quelle cose, con cui abbia mai deciso di aprirti il mio mondo. E credimi, non l'avevo mai fatto con nessuno. Lo so che sei peggio di me in queste cose, che arrivare puntuale non è il tuo forte e che, anzi, se arrivi in ritardo di dieci minuti è un record, ma stavolta, per favore, non metterci troppo, okay?- un gemito di dolore lo scosse, e alzò debolmente il braccio. Lo sorressi come lui aveva fatto tante volte con me, ma il braccio tornò al suo posto. Immaginai che, se solo avesse potuto, quelle braccia le avrebbe usate per abbracciarmi. O perlomeno lo desideravo. -Non riesco a stare senza di te in questo modo. Il mio amore per te sembra schiacciarmi se non ci sei tu accanto a me, sai? Vicino a te era tutto un po' più semplice, per quella tua capacità di buttare tutto sul ridere, quella che io non avrò mai. Ho ancora il tuo ultimo bacio incollato alle palpebre e vedo il tuo sorriso ovunque. Sei sempre stato tu quello forte, nonostante abbia sempre detto il contrario. Nonostante i tuoi momenti di fragilità, sei diventato forte per tutto quello che ti è successo e che sopportavi ogni giorno in silenzio. Non sai quanto ti debba ringraziare per avermi fatto ridere anche quando per te era tutto nero, quando avevi molti più motivi di me per accucciarti tra le braccia di qualcuno e piangere fino a sentire male agli occhi e alla gola. Torna, Ben. Ho ancora un po' di sorrisi in arretrato che devo farti fare.- Asciugai le lacrime che ormai erano una consuetudine, tirai fuori il cellulare dalla tasca e lo collegai alle cuffie. Ne misi una a me e una a lui. Le dolci note di "Trouble" dei Coldplay irruppero nella mia testa. Anche lui poteva sentirle quelle parole. Doveva essere così. Ormai la canzone era finita, ed io tenevo ancora la sua mano stretta nella mia, attenta a non toccare i lividi viola che coloravano la sua pelle come un quadro incompleto o l'ago che che gli penetrava nella pelle.

Un'infermiera si avvicinò. Dovevo andarmene. Sentivo i capelli in disordine e gli occhi rossi e gonfi, più del solito. Mi voltai per uscire, ma poi mi ricordai di una cosa. Arretrai di qualche passo e mi chinai sul viso di Ben. Avrei baciato quelle labbra che erano ancora le sue se non fossero state gelosamente nascoste sotto alla maschera per l'ossigeno. Ma era quella che lo teneva in vita. 

-E quasi dimenticavo...- Lo baciai su una guancia. 

-Buonanotte, Ben.-

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siate sinceri, vi piace? :)

without you / benjamin mascoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora