Capitolo 24

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James

Quando entrai vidi una bellissima stanza, le pareti erano decorate con alberi e graziosi animaletti delle fiabe.

I bambini giocavano su un tappeto posto ai piedi dei loro letti bianchi e troppo grandi per un corpicino come il loro, tipici degli ospedali, e c'erano 6 bambini, 4 maschi e 2 femminucce, quando ci videro corsero da Alexander prendendo la busta dalle sue mani e mettendosi tutti in cerchio per vedere cosa ci fosse dentro. 
"Pongo!" Disse una della due bambine entusiasta del contenuto "quando ci giochiamo?" Chiese uno dei bambini,  Alexander gli disse "che ne dite di presentarci prima? Ci mettiamo seduti qui in cerchio e parliamo un pò" sorride alzando gli angoli della bocca in un sorriso non molto accennato. I bambini presero le loro piccole seggiole mettendosi in una posizione che non ricordava affatto un cerchio e visto che in quella stanza era tutto di piccole taglie io e Alexander ci sedemmo per terra a gambe incrociate, "io mi chiamo Alexander, sono inglese ma vivo qui da quando ero piccolo come voi" sorrise guardando velocemente ogni bambino "mi piace fare fotografie e scrivere tutto ciò mi va, infatti ho questo blocchetto nel caso ho voglia di scrivere". Mi guardò incitandomi a presentarmi e così feci "sono James e vivo qui da sempre" non trovai nulla di meglio da dire infatti mi guardò in un modo che mi fece capire che dovevo dire qualcosa di più "Abito in una casa grande con mio fratello".
lo vidi scuotere la testa esasperato, si ero una frana nelle presentazioni non erano il mio forte diciamo "fai schifo anche in questo" alzò gli occhi e io gli dissi "non sei per niente carino Alexander, vero bambini?" guardai i bambini cercando la loro approvazione, alcuni annuirono, mentre altri ridacchiarono quando vidi con la coda dall'occhio Alexander farmi la linguaccia, il che mi sorprese molto visto che era lui quello sempre serio, adulto e responsabile. Che ci fosse ancora un bambino in quel corpo snello e ammaccato? 
I bambini uno alla volta dissero i loro nomi e cosa gli piaceva fare, Alexander ogni tanto si appuntava qualcosa ,che mi impedì di leggere, e poi cercava di metterli a loro agio con qualche domanda del tipo "Cosa vuoi per natale?" o "che cartone animato ti piace di più?" oppure "come si chiamano mamma, papà e sorelle - fratelli se li avete?" nel frattempo scoprì che Alexander ha una sorellina, suo padre William come il principe d'Inghilterra, sua mamma si chiama Lidya, il suo animale preferito era il gatto e il suo colore preferito era il Blu elettrico. Quando Alexander disse il nome di sua madre tutti i bambini chiesero di lei di quando sarebbe ancora venuta e di cosa gli avrebbe portato, da come stavo capendo lei ci veniva almeno due volte alla settimana e portava sempre qualcosa per i bambini, dai giocattoli di Alexander quando era piccolo a cose fatti in casa tipo la pasta sale che quando si secca la puoi colorarla e cose simili per intrattenere i bambini.
Così andammo avanti per un pò fino quando i bambini non sembravano a loro agio e giocammo con la pasta sale. Io aiutai una delle bambine mentre cercava di fare un pupazzo di neve mentre Alexander cercava di fare un gatto ma sembrava più ad una grossa salsiccia, glielo feci notare ricevendo poi un occhiata truce e un forte dolore mi salì dal piede fino ad arrivare alle spalle quando mi schiacciò il piede per vendicarsi.
I bambini erano dolci e le loro risate contagiose, e riuscirono a sporcarsi tutti quando arrivò la merenda. 
L'ultimo gioco che riuscimmo a fare prima di andare via fu un gioco proposto da Alexander che consisteva nel mettere 5 sedie in cerchio per un totale di 6 bambini, quando la musica iniziava dovevano girare in torno al cerchio di sedie e quando la musica si fermava loro si dovevano sedere sulla prima sedia libera che trovavano, chi rimaneva in piedi era eliminato e ad ogni bambino eliminato si toglieva una seggiola. Alexander mise della musica e iniziammo a giocare. I bambini si divertirono anche quando si ritrovavano in piedi e di conseguenza eliminati. Quando una bambina mise le mani tra una seggiola e l'altra si fece male a un dito, corse da Alexander piangendo e la prese in braccio dondolandola, "adesso passa vedrai" gli baciò la piccola mano mentre la bambina lo guardava con le lacrime agli occhi e mentre si tirava su il naso. Non lo lasciò andare nemmeno quando gli altri bambini ripresero a giocare, gli rimase aggrappata al collo senza la minima intenzione di volerlo lasciare andare, non so bene come spiegare cosa provai in quel preciso istante ma sentii un formicolio molto simile a un brivido dietra alla nuca e qualcosa stringermi lo stomaco.
Quando fu l'ora di uscire dall'ospedale salutammo i bambini dicendo a loro che saremmo andati ancora ancora a trovarli.
"ora cosa facciamo Alexander?" chiesi a lui seguendolo nel parcheggio "tu fai quello che vuoi, io torno a casa mia." mi rispose molto tranquillo mettendo i fogli degli appunti presi nella sua tasca per poi prendere le chiavi della macchina. "Andiamo a mangiare al Mc Donald" dissi vedendolo scuotere la testa per rifiutare l'invito, e io non venivo mai rifiutato "non è una domanda e nemmeno un inviato, è più un obbligo". Camminai fino alla sua macchina senza prestare attenzione ai suoi vari tentativi di persuadermi, ma 10 minuti dopo eravamo già nel parcheggio del Mc Donald che stava attaccato al cinema, "che ne dici di mangiare e poi andare al cinema?" lo sentì grugnire in disaccordo con i miei piani per quella serata, però quando scesi dalla macchina uscì a sua volta e mi seguì dentro.
Camminai verso il bancone "Spero tu non sia vegetariano" gli dissi mentre leggevo con fatica il menù in alto sul cartellone grande, vedevo tutto sfocato anche se strizzavo gli occhi per mettere a fuoco le scritte e i disegni, era tutto inutile. Di solito portavo le lenti a contatto così non dovevo sopportare il fastidio che mi davano gli occhiali sul naso ma, avendo perso le lenti quando ero a giocare con i bambini sul tappetino, avrei dovuto metterli per un pò. "Cosa prendi Alexander?", ero indeciso se prendere l'hamburger o un hamburger con il pollo, poi guardai la cassiera, era bassa con i capelli neri e del trucco pesante, mi guardo male aggrottando la fronte con le sue sopracciglia finissime quasi inesistenti, nerissime come il petrolio. "Con chi stai parlando ragazzino? Le casse sono la, qui si ritira solo" mi guardai affianco senza nessuna traccia di Alexander e desiderai con tutto me stesso che non se ne fosse andato. Andai dove la cassiera mi aveva indicato e lo vidi in piedi davanti a uno schermo mentre lo fissava come fosse un alieno, così guardai anche io nella sua stessa direzione vedendo il menù e le varie opzioni da scegliere. Appoggiai le mani sulle sue spalle sentendo sotto le mie dita e suoi muscoli contrarsi e irrigidirsi, il collo lungo, lasciato scoperto dalla felpa beige che indossava, era chiarissimo e si intravedevano le vene. Non tolse nemmeno per un secondo lo sguardo dallo schermo, anche se ero sicuro che non lo stava guardando per davvero, che se ne stava da qualche parte nella sua mente con i suoi pensieri del tutto sconosciuti. "Se continui a guardare lo schermo non si selezioneranno da solo Alexander" dissi a bassa voce cercando di non ridere mentre un lungo brivido attraversò la sua schiena fino a fargli venire la pelle d'oca. Tolsi le mani dalle sue spalle e mi misi accanto a lui per poter selezionare l'Hamburger, le patatine e la bevanda, mentre con la coda dall'occhio vedevo Alexander guardarsi in giro con le guance arrossate come le punte delle orecchie "tocca a te" mi feci da parte in modo che potesse guardare e selezionare la sua cena, il suo dito scorreva leggero sullo schermo mentre i suoi occhi andavano da una figura all'altra e prese due porzioni di crocchette di pollo, patatine e un the alla pesca. “Fatto?” gli domandai quando pensai che avesse finito con le ordinazioni, lui annui così pagai e presi lo scontrino per ritirare i pasti. 
Al tavolo ci sedemmo uno di fronte all'altro, lo vedevo in imbarazzo, il suo piede sbatteva freneticamente a terra mentre lo sguardo vagava sulle pareti e sulle persone seduti ad altri tavoli ma mai su di me, o mi odiava così tanto, oppure lo mettevo a disaggio, così decisi di parlare per primo “allora Alexander, che mi racconti?”. Alzò lo sguardo verso di me dopo aver preso un morso da una crocchetta “non ho nulla da raccontare” mi disse scuotendo la festa, “sei di molte parole”, fece spallucce così decisi di lasciarlo stare e mangiai il mio hamburger e le mie patatine. Mi stavo annoiando a morte e non avevo voglia di andare a casa, visto che non c'era nemmeno Nicholas, e Adrian non avevo voglia di vederlo. Avrei rotto le scatole al ragazzo di fronte a me impegnato a finire le ultime 10 patatine, dovevo trovare un argomento per forza o questo silenzio mi avrebbe fatto dare di matto. Pensa James, pensa. 
“Alexander sei gay?” gli dissi tranquillamente prendendo il mio bicchiere di cartone con dentro la coca cola, lui iniziò a tossire quando una patatina che stava mangiando gli andò di traverso, cercando di rimanere serio, gli avvicinai il bicchiere che prese mettendo la cannuccia in bocca e prendendosi un lungo sorso di the. Quando si riprese allontanò le patatine e mi guardò con le lacrime agli occhi per via della tosse “che ti dice il cervello? Ah si, nulla!” disse a voce alta mentre io me la ridevo, ma mi fermai quando vidi la sua espressione contrariata, “allora?”. Sospirò buttando fuori l'aria dal naso “come ti ho detto un pò di tempo fa non ho mai pensato a queste cose” prese un altro sorso dal bicchiere iniziando a torturare la cannuccia con i denti, “perché non ci hai mai pensato?” gli domandai volendo sapere qualcosa di più “non potresti capire e non mi conosci”, se forse lasciasse entrate le persone nella sua vita senza che gli altri dovessero entrarci a forza, e io ci sarei entrato, a costo di dover camminare sui carboni ardenti e scalare quelle barriere che aveva creato di fronte a se “ti conoscerò, puoi sterne certo Alexander!” mi abbassai avvicinandomi più vicino a lui in modo che mi sentisse meglio, teneva lo sguardo sul suo bicchiere che stringeva tra le mani, la cannuccia in bocca e alcuni ciuffi di capelli gli coprivano gli occhi “e non sarà l'odio che provi per me a farmi cambiare idea”. Mi guardò attraverso i ciuffetti di capelli per poi staccarsi dalla cannuccia e alzare il viso verso di me “non ho mai detto che ti odio” disse guardandomi serio, “odio l'idea di non poter andare nella scuola dei miei sogni per una colpa non mia ma tua. L'odio è uno dei più brutti sentimenti che una persona possa provare e io non voglio sprecare i miei pochi sentimenti con l'odio.” arricciò il naso creando delle morbide rughette, prese l'ultimo sorso prima di sfilare la cannuccia dal coperchio in plastica e iniziare a mordicchiare un'estremità.

N.B
CIAO A TUTTI! Voglio scusarmi con tutti voi che state leggendo questa storia per i lenti aggiornamenti :(
Sto avendo dei problemi nelle correzioni dei testi :'(

Vorrei farvi una domanda..
Preferite un aggiornamento alla settimana ma con errori di battitura e grammaticali o aspettare più di un mese ma senza errori di battitura e grammaticali?

Vi prego di commentare con la vostra risposta giusto per sapere che fare..

Io la storia ce l'ho già tutta completa ma solo mi manca la correzione dei capitoli quindi ora vi saluto e vi lascio alla lettura, ci ricordo di commentare con la vostra risposta alla domanda così vedo come muovermi

P.s ho creato un account Instagram della storia dove ogni tanto aggiornerò con qualche foto o video riguardati la storia o simile. In più nei follower trovate gli attori su cui mi sono basta fisicamente.
P.p.s Ricambio il follow.

E Alla Fine Cosa Resta Di Noi? #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora