Capitolo 37

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Quella mattina sia io che Matthew ci eravamo svegliati tardi e dovevamo tornare a scuola. Nonostante fossimo appena tornati da una settimana d'orientamento la scuola aveva deciso che appena rientrati avremmo dovuto riprenderne le normali lezioni giornaliere ma almeno non ci avevano dato compiti non avendo tempo di farli durante il soggiorno in accademia. "buong-tesoro cosa hai combinato?" mamma corse subito da me avvolgendomi le braccia intorno al collo per poi iniziare una esplorazione delle ferite presenti sul mio corpo. La allontanai gentilmente perché di prima mattina preferivo non avere contatti fisici e poi i tessuti che sfogavano sulle croste dei tagli mi rendevano ancora più nervoso oltre al fatto che Matthew non mi aveva detto ancora una parola e una strana sensazione mi cresceva dentro al petto opprimendomi "sono caduto nel bosco, poi ti racconterò meglio. Ti informò che abbiamo un nuovo animale che ora dorme in camera mia, se riesci a portagli da mangiare mentre vado a scuola mi faresti un enorme favore." guardai velocemente l'ora e sgranai gli occhi, non pensavo fosse così tardi "Siamo in ritardo!" esclamai dirigendosi alla porta seguito da Mat "ma tesoro io devo dirti una cosa molto imp-" mi chiusi la porta alle spalle prima che potesse finire, non ero stato carino con lei ma ci mancava davvero poco che avremmo dovuto saltare la prima ora e non mi andava di saltarla. In più non vedevo ora di rivedere Davina.

In macchina ci fu silenzio per tutto il tragitto, di solito era lui quello che parlava e vederlo taciturno mi faceva stare male mentre mi chiedevo per quale motivo, visto che avevamo litigato, stesse ancora con me di solito gli amici che litigavano non volevano rimanere uno lontano dall'altro per riflettere sull'accaduto? A volte non capivo come funzionasse.

Entrati a scuola fui investito da una strana ondata di tristezza, o meglio, l'edificio emanava tristezza i corridoi erano vuoti per via dei dieci minuti di ritardo che avevamo fatto quindi ormai erano tutti in classe ma da esse non proveniva nessun tipo di rumore, ne quelli del gessetto sulla lavagna ne il chiacchiericcio degli studenti che parlottavano durante una spiegazione e tanto meno i professori che spiegavano i nuovi paragrafi...

Quella strana sensazione allarmò tutti i miei muscoli e anche lui si mise sull'attenti come se da un momento all'altro potesse spuntare un maniaco che voleva picchiarci, percorremmo il lungo corridoio passando davanti al mio armadietto "Alexander guarda" disse Matt dandomi una gomitata per attirare la mia attenzione, guardai dove putava il suo sguardo e vidi che su un armadietto, che conoscevo bene, c'era scritto "bitch" la preoccupazione si fece più intesa dentro di me "cosa sta succedendo..?" domandai facendo respiri lunghi cercando di rimanere calmo per evitare uno svenimento "non so, ma non mi piace" mormorò, ci girammo di scatto quando sentì una porta sbattere e dei passi farsi sempre più veloci.

Con un leggero fiatone Andrew si fermò davanti a noi due "dovete venire subito in palestra" il suo viso era un misto di emozioni, c'era preoccupazione, c'era agitazione ed era agitato come se ciò che stavamo per vedere fosse qualcosa di traumatico e la sensazione che emanava faceva sparire ogni mia curiosità. Ma andammo lo stesso e quando entrai mi pentì di averlo fatto.

Guardai i miei compagni ricoprire i posti a sedere mentre altri stavano seduto a terra, stranamente quel giorno non erano vestiti con colori accesi o sgargianti, andavano sui colori pastello e spenti, solo qualcuno aveva dei colori appariscenti.

I loro volti era seri, alcuni sembravano tristi ed altri annoiati "andiamo avanti" sussurrò Andrew guidandoci ma non arrivai nemmeno a metà strada che ciò che vidi fece collegare tutti i fili.

I miei compagni di scuola stavano guardando al centro del campo dove il preside stava in piedi davanti all'asta del microfono e i professori stavano seduti sulle sedie dietro di lui, i loro sguardi seri e severi tenevano d'occhio ogni singolo studente mentre accanto a loro stava un cartello con una foto di Davina, chiaramente una foto dell'Annuario, circondata da Fiori bianche rossi e gialle. "se qualcuno di voi sa chi è stato a diffondere quel video si faccia avanti" disse il preside a non ascoltai una parola di più, usci dalla palestra 'correndo', anche se le stampelle e la cera sul pavimento me lo impedivano, andò nel primo bagno che capito e mi chiusi dentro sedendomi poi sulla tazza del Water. Che cosa stava succedendo alla mia vita? Continuavo a sperare che quello che avevo visto pochi minuti prima fosse uno scherzo e che non stava accadendo di nuovo, che qualcuno di molto importante nella mia vita se ne andasse lasciandomi in balia del dolore. Singhiozzai tirando su con il naso mentre sentì una porta chiudersi "Alexander?" mi chiamò James avvicinandosi alla porta "mi fai entrare?" disse poi molto gentilmente "vai via" risposi cercando di calmare i singhiozzi "dai ti prego" usò lo stesso tono ma volevo rimanere da solo nella mio dispiacere. Senti la porta del bagno accanto aprirsi e poi lo vidi spuntare da sopra la cabina "mi hai costretto tu a rampicarmi" disse issandosi con l'aiuto di un saltello scavalcando la parte del bagno e lasciandosi andare per poi atterrare accanto a me, mi copri il viso con le mani non volevo e mi vedesse così. Abbracciandomi mi fece alzare e poi sedere sulle sue gambe senza mai staccarsi, non parlò finché non mi calmai ma in realtà erano solo piccole pause tra un pianto e l'altro come se fosse una pausa per recuperare altre energia da spendere in nuove lacrime, mi stupivo di averne ancora "che cosa gli è successo?" sussurrai in una di quelle pause "non lo so con precisione... so che Adrian ha diffuso il video il giorno dopo che siamo andati in accademia" sembrò dispiaciuto, quasi se fosse il colpevole della situazione. Mi alzai per guardarlo meglio ma lui portò una delle sue calde mani sulla mia guancia togliendo alcune lacrime che ancora stavano sulle mie guance, lo vedevo nei suoi occhi, vedevo tutte le colpe che si atava dando nonostante lui non centrasse niente. "Ti stai dando delle colpe?" Gli chiesi attirano il suo sguardo che non smise di vagare per un secondo dal mio viso "Perché te le stai dando?" Rimasi in braccio a lui appoggiando una mia mano sulla sua per poi stringerla e dargli un po' di conforto anche se la persona a cui era appena morta una amica ero io... al solo pensiero mi salivano le lacrime agli occhi annebbiandomi la vista "dopo la festa del post ballo che voi ve ne eravate andati e dopo aver mandato via tutti avevo detto a Adrian che aveva esagerato questa volta, che rischiava di andare in galera e ancora peggio rischiare la pena di morte. Gli ho detto anche di non pubblicare il video ma non mi ha dato retta e io non ero qui per fermarlo così una vita non c'è più." Fece una pausa per chiamare a sé tutte le forze che aveva per non far cadere nemmeno una goccia di lacrima "una giovane vita che mi piaceva anche. Sapevo dalla notte di Halloween che aveva in mente qualcosa, lui è uno che gioca con le persone. Pensavo che il massimo che poteva farlo era dare buca ad un appuntamento o lasciarla ma non che si sarebbe spinto così tanto oltre. Se quella sera non gli avessi dato retta..." gli si spezzò la voce mentre la mano che stringeva trema tutta "non hai nessuna colpa... ne io, ne te e ne Davina" lo abbracciai e restammo così per un po' di tempo uno stretto all'altro "usciamo dal bagno così ti rinfreschi il viso" disse facendo passare le sue dita tra i capelli ancora spettanti. Ci alzammo andando al lavandino e mi buttai dell'acqua congelata sul viso per poi asciugarmi. "Hai tutte le guance e gli occhi arrossati" mi disse James venendomi vicino da far sfiorare le punte delle nostre scarpe "non chiamarmi Heidi o ti picchio" gli dissi lanciandogli un'occhiataccia che lo fece sorride, mi avvolse la vita con le sue braccia attirandomi a sé così tanto da sentire tutto il suo corpo contro il mio è da dovermi sporgere un po' all'indietro per guardarlo in viso soprattutto dato alle nostre diverse altezze "che cosa vuoi fare adesso?" Mi chiese. Non avevo più energie mi andava solo di spegnere l'interruttore del cervello e svegliarmi quando fosse tutto finito. Sofferenza compresa. "Voglio andare a casa e dormire" gli dissi guardandolo in viso, un viso così bello con una pelle liscia che mi faceva sempre venir voglia di a carezzarla "allora ti porto a casa." Lo guardai sorpresa "ma si può fare? Cioè non è un giorno di scuola?" Gli chiesi e lui sembro pensarci "secondo me ti lasceranno andare" lo strinsi di più, tutto ciò che volevo in quel momento era la forza che mi davano i miei amici e James, un letto con delle coperte calde e la speranza che tutto ciò fosse solo un incubo.

E Alla Fine Cosa Resta Di Noi? #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora