3- Dreams come true

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Non mi bastava averla vista due volte il giorno prima, dovevo vederla anche la notte.

Il sogno non consisteva in nulla di particolare. Mi trovavo in un bosco e vedevo sempre la solita ombra che da lontano mi squadrava con la sua solita postura. Mani in tasca e gamba destra piegata su un albero.
Questa volta riuscii a vedere i suoi occhi, erano azzurri. Un azzurro molto accesso, che tra quei capelli neri spiccavano più di tutto. Io non facevo niente, volevo avvicinarmi, ma era come se una forza non me lo permettesse.

L'orologio segnava le 5:35, avevo ancora un'ora per dormire ma quel sogno mi tornava sempre in mente e non mi lasciava pace. Dunque mi rassegnai al fatto che quel giorno non avrei dormito più di così.

Mi alzai e andai a farmi una doccia, avevo troppo tempo, avrei potuto fare di tutto. Uscita dalla doccia mi recai in camera avvolta da un grande asciugamano bianco per scegliere cosa mi sarei messa quella mattina. Non è difficile immaginare i miei outfit. Maglietta degli sleeping with sires con sopra una felpa nera, skinny jeans strappati sulle ginocchia e solite converse nere alte. I colori non sono il mio forte.

Quella mattina decisi anche di piastrarmi i capelli. Una volta finito, l'orologio sul display del mio cellulare segnava le 6:40, dunque mi distesi sul letto a pensare alla possibile giornata che avrei avuto quel giorno. Avrei rivisto ancora la misteriosa ombra? Se si, sarei riuscita ad averci contatti? Erano domande che mi stavano assillando. Iniziai a farmi mille film mentali fino a che non guardai l'ora e non mi accorsi che da lì a cinque minuti sarebbe arrivato il mio autobus.

Mi precipitai giù dalle scale ed arrivai alla fermata, per fortuna non era ancora arrivato e anche quella mattina ero da sola ad aspettare il suo arrivo. Nel frattempo presi le cuffiette e feci partire della musica in riproduzione casuale.

Il bus arrivò e scelsi il mio solito posto in fondo. Arrivata a scuola ricominciò la solita e classica routine di tutti i giorni. Lezioni, pranzo, sigaretta, lezioni, noia, fine lezioni. Solo che quel giorno nel retro della scuola non c'era nessuna traccia dell'ombra. Questa cosa mi mandò in confusione più di prima. Forse ero diventata pazza veramente.

Tornai alle lezioni e, una volta finite, andai a fare un giro prima di tornare a casa. Questa volta cambiai strada e mi trovai in una via dove si trovava anche una casa abbandonata. Non l'avevo mai vista, neanche con il mio gruppo di amici. Presi al volo l'occasione ed iniziai la mia esplorazione all'interno di questa.

Una volta entrata si poteva vedere solo buio, nient'altro. Qualche spiraglio di luce dalle finestre o dai buchi sul muro illuminava le stanza, ma niente di più. Iniziai a girare a vuoto, fino a che non mi trovai in quello che presumo fosse il salotto.

Al centro della stanza trovai una campana con accanto un gesso, e mi fece pensare che l'avessero appena disegnato.
"C'è qualcuno?" fu la prima cosa che feci dopo aver visto quel disegno a terra. Non ebbi nessuna riposta. Nella mente mi fulminò il pensiero che se avessi fatto quello che ha fatto Thomas , magari avrei potuto avere delle risposte. Poggiai il mio zaino a terra vicino al muro ed iniziai a giocare.

"Il sangue rosso
Fermare più non posso"

Feci i primi due salti.

"Sento la paura
L'unica cura"

Ne feci altri due.

"Il prossimo a cadere giù
Sarai proprio tu."

Finii le caselle in cui saltare.

Mi levai dal disegno e mi guardai intorno. Nulla, non era successo niente. Ci riprovai, ma una volta riconcluso il "gioco" non vedevo ancora niente. Dunque girai i tacchi, ma una voce proveniente da un angolo della stanza mi fece fermare.

"Perchè ti sei fermata? Eri così graziosa" sentii da quell'angolo.
"Chi sei tu?" domandai rimanendo ferma dov'ero.
"Dovresti saperlo" era la voce roca e profonda dell'ombra.
"N.. no, non lo so" balbettai cercando di rimanere calma.
"Oh, andiamo, non è la prima volta che mi vedi" notai quelle che suppongo fossero le sue labbra tirarsi per formare un ghigno. Da lontano si poteva notare qualcosa sul suo volto brillare, sembravano due piercing, ma non ne ero sicura.
"T.. tu non puoi essere l'ombra.." sospirai quasi a pronunciare l'ultima parola.
"Come no? Sono io in carne ed ossa, o magari sarebbe meglio dire in spirito" fece un sorriso alle ultime parole.
"Perchè non potevo avvicinarmi a te?" domandai avanzando verso di lui a passi lenti.
"Perché eravamo in luoghi pubblici e le persone normali non possono vedermi. E poi.. sembrerebbe che ti mettessi a parlare da sola" disse con fare ovvio sorridendo appena.
"So che sei una persona estremamente curiosa, dunque volevo vedere fino a dove saresti arrivata" Continuò. La sua voce si abbassò all'ultima frase. Alzò leggermente il mento ma i suoi capelli ricadevano comunque sul suo volto facendo solo intravedere i suoi occhi. Mi avvicinai cautamente a lui.
"Se hai detto che le persone normali non possono vederti, allora perché io ti vedo?" Eravamo ad un metro di distanza.
"Chi ha detto che tu sei una persona normale?" lo vidi diventare improvvisamente serio e i suoi occhi guardavano dritti nei miei.
"C.. cosa vuoi dire?" domandai curiosa ma intimorita da quello sguardo glaciale.
"Vuoi sapere troppo, non posso dirti di più" tolse la gamba destra dal muro mettendosi in posizione eretta e togliendo le mani dalle tasche, come se fosse giunto il momento di andarsene. Non capivo nulla e non so come sia potuto succedere, ma dalla mia bocca uscì solo una domanda.
"Ci rivedremo?" era quasi un sussurro che, però, lui sentì.
"Certamente" si avvicinò a me "Prima di quanto immagini piccola e dolce Elice" Pronunciò le ultime parole accarezzandomi la guancia e tenendo una voce assolutamente più bassa del solito, come se qualcuno potesse sentirci.
"Ora mi dispiace, ma devo andare" mi sussurrò all'orecchio continuando ad accarezzarmi il viso, sembrava veramente dispiaciuto.
"Va bene" gli presi la mano che era ancora sulla mia guancia. Ci separammo e non vidi più nessuno. Era come se tutto quello fosse solo un semplice sogno, ma non poteva essere così.

Quando andai a riprendere il mio zaino, trovai un biglietto con una scritta Non sei diventata pazza, tutto questo non è un sogno, è la realtà. Fatti guidare da me e tutto andrà bene. A.

It isn't just a game  - Andy Biersack -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora