9- Murderer

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Il giorno dopo era sabato, quindi niente scuola. Mi svegliai abbastanza preso, la sveglia segnava la 9:12. Mi alzai, andai in bagno a rinfrescarmi il viso, per poi andare in cucina a prepararmi una bella tazza di cereali come colazione.

Per evitare di stare a casa a non fare niente decisi di andare in biblioteca a cercare altri libri, dato che su internet non si trovava nulla.

Alle 10:30 uscii di casa con il mio solito outfit, felpa degli AC DC, jeans strappati con sotto delle collant scure, anfibi e, come tocco finale, solita giacca in pelle.

Presi le chiavi e chiusi la porta alle mie spalle. Mi recai alla biblioteca pubblica poco distante da casa mia. Il tempo non era dei migliori e ne ero felice, amavo la pioggia.

Appena entrata nel grande edificio in legno mi diressi nel reparto del paranormale per approfondire le mie ricerche. Trovai nell'ultimo scaffale un libro con una copertina completamente nera opaca. Non vi era riportato alcun titolo, nella prima pagina erano disegnate delle ali. L'ala sinistra era nera, la destra bianca.

Non ci pensai due volte e mi sedetti al tavolo che c'era lì vicino per iniziare a leggere quel libro.

In ogni pagina vi era raffigurato un angelo. I primi capitoli del libro erano dedicati agli angeli bianchi, gli ultimi a quelli neri. Lessi attentamente le storie e le caratteristiche di ogni angelo fino a che non ne trovai uno familiare. Capelli neri che cadevano su degli occhi azzurri, mani in tasca, corpo accanto ad un albero e gamba destra poggiata su questo. Andrew. Pensai.

Sapevo che non era un angelo bianco ma un angelo nero. Tutto era chiaro, a partire dai suoi abiti fino alla mia attrazione verso di lui.

La descrizione diceva che il suo nome era Andrew Dennis Biersack. Prima della sua morte era un ragazzo timido ed introverso. Amava la musica metal e quindi il suo modo di vestire era da classico ragazzo emo. Per questo motivo veniva preso in giro dai compagni ed emarginato. Passava giornate a scrivere poesie per sfogo, ma un giorno tutto questo cambiò.

Suo padre era un poliziotto e quindi era normale che possedesse armi. Un giorno dimenticò a casa la sua pistola e Andrew la prese con se portandola a scuola. 

Il solito gruppetto comandato da un ragazzo ultra ripetente seguì Andrew sino al bagno, per poi iniziare le solite prese in giro e qualche pugno. Andrew non voleva arrivare a tanto, ma una sorta di scarica di adrenalina gli invase il corpo. Puntò la pistola sulla tempia del capo gruppo e, senza pensarci due volte, sparò un colpo secco.

Il colpo echeggiò in tutto il bagno facendo scappare gli altri due ragazzi.

Andrew non ebbe alcun ripensamento, ne era quasi soddisfatto. Quando il preside della scuola venne a conoscenza di questo fatto lo riferì alla famiglia del ragazzo facendolo finire in riformatorio dove ci stette per cinque anni, facendo periodicamente sedute da vari psicologi.

Morì qualche anno dopo essere uscito dal riformatorio in un incidente stradale e da allora la sua anima apparteneva al clan degli angeli neri.

Non trovai nient'altro. Finita la lettura guardai l'immagine di Andrew. Era lui, il mio Andrew. Non so perché dicessi mio, ma sentivo come se mi appartenesse in qualche modo.

Mentre guardavo quella foto toccavo con le dita i suoi capelli, scendendo per il suo collo, fino ad arrivare alle sue mani. Il mio sguardo era sui suoi occhi troppo particolari per essere confusi con altri. Mentre ero assolta nei miei pensieri sentii come un soffio sul mio collo. Mi voltai ma non trovai nessuno. Notai però che sul tavolo apparve un biglietto. Hai paura di me? firmato AB. Sorrisi a quelle parole, stavo provando qualcosa, sentivo delle emozioni.

Piegai il biglietto e lo rimisi in tasca. Capii che la lettera B nei biglietti stava per il suo cognome, Biersack.

Uscii dalla biblioteca alle 13:27 e il mio stomaco richiamava la mia attenzione con crampi frequenti. Decisi di andare al primo bar vicino per prendermi un sandwich e un Coca Cola.

Consumato il mio pranzo camminai fino alla vecchia fermata dei treni per fumare una sigaretta. Mi sedetti esattamente sui binari, tanto i treni non ci passavano più da anni. Mi sdraiai sui sassi bianchi ad osservare le nuvole grigie in cielo, come se stessi aspettando la pioggia.

Misi il braccio destro piegato dietro la testa e portai la mia mano sinistra nella tasca della mia giacca dove ritrovai il biglietto di poco prima. Lo misi sul mio petto così da poterlo avere sempre sott'occhio.

Sentii del vento caldo soffiarmi sul collo, alzai la testa e vidi Andrew sdraiato sul binario accanto al mio. Soliti occhi azzurri con sopra il solito ciuffo nero ribelle.

"Andrew" Dissi sottovoce. Quasi stupita.
"Elice" Rispose lui sottovoce con un leggero sorriso, quasi sforzato.
"Cosa ci fai qui? Mi stavi seguendo?" Domandai.
"Beh, quello lo faccio sempre, piccola" Il suo sorriso era decisamente più evidente.
"Ma ora volevo che anche tu sapessi che non eri sola" spostò il suo sguardo su di me.
"Sai, adoro guardarti quando non sai che sono con te. Sei una creatura davvero affascinante." Si mise su un fianco. Io non risposi, mi limitai a guardare in basso, non sapendo che dire.

"Uhm.. come mai sei così taciturna? Insomma, so che è una tua caratteristica, ma di solito a me rispondi" disse lui quasi ironico.
"Semplicemente non so che dire" Dissi imbarazzata.
"Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda." Puntualizzò lui.
"Quale?"
"Quella che tieni sul tuo petto" indicò il biglietto.
"Oh, quella." Rimasi vaga.
"Già, allora?" Continuò lui. Non volevo rispondere, ovviamente non avevo paura di lui, non so come questo fosse possibile. Quindi continuai a guardare in basso.

Si alzò venendo nel mio stesso binario mettendosi a cavalcioni su di me. Eravamo uno di fronte all'altra.
"Allora? Hai paura di me?" disse mentre avvicinava lentamente il suo viso al mio.
"No, non mi fai paura, Andrew" Mi avvicinai ancora di più facendo toccare i nostri nasi.

I suoi occhi guardavano dritti nei miei, erano confusi, quasi stupefatto dalle mie parole e fece una cosa che non mi sarei mai aspettata. Sentii all'improvviso le sue labbra premere sulle mie dando vita a quello che definirei un bacio. Le sue mani percorrevano i miei fianchi mentre le mie erano sulle sue guance.

It isn't just a game  - Andy Biersack -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora