4- Too many questions

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Durante il tragitto di ritorno non ascoltai nemmeno la musica, cosa davvero troppo strana per una come me che è perennemente attaccata alle cuffiette.
Passai tutto il tempo a leggere e tenere stretto quel biglietto. Ma una domanda mi affliggeva Per cosa stava la lettera A?  Poi ovviamente me ne frullavano nella testa altre mille, ma questa era quella principale. Magari A era l'iniziale del nome di quell'ombra. Non lo so, ma spero di rispondere a tutte queste domande un giorno.

Arrivata a casa lanciai, come mio solito fare, la giacca sul divano e lo zaino in un angolo del soggiorno.

Mi diressi come prima meta nella mia stanza, accesi lo stereo e mi buttai di peso sul mio letto.
Ripensai alla giornata appena passata e portai la mia mano esattamente dove prima c'era la mano di quel ragazzo. Ormai non lo posso più definire ombra. Tutto questo aveva del surreale.

L'orologio segnava le 20:40, mi diressi verso la cucina e mi preparai delle uova strapazzate per cena; non avevo particolarmente fame, come al solito. Finii di mangiare e misi nel lavello i piatti sporchi.

Tornai al piano superiore per farmi una doccia e, una volta uscita, tornai in camera per mettermi il pigiama.
La mia vita era estremamente monotona, volevo fuggire. Questa non è la mia vita, forse è per questo che mi piace così tanto andare in posti sconosciuti e abbandonati. Mi piace l'avventura e le nuove esperienze, la monotonia non fa per me.

Indossai il mio pigiama e mi buttai nuovamente sul letto. Non facevo nemmeno più i compiti e anche se ci provavo, non sarei riuscita a fare nulla, la mia testa è totalmente in un altro pianeta.

Accesi il mio cellulare e trovai dei messaggi da Victoria che mi chiedeva come stavo e cosa stessi facendo. Le risposi che stavo studiando e che andava tutto bene. Non voglio farle sapere che sto indagando su questa storia e che oggi ho parlato con uno "spirito" o, insomma, è quello che ho capito.

Mentre aspettavo una sua risposta ripensavo allo sguardo di A. Uno sguardo glaciale ma non nuovo. Era lo stesso sguardo dell'uomo che si prese Thomas, ma che prima di farlo scrutò tutto il gruppo, soffermandosi su di me.

Una parte di me vuole sapere mille cose per quando riguarda Thomas, un'altra, invece, vuole sapere di più sul conto di questo A.

A risvegliarmi da questi pensieri fu la risposta di Victoria. Odiavo messaggiare e si vede. Mando messaggi sintetici e anche piuttosto freddi, ma sono fatta così. Voglio un mondo di bene a Victoria, sono io che sono diversa da tutti gli altri ragazzi della mia età.

La conversazione con la mia amica finì quando mi scrisse che sarebbe andata a dormire. Dunque ne approfittai anche io, avevo parecchie ore di sonno arretrate.

Mi coprii con il mio adorato piumone ma appena stavo per chiudere gli occhi qualcosa attirò la mia attenzione. Era come se qualcuno tirasse dei sassi sulla finestra della mia stanza. Aspettai prima di alzarmi, pensando di aver sentito male, invece continuarono. Dunque mi alzai ed aprii la finestra.

Non vidi nessuno. Questo mi aveva fatto capire che era diventata ufficialmente pazza. Guardai bene se magari dietro ai cespugli o agli alberi ci fosse qualcuno, ma niente. Scocciata richiusi la finestra e mi voltai per tornare a letto.

Appena mi girai vidi una cosa che non mi sarei mai aspettata. Era quel ragazzo, era A.

"Cosa ci fai qui?" Domandai indietreggiando ma andando a sbattere con le spalle contro la finestra.
"Come cosa ci fai qui? Ti avevo detto che ci saremo rivisti prima di quanto immaginassi, se non sbaglio" disse con un tono e una voce quasi di sfida ma anche dispiaciuta, era indecifrabile.
"S..si, me l'avevi detto" risposi staccando la mia schiena dal muro.

I nostri occhi erano perennemente attaccati. Non riuscivo più a reggere quello sguardo, quindi guardai in un'altra direzione. Lo sentii.

"Come mai non mi guardi? Sono così brutto?" si stava avvicinando molto lentamente a me e io volevo solo indietreggiare ma mi era impossibile. Finalmente vidi bene il suo volto, era bellissimo. Non aveva neanche un'imperfezione, aveva un piercing sul naso e uno sul labbro inferiore sul lato destro, a lui stavano a dir poco bene. Se me li facessi io farei solo ridere.
"Cosa? No, assolutamente, mi.. mi sentivo in imbarazzo" dissi guardando il pavimento.
Lui era esattamente davanti a me.
"Non dovresti, sei così bella" Iniziò nuovamente ad accarezzarmi la guancia, esattamente come aveva fatto qualche ora prima, facendo ricomabaciare i nostri sguardi.
Mi stavo sentendo male, sicuramente stavo diventando tutta rossa e non volevo che lui se ne accorgesse.
"Cosa vuoi da me?" domandai cercando di deviare il discorso.
"Semmai la domanda dovrei farla io a te" sorrise.
"A me?" non capivo.
"Esatto. Sei tu che hai bisogno di molte risposte, da quanto ho capito" fece un passo in dietro staccando la sua mano del mio viso. Era davvero troppo alto, mi sentivo inferiore.
"Si, ma.. come fai a.." non finii la frase che iniziò lui.
"Come faccio a saperlo? Beh, innanzi tutto, io so molte cose di te, più di quante immagini. E poi.. tu non sei un essere umano normale" sorrise quando finì la frase.
"Cosa sono allora?" Alzai leggermente la voce. Mi stava scoppiando la testa.
"È troppo presto perché tu sappia certe cose, intanto sappi solo che hai qualcosa, come dire.. in più" sorrise avvicinandosi nuovamente a me.
"Cosa sai di Thomas Jefferson?" domandai mentre lo guardavo negli occhi. I suoi diventarono più scuri, erano blu notte.
"Cosa ti dice che io sappia qualcosa di lui?" Era serio, fin troppo.
"Non lo so.. mi sembri la stessa ombra che lo ha rapito nel bosco qualche giorno fa" dissi giocando nervosamente con le mie mani.
"Credimi, vuoi sapere troppe cose. Forse non sei ancora pronta a saperle ora. Tutto a tempo debito dolce Elice" sembrava dispiaciuto veramente. Iniziò nuovamente ad accarezzarmi la guancia, ma si fermò posizionando la sua mano sul mio collo.
"Va bene.. posso sapere almeno il tuo nome?" gli domandai mentre spostavo la mia testa per farci stare la sua mano.
"Andrew" sussurrò al mio orecchio. La sua voce mi fece venire i brividi lungo tutta la schiena, mi sentivo improvvisamente le gambe molli.
"okay, Andrew" la mia voce stava tremando.
"Ora ti lascio dormire piccola Elice" continuava a sussurrarmi all'orecchio "devo andare" mi lasciò un caldo e lungo bacio sulla guancia.
"Non andartene" lo presi per la giacca nera che aveva. Lui sorrise e mollò la mia presa.
"Prima o poi rimarrò con te, sii paziente" mi fece un sorriso dolce e mi diede un bacio sulla fronte.
Come successe nel pomeriggio, lui sparì ed io rimasi basita per l'ultima frase che avevo pronunciato.

Che cosa stava succedendo?


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