34- Ice eyes

201 11 1
                                    

Ero seduta sul tavolo della cucina mentre Andrew era intento a prepararmi una tazza di tè caldo per calmarmi. Il mio sguardo era fermo su un punto fisso, mentre cercavo il coraggio di parlare con Andrew riguardo il mio sogno, se così lo si poteva chiamare. Penso che lo si potrebbe definire meglio come una sorta di promemoria di un discorso che , comunque, avrei dovuto affrontare con Andrew.

Ad interrompere i miei viaggi mentali fu proprio lui, portandomi la tazza di tè fumante fra quelle sue meravigliose mani tatuate. La presi tremano leggermente e me la appoggiai sulle gambe, aspettando che si raffreddasse un po'.

Il mio sguardo era puntato sui miei piedi che penzolavano dal tavolo. Mi sentivo schiacciata e piccola dallo sguardo di Andrew, che era appoggiato al piano della cucina ad un metro di distanza di fronte a me. Le sue braccia incrociate al petto gli conferivano un'aria ancora più autoritaria e superiore ed io mi sentivo in colpa e completamente senza coraggio per affrontare l'argomento.

Il silenzio in cucina regnava, come anche la tensione da parte mia. Andrew mi sembrava solo pensieroso, mentre a me mancava poco che iniziassero a tremarmi i denti. Le mani stavano iniziando a sudare freddo e tremare, nonostante stessi tenendo la tazza con il tè caldo con le mani. Quel silenzio, per fortuna o per sfortuna, venne rotto da Andrew, con una domanda.

"Cosa hai sognato?"

Una parte di me diceva che lui sapeva benissimo la risposta, ma voleva sentirselo dire da me. L'altra parte, invece, voleva raccontare tutto per levarsi questo enorme e asfissiante macigno dal petto.

Optai per la seconda opzione. Raccontai il sogno nei minimi dettagli, nonostante non ci fosse molto da descrivere, anche perché, anche lui conosceva la scena, dato che era con me quando la vidi per la prima volta.

Vidi i suoi occhi farsi più freddi, più scuri. Di un blu che rappresentava un mare in tempesta in piena notte. Non promettevano niente di buono. Le sue nocche iniziarono a diventare bianche. Segno che stava stringendo i bordi del piano cottura. Era agitato? Cosa gli aveva provocato quella reazione?

"Andrew?" Poggiai la tazza sul tavolo, per poi scendere e andargli incontro.

Lui non rispose, iniziò a fissare un punto fisso nella stanza chissà dove e chissà a cosa stava pensando.
Gli presi il volto tra le mani per fare in modo che si voltasse verso di me. I suoi occhi guardavo nei miei, ma la sue testa era da tutt'altra parte. Lo si vedeva benissimo.

"Andrew? Che succede?" Sussurrai sottovoce, come se qualcuno avesse potuto sentirci. Non rispose, portò una mano verso la mia e la intrecciò prima lentamente, poi la strinse forte.

Non capii il significato di quel gesto. Ma di una cosa sono abbastanza certa. Le cose che ci stavano accadendo erano tante, troppe e una di seguito ad un'altra. Non avevamo una tregua, nessuno dei due. Dovevamo solo essere forti per superare questi ostacoli e lo potevano fare solo stando uniti, stando insieme. Facendo in modo che i nostri corpi dessero forza l'uno all'altro.
Solo in quel momento capii bene cosa volesse dire la frase l'unione fa la forza. E cosa se non il nostro amore, poteva fare la forza?

"Dimmi che cosa sta succedendo, Andrew, ti prego" Sussurrai vicino al suo orecchio.
"È questo il problema. Non lo so" Rispose lui in un sussurro guardando in modo vuoto i miei occhi.
Il suo sguardo mi spaventava. Non avevo mai visto i suoi occhi così freddi e vuoti. Mi stavano letteralmente perforando l'anima. Erano come un coltello conficcato nel mio petto, ed era quasi impossibile riuscire e reggerli.

"Non è possibile che Thomas sia ancora vivo." Continuò lui. "Dovrebbe essere già morto, Andras non riserva trattamenti speciali a nessuno"
"E.. io?" Penso sia stata la domanda più stupida che potessi fare in quel momento così delicato. Ma volevo sapere perché io fossi ancora viva, se Andras non risparmiava proprio nessuno.
"Io ho fatto il possibile per evitare che ti venisse fatto del male. Sono sempre riuscito a fare in modo che Lui non ti prendesse. È merito mio se ora tu non sei in quell'inferno, letteralmente." Vidi nei suoi occhi una piccola scintilla e un leggero sorriso formarsi sulle sue labbra, ma entrambi sparirono di colpo, lasciando spazio ad un'espressione seria alla parola inferno.

Mi alzai sulle punte dei piedi, lasciandogli un bacio sull'angolo della bocca. A quel mio gesto vidi il suo sguardo farsi meno freddo e un po' più dolce.
Senza nemmeno rendermene conto iniziai ad accarezzare la sua guancia liscia e senza nemmeno un'imperfezione. Una vera e propria pelle angelica.

A fermarmi fu la sua mano, che si posò sulla mia stringendola. Entrambe le nostre mani erano unite all'altezza del mio bacino, esattamente come i nostri sguardi. Sentii il mio cuore iniziare a battere come se fossi in preda ad una tachicardia improvvisa. Tutte le mie preoccupazioni si erano alleviate, grazie a lui. Ma comunque non potevo fare finta di niente.

"Andrew.. parlami di Andras" Interruppi il silenzio e sentii la stretta di Andrew aumentare leggermente.
"Beh, ti ho già detto che è il capo di tutti gli Angeli Neri. E, di conseguenza, è quello più spietato, senza un briciolo di coscienza, come dovrei essere io."
"Cosa fa alle sue vittime? O meglio.. cosa avrebbe dovuto fare a Thomas?" Mi interruppi prima di dire il suo nome deglutendo quella poca saliva che avevo sulla lingua.
"Di solito, diventano il su pasto. A volte, invece, diventano un gioco con cui passare il tempo. Vengono torturati. Però, ovviamente, dipende da persona a persona. Siccome Thomas ci aveva convocato tramite in gioco della campana, suppongo dovesse fare parte dei torturati." Disse lui guardandomi negli occhi.

Ogni volta, prima di proseguire, mi guardava come per chiedermi se ne fossi sicura. "Sai, per noi demoni, quella filastrocca con quel gioco è come una presa in giro e non c'è nessuno di più permaloso di Andras"

Iniziò a girarmi la testa, la mia presa nelle mani di Andrew divenne sempre più debole fino a che non si allentò del tutto. Allora sentii due mani calde afferrarmi per i fianchi prima di farmi toccare il suolo. Dopo di che il buio.


It isn't just a game  - Andy Biersack -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora